La scuola non è una Asl, «non ci servono dettagli ma criteri di fondo»
Il 29 luglio sul portale della Fondazione Grossman erano già state pubblicate alcune immagini dei progetti per ripartire a settembre in sicurezza: disposizione banchi, distanze, planimetrie. Tutto quello che questa realtà educativa paritaria, fortemente radicata nel territorio milanese con quattro scuole (infanzia bilingue, primaria, secondaria di I grado e licei classico e scientifico), poteva fare era stato fatto. «Già da maggio avevamo istituito una piccola commissione composta da presidi, responsabili della sicurezza, qualche docente e genitore con competenze ad hoc, architetti e così via, per ragionare su scenari diversi, dalla prosecuzione del lockdown al rientro complicato dal mantenimento di quelli che allora erano i due metri di distanza», spiega a Tempi Raffaela Paggi, rettore delle scuole della Fondazione, «di fatto si è trattato di elaborare studi sulla capienza di spazi e aule, organizzare entrate e uscite differenziate per orari e destinazioni (banalmente organizzare ingressi diversi per le classi di ogni piano), nonché il doposcuola, la mensa, le attività musicali e sportive».
«E I GENITORI CHE HANNO FIGLI IN CLASSI DIVERSE?»
Nel bailamme di spifferi, anticipazioni, dichiarazioni degli esperti, comunicazioni da ministero ed ente locali Paggi voleva che una cosa fosse certa e sicura: a settembre la Grossman non si sarebbe fatta cogliere impreparata e avrebbe fatto il possibile per garantire la riapertura della scuola a classi unite e senza variazioni significative di orario dell’attività didattica. «Sfrutteremo le piattaforme online solo per riunioni di colloqui, per il resto si ricomincia. Gli ingressi saranno scaglionati ogni 15-20 minuti. Nessun genitore entrerà a scuola, il punto di ritrovo è il giardino, lì i docenti raduneranno i loro studenti e li condurranno in classe. Mi chiedo tuttavia quanto servirà evitare la commistione di gruppi e alunni all’interno della scuola quando all’uscita è chiaro che sarà inevitabile. Che faranno i genitori che hanno figli in classi diverse? I ragazzi si incontreranno sui mezzi, facendo sport, banalmente al bar davanti alla scuola, come si fa a pensare che i gruppi così faticosamente divisi nell’istituto non si mescolino prima o poi?».
«E SE C’È UN POSITIVO? COME POTRÀ UNA ASL NON OPTARE PER LA CHIUSURA?»
Vivaddio le scuole Grossman possedevano già banchi monoposto e spazi, tra cui l’aula magna, da sfruttare per garantire che in tutti i piani venga rispettato quello che al momento è il fatidico metro tra le rime buccali. «Non potremo invece aprire la mensa a tutti, alcuni gruppi riceveranno il pasto in classe. Questo ci impone un ulteriore sforzo non solo organizzativo ma anche economico: oltre a quelli di segreteria e portineria bisognerà incrementare il numero degli addetti anche solo alla distribuzione del cibo con i carrelli e gli orari degli insegnanti». Il resto? «È tutta un’incognita. In attesa del fatidico incontro del Cts e delle linee guida definitive che saranno disponibili solo il 31 agosto, abbiamo richiesto i sierologici a tutto il personale, implementato pulizie, acquistato dispositivi di igiene, individuato un referente medico. Per il resto possiamo solo porre domande o fare considerazioni».
Tralasciando il rebus delle mascherine («se le vedo necessarie per gli spostamenti all’interno della scuola, trovo impensabile che i bambini le tengano fisse per ore. C’è tutto un tema relazionale che soprattutto nella scuola dell’infanzia è scantonato: un bambino ha bisogno di guardare la maestra, un insegnante ha bisogno di guardare in faccia un alunno, uno sguardo asettico compromette l’apprendimento»), come tutti i rettori, i presidi, i genitori d’Italia, Paggi si chiede cosa accadrà se e quando verrà individuato un positivo al Covid: «Ad oggi ogni decisione su chiusure e quarantena spetterebbe all’ufficio territoriale sanitario di competenza: come potrà gestire ogni chiamata ed emergenza o assumersi la responsabilità di non chiudere tutto? Come si fa a garantire la presenza di insegnanti messi in quarantena se seguono più classi? E durante la quarantena bisognerà avviare la didattica a distanza? Io qui ricevo mail di genitori terrorizzati, chi dalla possibilità di contagio chi dall’impossibilità di gestire famiglia e lavoro con un figlio a casa per scrupolo».
LO SCONTRO TRA DIRITTO ALLA SALUTE E DIRITTO ALL’ISTRUZIONE
Paggi ricorda che l’ansia è il peggior nemico dell’educazione, «ripeto: tutto quello che potevamo fare per mettere in sicurezza la scuola, rispettare regole per l’igiene, il distanziamento, il tracciamento è stato fatto. Trovo assurdo che a certe latitudini scolastiche si dibatta ancora sui dettagli, fingendo di non sapere che prevedere ogni singola eventualità è impossibile. Quello di cui abbiamo bisogno per lavorare bene e chiedere una vera corresponsabilità alle famiglie, già chiamate a vigilare su qualunque sintomo possibile e immaginabile del bambino, è di criteri di fondo uguali per tutti. Emanati i criteri, è la scuola, insieme alla famiglia, ad occuparsi del resto. Il che significa non solo garantire il diritto alla salute ma anche il diritto all’istruzione. Al momento non c’è equilibrio tra i due».
Per Paggi la prima cosa da chiarire è il rapporto con questi uffici di competenza, la triangolazione scuola-azienda sanitaria-famiglia. Dopo di che la scuola «non può trasformarsi in un luogo di mero accudimento e preoccupazione: il lockdown ci ha costretto a un costante lavoro di ricerca dell’essenziale dal punto di vista didattico, culturale, educativo. Non perderemo questa ricchezza ma non fingiamo che sia andato tutto bene: in Italia il fenomeno della dispersione scolastica si è aggravato, il riscontro del divario sociale ed economico che si è aperto tra chi è stato raggiunto e chi no dalla didattica a distanza è spaventoso. Il paese ha perso moltissimi studenti».
Criteri di fondo, per tutti, equilibrio tra diritto alla salute e diritto all’istruzione. E che il corpo docente, un corpo vivo, che ha dimostrato capacità di immaginazione e flessibilità, possa essere aiutato a fare il proprio lavoro e ad aiutare le famiglie. «La nostra scuola ha già distribuito tutti i soldi raccolti con il fondo di solidarietà a chi ha fatto fatica. Ma abbiamo anche raggiunto il record di iscrizioni, 1.030 ragazzi quest’anno. Chi può, oggi manda i figli in un luogo di cui si fida. E la fiducia oggi è il motore della didattica in presenza. Mai come ora è per noi centrale la presenza che ha assunto, proprio grazie a questi mesi di distanza, un significato nuovo nella nostra proposta educativa e culturale».
Foto Ansa
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