La riforma Fornero vista dalla Repubblica degli stagisti: «La nostra pagella»

Di Chiara Rizzo
22 Marzo 2012
Eleonora Voltolina, ex precaria e oggi direttrice della testata web più nota tra i precari e le nuove misure sul lavoro. «Ho sentito preannunciare un vietnam parlamentare. Mi sembrano esagerazioni, perché gli aiuti previsti per i licenziati saranno tanti. Finalmente si passa alla tutela non del posto, ma del lavoratore»

Eleonora Voltolina è stata una ex stagista, che ha conosciuto sulla propria pelle cosa significa vivere nella generazione dei precari: perciò ha dato vita alla testata giornalistica repubblicadeglistagisti.it, e scritto un libro che è un reportage preciso del lavoro precario in Italia, “Se potessi avere mille euro al mese” (il New York Times l’ha appena intervistata al riguardo). Tempi.it le ha chiesto una pagella della riforma dal punto di vista dei giovani precari.

Che voto dà alla riforma degli ammortizzatori sociali e l’introduzione dell’Aspi?
Un 8 di incoraggiamento: passare da un raggio d’azione di 3 milioni di lavoratori a uno di 12 milioni è un cambiamento epocale. Bene anche che all’inizio sia abbastanza alta e che subisca poi una decurtazione: una modalità che sottolinea pienamente che il sussidio dev’essere una misura limitata nel tempo, in grado di sostenere il cittadino che ha perso il lavoro finché non ne trova un altro. Non serve uno strumento di assistenzialismo puro.

È vero ciò che dice il ministro Elsa Fornero, e cioè che si passa dalla logica del sostegno al posto di lavoro a quello del lavoratore?
Sì e questo cambiamento culturale è la chiave per il rinnovamento. A questo va dato un bel 10. Bisogna cambiare la cultura italiana, che è legata al mantenimento “a tutti i costi” del posto, con aberrazioni come le casse integrazione prolungata per anni e anni. Non ha senso incaponirsi a tenere un lavoratore al suo posto anche se l’azienda che lo aveva assunto 20 anni fa è in crisi o se è stata superata sul mercato da competitor più capaci. È naturale che un’azienda nasca, cresca e in molti casi muoia. Bisogna invece avviare una logica del sostegno al lavoratore nella ricerca di lavoro. 

La principale critica all’Aspi è che verrebbero esclusi i giovani precari, che non riuscirebbero ad arrivare alle 52 settimane continuative necessarie. Come stanno le cose?
Sto alle dichiarazioni della Fornero: quadruplicare gli aventi diritto al sussidio di disoccupazione è una svolta enorme. Ovviamente, sono dell’idea che tutti dovrebbero essere garantiti dal cappello dell’Aspi, quindi anche i contratti a progetto, che al momento risultano esclusi dal novero. Per quanto riguarda le 52 settimane lavorate nell’arco di 2 anni, effettivamente è un parametro abbastanza restrittivo, che spero possa essere ridotto. L’importante è invertire la rotta: dev’essere lo Stato a farsi carico di chi perde il lavoro, non le singole famiglie. Perché per un 25-30enne tornare a casa a chiedere la paghetta a mamma e papà è umiliante. D’altro canto, lo ribadisco, bisognerà fare un grosso lavoro sui centri per l’impiego, per ammodernare e rendere più efficiente il loro servizio.

Che voto dà alla lotta al precariato abusivo, con il passaggio al contratto a tempo indeterminato come modello di riferimento?
Su questo non è possibile dare un voto senza avere sotto gli occhi i dettagli delle misure. Mi sorprende però che la riforma non comprenda un punto che, a mio avviso, è importantissimo per dare una svolta alla piaga dei lavori sottopagati. Serve una legge sul salario minimo, una misura già in vigore in due terzi degli Stati europei, che allo Stato non costa nulla, e che semplicemente impone una cifra minima sotto cui nessun datore di lavoro può scendere nel remunerare i suoi dipendenti o collaboratori. Per incentivare il ricorso al tempo indeterminato sarebbe una misura utile anche quella di abbassare il costo del lavoro dei contratti stabili. Per quanto riguarda la difficile opera di riconoscimento del lavoro autonomo “genuino” da quello fittizio, sono contenta del giro di vite. Non mi convince pienamente invece il limite dei 36 mesi per il rinnovo dei contratti a tempo, perché purtroppo in Italia fatta la legge i furbi trovano sempre l’inganno. Temo che al 35esimo mese ci sarebbero frotte di licenziati. Un po’ come il 16° dipendente per le piccole imprese, che fino ad oggi ha segnato il confine tra assoggettamento e non assoggettamento all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Col risultato che abbiamo sviluppato un’economia affetta da nanismo, anche per questo motivo.

A proposito. La polemica più aspra è intorno alla riforma dell’articolo 18.
Penso che, specialmente per quanto riguarda l’impresa privata, molti scordino che essa, appunto, è privata. Si basa sull’idea, l’intuizione, la capacità di un singolo imprenditore, che investe i suoi soldi, mette il suo impegno e crea posti di lavoro per altre persone. Ovviamente è sacrosanto che la libertà dell’imprenditore sia anche limitata da alcuni divieti, come quello a discriminare i propri dipendenti o a sfruttarli. Per me, ben venga questa revisione dell’articolo 18, con la garanzia, comunque, che vi sia per il lavoratore lasciato a casa un indennizzo economico più che congruo. Forse chi in questi giorni si è scagliato contro questa misura non si è fermato bene a riflettere su quanti soldi sono da 15 a 27 mensilità. Sono tantissimi. E a questi si aggiungerebbe l’Aspi! Penso che un tale “cuscinetto” possa dare a qualsiasi persona la tranquillità di potersi mettere alla ricerca di un nuovo lavoro. Come succede in tutto il resto del mondo occidentale, senza drammi.

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