L’Isis vuole uccidere i figli degli “infedeli” per vendicare al-Baghadi
Sono cominciati il 1° novembre i pattugliamenti congiunti turco-russi lungo il confine settentrionale della Siria fino a una profondità di dieci chilometri in territorio siriano, come stabilito dagli accordi di Sochi, ma dalla Siria arrivano soprattutto echi cupi e sinistri. Il giorno stesso dell’avvio delle operazioni Ilham Ahmed, la presidente del Consiglio democratico siriano (Cds), l’ala politica delle Forze democratiche siriane (Fds) a dominante curda che fino al 9 ottobre scorso controllavano la maggior parte del nord-est siriano, nel corso di una conferenza stampa a Washington ha reso noto il bilancio delle perdite umane e materiali causate dall’intervento dell’esercito turco e dei ribelli siriani islamisti raccolti nell’Esercito nazionale siriano (Ens).
I veri numeri
In un suo intervento al parlamento, il presidente Recep T. Erdogan aveva affermato che l’intervento turco aveva messo fuori combattimento «900 terroristi del Pkk» e occupato 558 posizioni che erano in precedenza tenute dalle Fds, fra cui le strategiche località di Tell Abyad e Ras al-Ain. Le cifre fornite dalla Ahmed sono diverse e danno un quadro più completo facendo riferimento anche alle conseguenze della guerra sui civili: i caduti delle Fds sarebbero 412, e i miliziani presi prigionieri dai turchi o dai ribelli islamisti 73. «Più di 400 mila persone hanno dovuto abbandonare le loro case, fra loro 18 mila bambini», ha detto la presidente del Cds. «Cinque operatori sanitari e quattro giornalisti sono rimasti uccisi. Sono state distrutte 20 scuole e 180 sono ora inagibili. Sono rimasti senza lavoro 5.240 insegnanti».
Operazione Fontana di Pace
Altre informazioni sulle vittime della campagna militare iniziata il 9 ottobre sono fornite dall’Osservatorio siriano dei diritti umani con sede a Londra e sempre molto aggiornato su quello che succede sul campo in Siria: i miliziani dell’Ens avrebbero avuto 215 caduti e l’esercito turco solo 10, a riprova che i ribelli islamisti siriani sono stati usati come fanteria davanti alle artiglierie e alle brigate meccanizzate turche. Fra i civili si registrano 125 vittime in territorio curdo-siriano causate dai bombardamenti turchi e dagli attacchi dei loro alleati ribelli, e 20 vittime in terra turca causate dai colpi di risposta delle Fds verso il territorio di Ankara. Anche le forze armate siriane e le milizie paramilitari loro alleate avrebbero avuto delle perdite in combattimenti legati all’Operazione Fontana di pace: 19 caduti e 18 soldati fatti prigionieri dall’Ens. Questi ultimi sono stati rilasciati dai ribelli per ordine delle autorità turche il 31 ottobre nelle mani della polizia militare russa, che li ha consegnati alle loro unità dell’esercito di Damasco.
Il ritorno della brigate nell’esercito
Questo fatto ha provocato fortissime tensioni all’interno dell’Ens, un mosaico di 14 mila combattenti provenienti da decine di formazioni ribelli quasi tutte della galassia islamista, compresi centinaia di elementi che hanno combattuto nelle file dell’Isis. Secondo Jarabulus Nightmare News, un canale televisivo di area Ens, decine di combattenti avrebbero abbandonato i ranghi della coalizione ribelle a causa di questa vicenda, considerata un tradimento della leadership nei confronti dei combattenti sul terreno. Va ricordato che fra le conseguenze collaterali dell’invasione turca del nord della Siria c’è il ritorno di brigate dell’esercito di Damasco, affiancate da forze russe, in numerose località in precedenza controllate dalle Fds, che le avevano difese contro l’Isis e altri gruppi jihadisti: Kobane, Manbij, Raqqa, Ayn Issa, Tell Tamer e al-Thawra.
Dentro la fascia di sicurezza
Fra l’altro, combattimenti sono proseguiti anche nella giornata dell’1 novembre nella zona di Abu Rasin, nelle vicinanze della cittadina di Qamishli e ben dentro ai 30 chilometri di fascia di sicurezza che la Turchia vorrebbe vedersi garantiti, fra le Fds e i ribelli siriani filo-turchi, che hanno dovuto cedere il controllo di sette villaggi che avevano conquistato durante l’offensiva di inizio ottobre. Altri scontri proseguono nei dintorni di Ayn Issa, a nord di Raqqa, fra Fds ed Ens per il controllo della strategica autostrada M4 che va da Aleppo fino alla frontiera siro-irachena: anche qui siamo ben dentro alla fascia di sicurezza.
Sequestrateli per ucciderli
Notizie non meno preoccupanti arrivano come conseguenza dell’uccisione del leader supremo dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi per mano di forze d’intervento rapido americane, avvenuta il 26 ottobre scorso nel villaggio di Barisha nella provincia siriana dell’Idlib, a soli 5 chilometri in linea d’aria dal confine con la Turchia. Quasi in contemporanea con le minacce di vendetta pronunciate da Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, il successore di al-Baghdadi, è ricominciato a circolare un vecchio numero di Rumiyah in cui appaiono quelle che sembrano essere istruzioni per la rappresaglia da compiere per l’uccisione di al-Baghdadi: «Le azioni fisiche», c’è scritto, «non sono che il mezzo per raggiungere l’obiettivo spirituale, e il sequestro di bambini figli di infedeli è uno di questi. Sequestrateli non per trattare un riscatto, ma per ucciderli. Eseguite la vostra missione fino a quando Allah non vi chiamerà a sé (cioè fino alla morte nel corso dell’operazione – ndt). I bambini devono essere uccisi prima dell’arrivo della polizia. Non rinunciate all’operazione solo perché non avete un’arma da fuoco, poiché immensa è la ricompensa per coloro che massacrano i crociati a colpi di coltello. Basta un po’ di immaginazione e di pianificazione di base». Insieme a Dabiq, Rumiyah è una delle due pubblicazioni online ufficiali dell’Isis. La segnalazione di questi contenuti e il collegamento con un eventuale attentato terroristico imminente è partita dalla Francia.
Foto Ansa
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