
La Corte dei conti vuole citare in giudizio le agenzie di rating
Un’indagine sulle agenzie di rating che si conclude con la richiesta di risarcimento all’Italia per 234 miliardi di euro. Dopo le indiscrezione del Financial times, l’esistenza dell’inchiesta avviata dalla Corte dei conti italiana è stata confermata dal procuratore regionale della Corte dei conti del Lazio che però ha puntualizzato all’Agi che «non è ancora approdata a una decisione conclusiva ed è in fase istruttoria».
DA S&P A MOODY’S. Nelle accuse mosse dalla procura della Corte dei conti, le agenzie di rating che hanno sancito il declassamento dell’Italia e dei suoi titoli ad un passo dal livello “junk”, spazzatura, ingiustamente perché non avrebbero valutato attentamente anche l’immenso patrimonio artistico, culturale e letterario italiano, che pure deve far parte del calcolo della ricchezza del nostro paese. Per questo motivo l’accusa cita in giudizio la Standard’s and Poor (che aveva dato un rating all’Italia di BBB), ma anche altre agenzie più piccole come Moody’s e Fitch.
«MA I GIUDICI NON SONO COMPETENTI». Fitch ha già emesso un comunicato stampa in cui si dichiara a collaborare alle indagini, pur precisando «di aver sempre agito in modo appropriato e nel rispetto della legge». Più aspra e polemica la replica del colosso S&P, che ha definito le accuse «poco serie e senza fondamento» e ha criticato la Corte dei conti, che non sarebbe a suo dire competente a procedere contro le agenzie avendo giurisdizione solo sui pubblici dipendenti. Dall’altra parte la Corte dei conti riflette semplicemente il pensiero politico di molti in Europa, che ritengono che la crisi dei mercati italiano e spagnolo sia stata fortemente influenzata dai giudizi negativi delle agenzie di rating. Il timore di una bacchettata ha anzi spinto a vendite del debito pubblico dei due paesi, con costi più alte e maggiori sofferenze tanto in Italia quanto in Spagna. Oltrettuto non è la prima volta che le agenzie di rating verrebbero citate in giudizio. Anche il governo americano ha citato Standard’s and Poor, per 5 miliardi di dollari con l’accusa di gonfiamenti fraudolenti delle valutazioni sulle obbligazioni.
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