Era «scontato» che repubblicani e democratici riuscissero ad accordarsi per evitare il “fiscal cliff”, l’aumento automatico e indiscriminato delle tasse e dei tagli alla spesa pubblica che sarebbe scattato da oggi, perché si tratta di un «accordo che non affronta il problema di come uscire dalla crisi, ma quello della contabilità interna». A parlare è Christian Rocca, giornalista e direttore di IL, mensile del Sole 24 Ore, che poi aggiunge: «Agli estremi di entrambi i partiti, democratici e repubblicani, c’è grande insoddisfazione» ma resta il fatto che quando si dovrà mettere mano ai tagli della spesa pubblica si partirà della «riforma sanitaria», perché «Medicare e Medicaid vanno riformati».
Come valuta l’accordo di questa notte sul “fiscal cliff”?
Premessa: è un accordo parziale e temporaneo perché posticipa a fine febbraio, ovvero tra due mesi, le decisioni sul taglio della spesa pubblica. L’intesa, invece, è stata raggiunta sulla cosa più semplice, le tasse. Obama ha sempre detto di volere mantenere i tagli fiscali introdotti da Bush nel 2000 e aumentare le tasse a chi guadagna più di 250 mila dollari e così è stato, anche se solo in parte, perché l’aliquota fiscale è stata portata al 20% per i redditi superiori ai 400 mila dollari. L’84 per cento dei tagli riconfermati, tuttavia, riguarda il 98 per cento dei cittadini americani e, in più, a differenza di quanto accaduto finora, i tagli saranno definitivi. E questa è una grande vittoria per i repubblicani, che nel 2000, 2004 e 2006 avevano votato contro. Ieri la componente più estrema e radicale del partito, quella vicina ai Tea Party, aveva detto no a Obama, poi lo speaker della Camera ha ottenuto il voto di un numero sufficiente di repubblicani.
Anche se, di fatto, nessuna decisione sui tagli alla spesa pubblica è stata assunta.
È vero e i repubblicani hanno storto il naso per la mancata decisione sui tagli alla spesa pubblica: quello che però è fuori discussione è che si dovrà intervenire soprattutto sui programmi Medicare e Medicaid, che vanno riformati; ma tutto è rinviato ai prossimi due mesi, anche la decisione sull’entità dei tagli.
Perché il programma Medicare va riformato?
Se oggi la classe media può dirsi sollevata per avere mantenuto fisso il livello di tassazione, altre tasse in più saranno da pagare su altri fronti: la riforma sanitaria farà aumentare di molto i costi delle assicurazioni e diminuire i servizi.
I democratici sono soddisfatti?
Ieri ci sono state durissime reazioni nel mondo liberal: New Republic ha accusato Obama di avere svenduto i principi democratici e progressisti, Paul Krugman sul New York Times ha scritto cose tremende che poi in parte ha ritrattato… In definitiva possiamo dire che molta è stata l’insoddisfazione agli estremi di entrambi i partiti. Obama infatti ha dovuto cedere molto sul fronte tasse: i repubblicani più conservatori valutano invece l’accordo come sbagliato perché non sono state stabilite misure di taglio alla spesa pubblica.
L’accordo aiuterà l’America a uscire dalla crisi?
No, perché il problema di come uscire dalla crisi non è stato affrontato. Questo è un problema di contabilità interna: negli Stati Uniti una legge impediva l’aumento del debito pubblico da 15 a 16 mila miliardi di dollari. La decisione era inevitabile e scontata in questo senso: senza prenderla, lo Stato non avrebbe più disposto dei soldi per pagare le pensioni, la difesa e altre voci di bilancio.