Il caso Israele. «Al momento i vaccini non risolvono la pandemia»

Di Leone Grotti
06 Agosto 2021
Gli esperti dello Stato ebraico, dove la campagna vaccinale è molto avanzata, consigliano nuove chiusure per limitare la diffusione del Covid-19
Un giovane effettua un tampone all'aeroporto in Israele

Un giovane effettua un tampone all'aeroporto in Israele

«Al momento i vaccini non possono risolvere la pandemia». Lo sostiene in Israele il professor Eli Waxman, membro della cabina di regia contro il Covid-19 del governo di Tel Aviv. Nonostante la maggioranza della popolazione con più di 16 anni sia già stata immunizzata con due dosi del vaccino Pfizer, contagi e ospedalizzazioni sono tornati ad aumentare nello Stato ebraico. Per questo il governo, che ha già somministrato una terza dose a 205 mila israeliani con più di 60 anni, ha reintrodotto alcune restrizioni che entreranno in vigore la prossima settimana. Anche la parola “lockdown” è rientrata nell’immaginario pubblico: «Faremo tutto ciò che serve per evitare un nuovo confinamento», ha dichiarato il ministro della Salute, Nitzan Horowitz. «Possiamo ancora farcela se seguiamo le nuove restrizioni».

Quarantena anche per i vaccinati in Israele

Martedì, dopo una riunione di tre ore della cabina di regia, Israele ha reintrodotto il Green pass anche per partecipare agli eventi con meno di 100 persone. Ai dipendenti delle compagnie private è stato nuovamente raccomandato lo smart working, mentre negli uffici pubblici il personale in presenza sarà ridotto al 50 per cento. La mascherina all’aperto sarà richiesta per partecipare ad eventi con più di 100 persone. Inoltre, i residenti di 18 paesi, tra i quali l’Italia, all’arrivo in Israele dovranno rimanere in quarantena per una settimana, a prescindere dal loro status vaccinale.

Martedì Israele ha registrato 3.280 nuovi casi positivi. Su 236 persone ricoverate in ospedale, la metà è in condizioni gravi e gli esperti ritengono che, a prescindere dalle nuove misure introdotte, «avremo entro poche settimane mille malati gravi». L’esperienza di Israele preoccupa il mondo intero, essendo uno dei paesi dove la campagna vaccinale è in stato più avanzato.

I vaccini non prevengono il contagio

Secondo un recente studio realizzato nello Stato ebraico, l’efficacia del vaccino Pfizer nel prevenire il contagio è scesa al 39 per cento, contro il 95 per cento da gennaio ad aprile. Resta alta però la protezione fornita dal vaccino: il 90 per cento degli immunizzati con due dosi non sviluppa forme gravi della malattia. Lo studio combacia sostanzialmente con quanto evidenziato pochi giorni fa dal British Medical Journal. Secondo la rivista specializzata, i test condotti nel Massachusetts a luglio, utilizzati dal Cdc americano per elaborare nuove raccomandazioni negli Stati Uniti, certificano che i vaccini non sono efficaci nel prevenire il contagio e di conseguenza la diffusione della malattia.

Israele punta a vaccinare al più presto anche minori e bambini, anche se gli esperti della cabina di regia sottolineano: «La strategia della vaccinazione di massa funzionerà? Al momento non lo sappiamo».

Bisogna imparare a convivere con il virus

L’esperienza dello Stato ebraico conferma dunque quanto scritto da don Roberto Colombo su Avvenire il 24 luglio:

«Una robusta campagna vaccinale è indispensabile, ma non basta. Meglio dircelo chiaro.  L’eccesso di zelo nel mettere in luce la bontà di una scelta può indurre a una falsa sicurezza e far abbassare la guardia. Ma può anche suscitare il sospetto (spesso infondato) che si stia nascondendo la faccia opposta della medaglia. Così pure per le vaccinazioni. Quando il messaggio da “Vacciniamoci, e manteniamo le giuste precauzioni” si trasforma in “Vacciniamoci, e niente più precauzioni”, allora il gioco è fatto. Ed è un gioco a perdere».

I dati israeliani comprovano quanto abbiamo scritto più volte in precedenza: bisogna imparare a convivere con il Covid-19 e individuare le priorità da salvaguardare. Ha ancora senso, ad esempio, chiudere le scuole alla prima recrudescenza del virus, rischiando di precludere il futuro dei giovani, inseguendo il miraggio dell’immunità di gregge e del “rischio zero”? Forse no. Come scrivevamo, «in attesa che la scienza trovi davvero una soluzione definitiva al virus (ammesso che la troverà mai), avanti con vaccini, con prudenza, con pazienza, con libertà. Con il Covid bisogna imparare a convivere, nel frattempo si può vivere».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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