
La preghiera del mattino
La macchina del fango di Repubblica fa diventare garantista perfino il Fatto

Su Dagospia si riprende un articolo di Peter Gomez per il Fatto quotidiano dove si scrive: «Non conosciamo Francesco Rocca e non sappiamo se, in caso di elezione, sarà un buon presidente della Regione Lazio. Quello che invece sappiamo è che la sua candidatura da parte del centrodestra è un fatto positivo per la nostra politica. La scelta del suo nome fa per la prima volta cadere lo stigma dei partiti nei confronti di chi ha usato o abusato di sostanze stupefacenti. Uno stigma sociale fino a ieri fortissimo che non si cancellava nemmeno quando chi ne era rimasto vittima riusciva a uscire dalla droga. Per questo la candidatura di Rocca è una buona notizia. L’aspirante successore di Nicola Zingaretti, prima di diventare un avvocato penalista specializzato nella difesa dei collaboratori di giustizia e poi numero uno della Croce rossa italiana e mondiale, è stato un tossicodipendente. Da giovanissimo si è bucato e per finanziare i suoi acquisti di eroina, come spesso accade a chi ha la scimmia sulla spalla, ha pure spacciato. Nel 1985, quando aveva 19 anni, è stato arrestato dai carabinieri durante un’indagine su un giro di droga pesante a Casal Palocco gestito da una banda di pusher nigeriani».
Nella sua sfrenata campagna antimelonista Repubblica ha pubblicato un articolo di attacco a Rocca candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio, rinfacciandogli una sua condanna per spaccio di droga del 1985 quando aveva 19 anni. Risultato? Il quotidiano diretto da Maurizio Molinari è riuscito a far diventare garantista persino Peter Gomez.
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Sul Post si scrive: «Dopo aver imposto tamponi obbligatori per chi arriva in Italia dalla Cina, il governo italiano aveva chiesto agli altri paesi europei di adottare provvedimenti simili. Lo aveva auspicato la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante una conferenza stampa giovedì, ma i rappresentanti di molti paesi europei hanno annunciato che non ne hanno l’intenzione: durante un incontro del Comitato per la sicurezza sanitaria dell’Unione Europea, alcuni ministri, tra cui quelli di Francia, Germania e Portogallo, hanno detto che non prevedono di introdurre restrizioni nei confronti di viaggiatori e viaggiatrici cinesi».
Gli sfrenati critici di Giorgia Meloni hanno definito il suo governo “no vax”. Ma ora tacciono di fronte a quegli Stati europei che di fronte alla nuova ondata di Covid cinese paiono assumere gli atteggiamenti che furono di Beppe Sala, Giorgio Gori, Nicola Zingaretti, Roberto Speranza nel febbraio del 2020.
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Su Open Ygnazia Cigna scrive: «L’ambasciatore italiano a Teheran, Giuseppe Perrone, è stato convocato dal ministero degli Esteri iraniano per evidenziargli “la forte protesta dell’Iran per gli atti e le osservazioni di alcuni funzionari italiani che continuano a intervenire negli affari interni dell’Iran”. Secondo quanto riferisce l’agenzia Irna, che cita alcuni funzionari dell’ambasciata, Perrone ha promesso di comunicare la protesta dell’Iran al suo governo quanto prima. “Le politiche selettive e duplici nei confronti dei diritti umani sono inaccettabili e respinte dalla Repubblica islamica. È l’altra parte che ha danneggiato gli interessi della nazione iraniana e violato i suoi diritti con l’imposizione di sanzioni illegali”, dichiarano i funzionari. Convocazione che nasce come reazione alle parole della nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la quale ha definito “inaccettabile” quanto sta accadendo in Iran. La premier ha, inoltre, avvisato Teheran della possibilità che l’Italia cambi “atteggiamento” se la repressione delle manifestazioni “non dovesse cessare”».
Per qualche settimana si sono lette in Italia prese di posizione contro il governo Meloni perché indifferente alla repressione scatenata in Iran contro le proteste popolari in atto. Poi è intervenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, non molto confortato da altri Stati europei. Teheran ha attaccato Roma per le sue ingerenze, e quelli che protestavano contro il silenzio meloniano paiono essere a loro volta diventati molto silenziosi: nessun riconoscimento a Tajani e nessuna mobilitazione contro il regime degli ayatollah. Nell’epoca dell’opinione pubblica iperdigitalizzata si è veramente convinti che ogni presa di posizione smentita il giorno dopo sia così facilmente dimenticabile?
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Sulla Nuova Bussola quotidiana Gianandrea Gaiani scrive: «L’obiettivo del decreto è distinguere nettamente le missioni di salvataggio e le attività di ricerca sistematica di migranti illegali da trasferire in Italia. Chi vìola le norme incorrerà prima in sanzioni amministrative, poi se reitera anche in fermi amministrativi, fino alle confische delle navi da parte dei prefetti. Del resto il codice di condotta è stato stilato mutuando il codice Minniti del 2017, ripristinando quindi le sanzioni. Inoltre i soccorritori dovranno chiedere ai soggetti a bordo messi in salvo la manifestazione di interesse sull’eventuale domanda di protezione internazionale dei migranti, in modo tale che sia il paese di bandiera della nave a farsi carico dell’accoglienza una volta avvenuto lo sbarco».
A chi pensa di usare la solidarietà verso chi soffre per imporre la fine della legalità repubblicana in Italia, il governo risponde con un provvedimento che mentre riconosce l’esigenza di difendere la “legge del mare” e la necessità di salvare i naufraghi, predispone anche provvedimenti che impediscano l’alleanza strategica oggi in atto tra azioni caritatevoli e pirateria schiavistica.
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