La sanità italiana va davvero così male? Un confronto con il resto d’Europa
All’interno dell’Unione Europea permane la piena autonomia di scelta e gestione, per ogni paese, del proprio sistema sanitario. La crisi economica tuttavia sta mettendo alla prova i principali modelli a cui si ispirano i paesi europei, quello bismarkiano (che prevede il finanziamento non con tasse generiche ma con l’iscrizione obbligatoria all’assicurazione sanitaria, che poi rimborsa le spese mediche ai cittadini), che oggi vige in paesi come Francia o Germania, e il modello di Beveridge, finanziato in prevalenza dal gettito fiscale e organizzato in sistema sanitario nazionale (quello in atto in Italia, ad esempio).
In tutti i paesi Ue è necessario affrontare i tagli, tuttavia è anche vero che il convegno “Modelli sanitari europei a confronto tra innovazione e tecnologia”, organizzato giovedì 25 giugno da Motore Sanità, ha messo in luce anche altri temi – l’emigrazione dei medici, da un paese all’altro, o quella dei pazienti, la migliore o minore efficienza di un sistema sanitario sull’altro – che meritano un’attenta riflessione.
LA SITUAZIONE IN ITALIA. Nel nostro paese, secondo i dati del ministero della Salute, ci sono 1.091 istituti di cura, di cui il 53 per cento pubblici ed il rimanente 47 per cento privati accreditati. Inoltre ci sono 9.268 centri per l’assistenza specialistica ambulatoriale, 6.526 per l’assistenza territoriale residenziale, 2.787 per l’assistenza territoriale semiresidenziale e 1.027 per l’assistenza riabilitativa. In sanità sono impiegate 629.713 unità e il personale è ripartito per il 70,9 per cento nel ruolo sanitario, il 17,7 per cento nel ruolo tecnico e l’11,2 per cento nel ruolo amministrativo.
In particolare, in Italia lavorano 243 mila medici (il 51 per cento nel Sistema sanitario o Ssn, il 33 per cento è convenzionato con il Ssn, e il 16 per cento lavora in strutture private equiparate al pubblico o case di cura), 332 mila infermieri, di cui l’86 per cento alle dirette dipendenze del Ssn, e 49 mila unità di personale con funzioni riabilitative. Le spese per il personale complessivamente nel 2013 sono ammontate a 36 miliardi, secondo i dati pubblicati dalla Ragioneria di Stato: nel 2010 ammontavano a 38 miliardi, e il risparmio è stato essenzialmente dovuto al blocco del turn over del personale.
Nel 2013, ultimi dati disponibili della Ragioneria, la spesa sanitaria in Italia è stata di 109 miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil (e al livello del 2009, perché dal 2010 al 2012 è stata di 110 miliardi di euro). Secondo la classifica internazionale stilata annualmente da Bloomberg, e tenuta in considerazione dai vari organismi sanitari, l’Italia è al terzo posto al mondo (prima fra i paesi europei) per efficienza, per le aspettative di vita del paziente (quasi 83 anni in media), per il costo pro capite del sistema sanitario (3 mila dollari). Un’incoronazione che quasi è giunta a sorpresa per l’opinione pubblica del nostro paese.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]LA FRANCIA È LA PIU’ CARA. La medesima classifica di Bloomberg vede al sesto posto (secondo tra i paesi europei) la Francia. Serdar Dalkilic, medico francese (e vicepresidente della Federazione euopea dei medici salariati) ha raccontato più nel dettaglio un paese che pare avere più risorse del nostro e che le ripartisce meglio. In particolare, «per l’Oms la sanità francese è una delle migliori, anche rispetto all’Italia»: il modello vigente è basato su quello bismarkiano: «In Francia esistono casse di previdenza sociale che attraverso quote trattenute del salario finanziano il 75 per cento della spesa sanitaria nazionale, mentre l’11 per cento è sostenuto attraverso la spesa privata. La previdenza sociale francese ha un budget complessivo di 624 miliardi di euro, pari ad un terzo del Pil. Una vera e propria macchina da guerra, che copre anche le spese per le pensioni, i sussidi di disoccupazione, e per i migranti irregolari. Per la sanità si spendono il costo pro capite della sanità è pari a 4mila dollari».
Questo sistema implica quindi un maggiore gettito di denaro per le spese, ma dall’altra parte si deve segnalare che la spesa per la sanità francese è così una delle più alte al mondo, pari a 240 miliardi di euro, di cui 180 miliardi appunto provenienti dalle casse di previdenza sociale, a fronte di un servizio pubblico statale di 2.751 ospedali, 427 mila posti letto, 198 mila medici, di cui 64 mila generici e 41 mila specialisti.
ALTRI PAESI. Come la Francia, anche la Germania si basa, naturalmente, sul modello bismarkiano, e le assicurazioni sanitarie, che sono obbligatorie, coprono il 90 per cento della popolazione (esistono anche assicurazioni pubbliche). Nel 2013, secondo l’ufficio statistico federale tedesco, si sono spesi per la sanità 293 miliardi di euro (pari, esattamente come in Francia, all’11 per cento del Pil). Nel sistema tedesco, i contributi alle assicurazioni sono versati in parte dal lavoratore e in parte dal datore. La particolarità della sanità tedesca è che malgrado essa impieghi già il 10 per cento degli occupati del paese, siano ancora disponibili posti lavoro con una forte richiesta di medici provenienti anche dall’estero.
Erich Merholz, del direttivo del sindacato tedesco dei medici ospedalieri, ha spiegato che «i giovani laureati in medicina tedeschi non bastano a coprire la necessità e servono ulteriori 3mila medici. Ad oggi abbiamo 9,8 infermieri ogni mille abitanti, più che in Italia (7 infermieri ogni mille abitanti, ndr) e 5 medici ogni mille abitanti (in Italia 4, ndr)».
In Svezia, il sistema sanitario è invece più simile a quello italiano, ma le risorse sono ripartite in modo migliore, in proporzione, che in Italia. Infatti, a fronte di un diverso numero di abitanti (10 milioni in Svezia, 64 milioni in Italia) si spende quasi la stessa percentuale del Pil nei due paesi, il 9 per cento. In Svezia si spende pro capite leggermente più che in Italia, in media 3.400 dollari (contro i 3 mila italiani) e si ha quasi lo stesso numero di medici (3,9 per mille abitanti in Svezia), ma un numero maggiore di infermieri, presenti in modo capillare, 12 ogni mille abitanti contro i nostri sei.
Foto Ansa
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