Ha paura ad andare in centro a Dublino John Waters, e ieri in una lunga intervista al Sunday Independent ha spiegato il perché: «Quando c’è un tale livello di incandescenza generato dal nulla, che cosa devi andare a fare?». Alcuni piccoli episodi sono indicatori di un disprezzo diffuso e fastidioso. Qualche settimana fa, ad esempio, il popolare giornalista irlandese è stato affiancato per strada da un ragazzo in bici, che gli ha gridato «fucking homophobe», mentre una volta è stata una signora in un caffè a scaricargli addosso la sua rabbia dicendogli che si doveva vergognare: «E poi se n’è andata. Sono codardi, ti gridano addosso qualcosa e poi camminano via, non vogliono in alcun modo confrontarsi». Ma questa è solo una piccola parte del turbinio di accuse, minacce e insulti dentro alla quale Waters si trova da gennaio, semplicemente per avere esplicitato la sua posizione sui matrimoni gay e le adozioni dei figli alle coppie omosessuali. Waters è noto in Italia soprattutto per le sue diverse partecipazioni al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. Nel 2013 gli fu affidato l’importante compito di illustrare il titolo dell’edizione: “Emergenza uomo”.
ACCUSATO DI OMOFOBIA. Benvenuti in Irlanda, paese ormai dimentico della sua tradizione cattolica, dove scrivere sul giornale in difesa della famiglia rischia di essere la pietra tombale sulla tua carriera da editorialista. Questo è quello che è successo a Waters, per vent’anni firma dell’Irish Times, il più venduto quotidiano dell’isola dove in questi mesi si discute in vista di un referendum sui matrimoni tra le persone dello stesso sesso. A Dublino il clima è alquanto teso, tanto che a gennaio uno show serale di RTE (la rete televisiva nazionale) ha ospitato le accuse di Panti Bliss, popolare travestito irlandese, che ha dato dell’omofobo a John e ad altri giornalisti conservatori. Quest’ultimi, in tutta risposta, hanno minacciato la rete tv: o ritirate queste calunnie, oppure vi facciamo causa. RTE, volendo evitare che la questione finisse in tribunale, ha cercato un accordo: ha risarcito i giornalisti con 40mila euro e ha fatto mea culpa. Con un piccolo particolare: nelle scuse ufficiali, la direzione del canale tv non ha mai specificato che le imputazioni contro Waters fossero state fatte “senza fondamento”. E se il risarcimento danni ha attratto contro RTE le ire di attivisti per i diritti dei gay e di politici di sinistra, chi ha pagato più di tutti è stato proprio il giornalista, che da allora è diventato obiettivo di interrogazioni parlamentari, campagne pubbliche (anche Madonna ha sentito il bisogno di dire la sua e schierarsi con Panti Bliss) e insulti per strada: «Ho quasi perso uno stone (circa 6 chili) nelle prime settimane di questa storia. Non riuscivo a dormire», spiega Waters.
«NON HO PIU’ AMICI NEI GIORNALI». Dal Sunday Independent, nella prima intervista rilasciata dopo l’inizio di questa vicenda, John continua a rivendicare il diritto a esprimere il proprio parere «senza essere demonizzato», denunciando l’accanimento della stampa sempre più compatta nello sparare addosso ai conservatori. «E se fossi andato fino in fondo con la mia causa non avrei ricevuto 40mila euro da RTE, bensì 4 milioni», ribatte Waters a chi lo accusa di essere stato troppo veniale nel chiedere il risarcimento. John da gennaio non lavora più per l’Irish Times, e l’impressione è che la collaborazione si sia interrotta proprio per le diversità di vedute su omofobia e matrimoni gay. «Ma ormai non ho più amici nel mondo dei media», spiega nell’intervista, dove dice anche di valutare seriamente se lasciare il giornalismo e andare a lavorare da altre parti, anche fuori dall’Irlanda. Ciò che più lo addolora è che nessuno muove un dito per difenderlo: «Porti sempre un po’ di speranza che qualcuno che ti conosce davvero per quello che sei ad un certo punto prenda e dica: “Fermi tutti, tutto ciò è sbagliato, questo ragazzo non è quello che descrivete”. Ma questo momento non è mai arrivato».
LA SODOMIA. Per il resto, Waters non intende rimangiarsi nessuna delle frasi che gli vengono incriminate. Non vuole ritirare la parola “buggery”, sodomia, utilizzata in alcuni articoli: «Cosa c’è di offensivo in questa parola? Descrive una funzione fisica. La mia definizione è la penetrazione anale tra uomini. Mi sembra chiaro cosa significa, è un termine che descrive una funzione fisica, fine della storia. Perché dovrebbe essere offensiva? Se l’azione non è offensiva per la gente, perché dovrebbe esserlo la parola che la descrive?». Non intende neanche scusarsi per aver scritto che è «ironico» portare avanti la battaglia per i matrimoni gay. In un momento in cui la famiglia e il matrimonio tradizionale sono in crisi, dice, è marginale concentrare il dibattito politico esclusivamente sulle unioni tra persone dello stesso sesso, «ed è uno schiaffo alla realtà occuparsi di qualcosa di periferico quando c’è una tale ferita al cuore della nostra cultura». Per poi chiudere sottolineando la disparità di trattamento riservata a Enda Kenny, premier irlandese cattolico “adulto”. Un anno fa ha dato il via libera ad una nuova legge sull’aborto, ora spinge per il matrimonio omosessuale: «Era contro le unioni gay e ora non lo è più. Nessun giornalista gli ha chiesto di spiegare la traiettoria del cambiamento del suo cuore».