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Simone e Michele (Tel Aviv): «L’ansia dei razzi, le corse nei bunker: vivere sereni? Impossibile»

Simone Cabib e Michele Disegni, italiani residenti in Israele da anni, raccontano a tempi.it come si vive sotto i razzi di Hamas: «Ogni casa ha un bunker. Difendersi è inevitabile perché in Israele ci sono pochi morti ma vivere con serenità è impossibile».

Leone Grotti
19/11/2012 - 19:18
Esteri
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«Quando giovedì sono suonate le sirene che annunciano l’arrivo di un razzo è stato tragico, non ce lo aspettavamo. Sapevamo dai giornali e dalla televisione che Hamas ha dei razzi in grado di arrivare fino a Tel Aviv, ma non pensavamo che li avrebbero usati. Siamo stati colti di sorpresa, per fortuna eravamo attrezzati». Simone Cabib vive in Israele da 13 anni e lavora per una grossa banca nel settore della sicurezza informatica. Dopo 12 anni passati a Gerusalemme si è trasferito a Tel Aviv.

RAZZI A TEL AVIV E GERUSALEMME. Il conflitto tra Israele e Gaza, che è già costato la vita a 103 persone, di cui 100 palestinesi, è entrato nel suo settimo giorno. Da mercoledì scorso, Hamas e Jihad islamica hanno lanciato contro Israele 877 tra razzi e missili. Di questi la maggior parte ha colpito le città del sud ma per la prima volta dal 1991 cinque sono arrivati fino alla capitale Tel Aviv  e uno fino a Gerusalemme. Simone Cabib e Michele Disegni, altro italiano con il doppio passaporto che vive a Tel Aviv da tre anni, raccontano a tempi.it come gli israeliani stanno vivendo il conflitto.

«BUNKER IN OGNI CASA». «Il Comune ha indicato a tutti che cosa fare quando viene annunciato un razzo» spiega Michele. «Le case più moderne hanno delle stanze bunker, ogni palazzo ha un bunker collettivo. A chi vive nei palazzi più vecchi, che non ce l’hanno, è stata consegnata una lista di quelli pubblici dove recarsi. In alternativa, stare in mezzo alle scale dei palazzi è considerata la cosa più sicura». Chi si trova per strada in macchina, spiega invece Simone, «deve recarsi subito in un luogo protetto, se si trova a piedi stendersi per terra con le mani sopra la testa. Noi a Tel Aviv dopo lo shock iniziale ci siamo abituati, la vita continua. Ma al sud la situazione è pesante e delicata».

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 «SI VIVE NELL’ANSIA». A Tel Aviv i razzi non hanno causato danni. O sono finiti in mare o sono stati intercettati dal sistema missilistico di difesa Iron Dome. «Nessun danno materiale» continua Simone, «ora non abbiamo paura ma c’è molta ansia perché un razzo può arrivare in qualunque momento, mentre sei a casa o al lavoro o di notte. Inoltre c’è il timore che possa essere successo qualcosa ai tuoi cari». Se a Tel Aviv la «città è rimasta viva perché gli israeliani non vogliono darla vinta al terrorismo, anche se chiaramente si sta più attenti» al sud la situazione è «insostenibile. Scuole e asili sono chiusi e il tutto va avanti non da questa settimana, ma da mesi, da anni».

«NON SI PUÒ FARE UNA VITA NORMALE». Mercoledì scorso un raid mirato israeliano ha ucciso il comandante delle brigate al-Qassam, braccio militare di Hamas, innescando una escalation di violenza. Ma come dichiarato a tempi.it dal portavoce della comunità ebraica di Milano Daniele Nahum, «gli israeliani non hanno attaccato tanto per fare. Nei giorni precedenti a mercoledì le città del sud sono state colpite da 200 razzi di Hamas. Qualunque Stato si sarebbe difeso». La società israeliana si interroga sulle conseguenze del conflitto. Spiega Michele: «All’estero si leggono i rapporti: tre israeliani morti contro 100 palestinesi e tutti attaccano Israele. Ma bisogna tenere conto che qui non si può fare una vita normale per il pericolo continuo di attentati e razzi, e uno Stato non può non tenere conto di questo. La gente è d’accordo che si dia una risposta. Ci si pone la domanda: vale la pena colpire una postazione di missili a Gaza se vicino ci sono dei civili? Il dibattito interno c’è ma difendersi è inevitabile perché in Israele non ci saranno morti ma vivere in modo sereno è impossibile». «Io stesso – continua – all’inizio prima di salire su un autobus guardavo chi saliva per paura dei kamikaze, poi ho smesso perché comunque bisogna vivere. Per il pericolo dei razzi vale la stessa cosa».

«PACE? SONO SCETTICO». Per la prima volta un razzo ha anche colpito Gerusalemme: «Questo ci ha sorpreso tutti – racconta Simone – Gerusalemme infatti è abitata da molti musulmani e Hamas ha sempre detto che Gerusalemme deve essere la capitale del loro Stato palestinese, è anche la loro città santa. Nessuno si aspettava che potessero colpirla rischiando di fare danni enormi anche alla loro popolazione». Ora tra Gaza e Israele vanno avanti trattative di tregua in Egitto: «Speriamo che da questo scontro nasca una pace duratura. Israele oggi ha avanzato le sue condizioni, ma sono scettico. Hamas infatti non è interessato a interrompere il conflitto, nel loro statuto scrivono che il loro obiettivo è la distruzione di Israele. Come si fa a trattare una pace a queste condizioni?».

@LeoneGrotti

Tags: bunkergazagerusalemmeiron domeIsraelerazzi hamastel aviv
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