«La democrazia ha bisogno di valori religiosi, non di élite liberali»

Di Rodolfo Casadei
20 Agosto 2020
Ospite al Meeting con Luciano Violante, Patrick Deneen, autore di "Perché il liberalismo ha fallito" smonta l'inganno della libertà dei moderni

Andrea Simoncini mostra una grande mappa luminosa del mondo prodotta dal settimanale Economist che mostra in gradazioni di verde i paesi democratici e in gradazioni di giallo, rosso e marrone i paesi i cui sistemi politici possono essere definiti “ibridi” o semplicemente autoritari. I secondi sono nettamente più numerosi dei primi. «Il Meeting non ha mai avuto paura di trattare temi scottanti», esordisce con sicumera un filo eccessiva. «Perciò in questa edizione così speciale tratteremo della crisi della democrazia». Gli ospiti invitati ad approfondire il tema “Democrazia e fiducia: un nesso da riscoprire” sono Luciano Violante, già presidente della Camera dei Deputati, «non più un ospite, ma uno di noi», lo introduce Simoncini, e Patrick Deneen, docente dell’università Notre Dame negli Usa ed autore del libro Perché il liberalismo ha fallito di imminente traduzione in italiano «che dopo l’intervento di stasera sarà molto più conosciuto e apprezzato qui da noi, e che l’anno prossimo cercheremo di avere come ospite di persona».

«IL CONCETTO LIBERALE DI LIBERTÀ METTE IN PERICOLO LA DEMOCRAZIA»

Deneen (qui l’intervista che ha rilasciato a Tempi sul numero di agosto) non delude le attese e parte a tutta velocità: «Il concetto liberale di libertà mette in pericolo il futuro della democrazia. La democrazia è basata sul concetto classico e cristiano di libertà: libertà dai nostri appetiti eccessivi, dalle nostre pulsioni. Questo è il tipo di libertà che rende possibile anche l’autogoverno delle comunità, cioè la democrazia, e che sta alla base del funzionamento dello Stato di diritto. Invece la libertà dei moderni è la libertà di fare quello che voglio, di realizzare qualunque mio desiderio. Questa idea di libertà interamente individuale ha comportato profondi cambiamenti nell’assetto della politica, della scienza, della tecnologia e quindi della società. Gli altri sono visti come una minaccia alla mia libertà, ma questo atteggiamento mina alle radici la democrazia intesa come autogoverno di una comunità». L’intervento di Violante si è mosso fra paradossi e interrogativi. Il paradosso per cui ci sono tanti paesi al mondo retti da regimi autoritari che vorrebbero la democrazia, mentre noi che ce l’abbiamo la critichiamo. Ci troviamo davanti a trasformazioni del mondo che hanno bisogno di strumenti di comprensione validi per tempi che non sono un’epoca di cambiamento, ma tempi di cambiamento d’epoca. Gli strumenti della democrazia del secolo scorso vanno bene anche per oggi? Le due sole certezze sono che «la democrazia si regge su di un equilibrio di diritti e di doveri, e che la democrazia si basa non solo su istituzioni democratiche, ma su cittadini democratici». 

«LA DEMOCRAZIA HA BISOGNO DI PERDONO E MISERICORDIA»

Simoncini ha chiesto a Deneen se è ancora valida la vecchia distinzione fra democrazia americana e democrazia europea, più partecipativa la prima, più a rischio di derive plebiscitarie la seconda. Deneen ha risposto che no, la distinzione è sempre meno valida anche se la democrazia americana continua ad essere basata sullo Stato minimo e invece quella europea continua ad essere basata sullo Stato sociale. Ma sempre più simili sembrano essere le conseguenze sociali negative di due sistemi politici che sono comunque fondati più sull’idea moderna di libertà che su quella classico-cristiana. «Se guardiamo all’impoverimento delle istituzioni sociali, al numero e alla durata dei matrimoni, alla vitalità delle Chiese, al rapporto fra le generazioni, alla vita sempre più solitaria, Europa e America si assomigliano nel negativo». E a questo punto Deneen critica anche la cartina dell’Economist mostrata all’inizio dell’incontro: «Bisognerebbe capire sulla base di quali criteri è stata stilata. Democrazia non è solo libertà di voto alle elezioni. Presuppone che ci sia dialogo politico, che ci sia la possibilità di esprimere il proprio punto di vista anche al cospetto di chi non è d’accordo, che ci sia ascolto reciproco e che si possa senza pericolo cambiare le proprie idee. La democrazia ha bisogno di valori eminentemente religiosi che sono anche valori civici come il perdono e la misericordia: si deve poter perdonare il proprio avversario senza eliminarlo dalla vita pubblica». L’allusione alla cancel culture e alle cacce alle streghe ispirate al politically correct non potrebbe essere più chiara.

LA FIDUCIA, LA LEGGE DEL SOSPETTO, IL BUON ESEMPIO

A Luciano Violante è stato chiesto come si ricrea la fiducia. E lui si è dichiarato ottimista, affermando che nel corso della pandemia da coronavirus la fiducia reciproca fra Stato e cittadini è uscita rafforzata: i cittadini si sono fidati di quello che le istituzioni dicevano e chiedevano, e le istituzioni si sono fidate dei cittadini che non avrebbero approfittato delle riaperture delle attività economiche e sociali per creare problemi. «Abbiamo superato le visioni totalitarie delle società dei puri, che affidavano al sistema penale il compito di creare l’ordine e il conformismo nella società. Ora bisogna smantellare le troppe normative italiane basate sulla legge del sospetto, che vede nei cittadini dei potenziali criminali». Come ultima domanda a entrambi i relatori è stato chiesto da dove riparte la fiducia, se bisogna soprattutto fare una scelta preferenziale per i giovani, come è stato detto in altri interventi di prestigio della prima giornata del Meeting. Luciano Violante ha sintetizzato che ci vuole rispetto per tutti i cittadini, nuova priorità per il principio comunitario e il buon esempio da parte della classe dirigente. «Quando la classe dirigente ha dato esempi di razzismo, nella società italiana si è diffuso il razzismo». Ma non ci si può limitare a chiedere alle istituzioni di ispirare fiducia: gli stessi cittadini devono concedere un credito di fiducia.

ÉLITE LIBERALE E POPULISTI, LA DIVISIONE CHE DISTRUGGE L’ORDINE POLITICO

Più polemico (a parte il sottinteso riferimento violantiano a un ministro degli Interni di qualche tempo fa, ndr) l’approccio di Deneen, che in sostanza dice: «Da quarant’anni invochiamo la priorità del principio comunitario, invochiamo il rafforzamento delle istituzioni sociali e chiediamo ai cittadini di agire avendo a cuore la comunità anziché soltanto la propria individualità. Ma nel frattempo il liberalismo ha creato una società spaccata in due fra un’aristocrazia liberale che trae vantaggio dalla libertà moderna, che è libertà che dissolve tutti i limiti, e la gente comune che paga i costi sociali della dissoluzione dei vincoli morali e sociali del passato in nome della libertà. Negli Usa la società è spaccata in due fra un’élite liberale e una componente populista che ad essa reagisce. Questa divisione è il veleno che distrugge l’ordine politico, che porterà alla decadenza o addirittura alla guerra civile. Occorre tornare a quell’insegnamento degli antichi che diceva che non bisogna permettere che si formino oligarchie al governo. Queste finiranno per far collassare un sistema politico polarizzato»

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