La mia Pasqua di anestesista, con scafandro e Comunione per i pazienti Covid
Come ci ricorda monsignor Giampaolo Crepaldi nel suo magistrale intervento pubblicato nel sito dell’Osservatorio Van Thuân, «il termine “salus” significa salute, nel senso sanitario del termine e significa anche salvezza, nel senso etico-spirituale e soprattutto religioso. L’attuale esperienza del coronavirus testimonia ancora una volta che i due significati sono interconnessi».
Fin dallo scoppio della pandemia noi medici e operatori sanitari non solo “curiamo” i nostri pazienti, ma possiamo essere per i malati sofferenti e soli, le braccia, le mani e i piedi con cui la Chiesa continua a fare compagnia all’umanità colpita così duramente, permettendo al Nazareno di essere presente in mezzo a loro.
E così Cristiana, una infermiera con mandato del cardinale Zuppi, porta l’Eucarestia ai malati Covid di Bologna; e così a Prato, il vescovo Nerbini ha impartito il mandato di Ministri straordinari della Comunione a medici dell’ospedale che hanno così potuto portare l’Eucarestia ai pazienti il giorno di Pasqua.
Quando il mio parroco, don Tito, mi ha chiesto nel 2003 di diventare Ministro straordinario dell’Eucarestia, ho accettato per obbedienza e mai avrei immaginato che ciò mi avrebbe dato la possibilità di portare la Santa Comunione la mattina di Pasqua nel nostro ospedale di Siena a quattordici pazienti Covid.
Tutto ciò è nato da un mio desiderio, che ha trovato una strada chiaramente segnata dalla Provvidenza, perché si è realizzata in poche ore grazie ad una serie di circostanze, evidentemente non casuali, che ha permesso di superare tutti gli ostacoli. Pensando a come concretizzare questo gesto, ho sentito la dottoressa Anna, medico di malattie infettive del reparto Covid, scoprendo, come mi ha detto, che da quando era scoppiata questa pandemia chiedeva al Signore continuamente di poter essere strumento della Sua Volontà per poter portare la Sua Presenza in questo spazio di crocefissione, dove la mancanza del conforto religioso è un dolore grande nel dolore, ed era convinta che la mia proposta fosse un frutto dello Spirito che ci faceva avere la stessa sensibilità.
La dottoressa Anna ha preso subito contatto con il collega di turno la mattina di Pasqua, il dottor Giacomo, che ha accolto con gratitudine questa proposta, rendendosi disponibile a contattare ogni malato del reparto che volesse ricevere la Santa Comunione.
Contemporaneamente mi ha telefonato il cappellano dell’ospedale, perché cercava un medico disponibile che potesse entrare nell’area Covid e consegnare ai singoli pazienti piccoli biglietti con la preghiera della Comunione spirituale, l’immagine della Madonna della Salute e i propri recapiti telefonici per chiunque volesse contattarlo.
Anche questa circostanza è “non abituale”: il mio numero di cellulare, infatti, lo aveva ricevuto dal mio collega, il dottor Salvatore, anestesista, a cui avevo espresso il mio desiderio di portare la Comunione ai pazienti Covid.
La mattina di Pasqua il cappellano mi ha consegnato, benedicendomi, le particole ed io, con tutti i dispositivi di protezione e indossando sopra lo “scafandro” una catena con il crocefisso, sono entrata nel reparto per incontrare tutti i pazienti ricoverati e distribuire l’Eucarestia a chi ne aveva fatto richiesta.
Ognuno di loro mi ha raccontato il proprio dolore, la propria paura, la nostalgia della famiglia, la speranza di guarire presto. Un paziente mi ha detto: «La presenza reale di Gesù è il dono più bello che potessi ricevere a Pasqua».
Una infermiera del reparto mi ha chiesto l’immagine della Madonna della Salute a cui poter affidare la protezione sua e dei suoi familiari e mi ha detto che sotto la tuta anche lei portava sempre nel reparto il suo crocefisso.
Sono veramente grata ai cari colleghi e al cappellano, che hanno reso possibile tutto ciò, sono grata a Nostro Signore che manifesta con chiari segni che Lui è con noi e continua a salvare le nostre vite e a far rinascere ogni giorno la speranza anche dentro qualsiasi circostanza dolorosa. L’unione dei fratelli in Cristo che ho sperimentato con i colleghi mi fa desiderare che quello che è iniziato possa continuare anche in futuro perché possiamo essere strumenti, dentro questo ospedale, della volontà di Nostro Signore.
Veramente commoventi i messaggi ricevuti dai miei colleghi:
Giacomo:
«Oggi oltre ai farmaci, in corsia abbiamo avuto la possibilità di “prescrivere” Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, unica speranza e salvezza dei nostri cuori, della nostra anima e di ogni malattia. Grazie a voi. Con stima e riconoscenza».
Anna:
«Mia cara Donatella, ho gioito immensamente nella gratitudine che tu abbia potuto portare il Signore risorto in questo spazio di crocefissione. Anche Giacomo era tanto felice, di quella gioia che solo le opere del Signore sanno dare. Ed è un fatto che quando il Signore vuole una cosa, quella cosa si compie, attraverso mani e volti che, come ci ha detto il nostro arcivescovo S.E. monsignor Augusto Paolo Lojudice, “ragionano come Giovanni con l’intelligenza del cuore”. Ti ringrazio. Resto in ascolto del Signore, sempre, per ogni percorso che Lui ci propone, e benedico la tua presenza che in molte altre situazioni mi ha dato compagnia e sicurezza nel Signore in questo nostro ospedale. Preghiamo e il Signore ci farà capire cosa vuole da noi per essere strumenti,anche dentro il Santa Maria alle Scotte, della Sua volontà».
Ho raccontato tutto questo al nostro arcivescovo che ha dato la sua piena disponibilità ad allargare anche a questi miei colleghi la possibilità di portare l’Eucarestia ai malati nei casi dove è impossibile farlo per i cappellani e di coinvolgere anche la Direzione generale del Policlinico per continuare questo servizio ai nostri pazienti.
Questi sono i miracoli di questi tempi bui e dolorosi.
La dottoressa Donatella Balducci, autrice di questa testimonianza, è anestesista del reparto di Anestesia e Rianimazione del Dea e dei Trapianti di Siena.
Foto Ansa
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