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La preghiera del mattino

La Meloni sul Mediterraneo è in linea con Draghi. Col vantaggio di non avere Di Maio

Lodovico Festa
24/01/2023 - 10:00
Blog
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Giorgia Meloni con Abdelmadjid Tebboune
La premier Giorgia Meloni in visita in Algeria incontra il presidente Abdelmadjid Tebboune, 23 gennaio 2023 (foto Ansa)

Su Formiche Giovanni Orsina dice: «La politica di Meloni su questo è pienamente in linea con la politica di Draghi, che certamente non aveva un’ideologia sovranista, ma anche, per certi versi, con quella di un ministro di un governo molto diverso, come Minniti. Per cui siamo in presenza di uno di quei terreni sui quali, alla fine, oltre ai percorsi ideologici, occorre dialogare con quegli interlocutori e cercare di costruire buoni rapporti su una serie di dossier fondamentali come quello energetico e quello dell’immigrazione».

Orsina spiega come la politica estera della Meloni è assai attenta alle iniziative più utili già intraprese da Marco Minniti e da Mario Draghi. Questo è vero ed è un segno di intelligenza politica. C’è una differenza però rispetto al passato: Minniti era spesso osteggiato dai suoi stessi compagni di partito (tanto che poi ha abbandonato la politica) e Draghi doveva affidarsi a certi personaggi come Luigi Di Maio che spesso non distinguevano bene la Libia dal Libano. Ora invece c’è un governo legittimato dal voto degli italiani e una squadra che affianca il premier e va da Antonio Tajani a Guido Crosetto, a Raffaele Fitto, ad Adolfo Urso, fino a Giancarlo Giorgetti, dotata di una visione politica largamente comune e sperimentata.

* * *

Su Startmag Carlo Pelanda dice: «Francia e Germania non sono contente dei progetti italiani per la creazione di un hub del gas. Parigi sta lavorando a un gasdotto con la Spagna, che riceve molto gas liquido; ha firmato un trattato di condivisione energetica con la Germania e a breve riaprirà la sua flotta nucleare. Vorrebbe fare di più nel Mediterraneo, ma non ha forza sufficiente a causa dei guai interni. Berlino, invece, ha costruito dei rigassificatori in pochi mesi e sta negoziando un tubo per il trasporto dell’idrogeno dalla Norvegia. Francia e Germania, insomma, vorranno il dominio energetico per loro e cercheranno di minimizzare il vantaggio politico dell’Italia. Pur non essendo contente dell’ambizione italiana per l’hub del gas, però, non remeranno nemmeno contro. Quanto all’Italia, la sua politica mediterranea deve servire innanzitutto al raggiungimento della sicurezza energetica a prezzi bassi. Roma deve pensare prima a questo, accelerando anche sull’idrogeno, sul biogas e sulla produzione nazionale di petrolio e gas. Poi, eventualmente, potrà essere una fornitrice di energia a una porzione dell’Europa dell’Est e dei Balcani».

In un’Unione Europea non ancora dotata di una costituzione federale o confederale che sia, pesano innanzi tutto i rapporti di forza. Dopo una stagione di commissariamento della democrazia italiana durante la quale, nonostante personalità di assoluto valore come Mario Draghi, la realtà era determinata da quanto l’Europa (cioè l’asse franco-tedesco) decideva sull’Italia, oggi con un governo con particolari rapporti con Washington, di nuovo protagonista nel Mediterraneo, fondamentale nel sostenere l’Ucraina, che con accordi con il Giappone assume un ruolo nell’Indo-Pacifico, finalmente l’Italia può contare in Europa e non solo viceversa. Ecco un fattore di cui tenere particolarmente conto anche nel prossimo voto del 12 e 13 febbraio in Lazio e in Lombardia: la possibilità di respingere patrimoniali, tagli alla sanità e alle pensioni, altri sacrifici “solo per l’Italia” dipenderà anche dalla forza che dimostrerà elettoralmente la maggioranza di governo. Il lusso di flirtare con i terzi poli tipo quello del 2013 Monti–Fornero, tecnocratici e qualunquisticamente né di destra né di sinistra, è un lusso da rimandare per un qualche tempo.

* * *

Su Huffington Post Italia Alessandro De Angelis scrive: «Se il metro del giudizio, fissato da Stefano Bonaccini, è il famoso bar, come simbolo di un linguaggio semplice da ritrovare e di un principio di realtà da riscoprire, l’assemblea del Pd odierna è, ascoltata tra un caffè e un altro, tecnicamente incomprensibile. E se si vuole trovare la causa principale, sia pur tra mille sfumature, mille correnti, mille leaderini, mille retropensieri e due manifesti che convivono, essa corrisponde alla totale assenza di un elemento di “rottura” di un meccanismo che si autoriproduce, uguale a se stesso, rendendo il partito tecnicamente irriformabile».

Il Pd è stato il principale sostegno alla strategia di commissariamento della democrazia italiana intrapresa da Giorgio Napolitano dal 2011 e poi sostanzialmente proseguita fino al settembre del 2022. Questo tipo di “commissariamento” ha prodotto una profonda disgregazione arrivata fino al 32 per cento di voti alla protesta senza proposta dei grillini nel 2018. È fatale che la disgregazione alla fine sia implacabile proprio contro il Pd, l’oggettivo sostenitore principale di questa disgraziata fase politica italiana.

* * *

Su Open si scrive: «Matteo Messina Denaro si sarebbe lasciato prendere volontariamente. Lo ha sostenuto stasera a In Onda su La7 l’ex procuratore generale di Palermo ed oggi senatore M5s Roberto Scarpinato, che ha aggiunto: “Messina Denaro non è più Diabolik come l’avevamo battezzato, cioè un capomafia estremamente raffinato che riusciva a sfuggire a tutte le indagini. Ha iniziato a commettere una serie di errori da dilettante: usare il telefonino, chattare. Perché evidentemente aveva deciso di lasciarsi prendere”. Scarpinato ha anche gettato pesanti ombre sulla polizia, sostenendo che senza una copertura delle forze dell’ordine nessuno riuscirebbe a restare latitante per 30 anni».

Piuttosto di inventarsi scenari fantasiosi su come non è stato ed è stato catturato Messina Denaro, Scarpinato dovrebbe riflettere quali ulteriori guasti al magnifico corpo dei Ros si sarebbero prodotti grazie alla strampalata indagine sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia sostenuta dai pm della cordata appunto scarpinatiana, se uno dei leader del corpo speciale dei carabinieri prima citato, cioè Mario Mori, fosse stato condannato definitivamente invece di essere assolto in Cassazione.

Tags: crisi energeticaGiorgia MeloniGoverno MeloniimmigrazioneMatteo Messina DenaroPdstefano bonaccinitrattativa Stato-MafiaUnione Europea
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