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Irlanda, John Waters: «Sul referendum per le nozze gay condizionamenti fascisti»

Intervista all'ex columnist dell'Irish Times, fra le poche voci contrarie alla riforma costituzionale per il "same-sex marriage" sottoposta oggi agli elettori

Benedetta Frigerio
22/05/2015 - 4:00
Esteri
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«Il matrimonio può essere contratto secondo la legge da due persone, senza distinzione di sesso». “Sì” oppure “no”? Oggi l’Irlanda, dopo una lunga campagna referendaria con tratti davvero estremi, voterà a favore o contro la legalizzazione del matrimonio fra persone dello stesso sesso. In caso di vittoria dei “sì”, si tratterebbe di un fatto inedito, perché per la prima volta una riforma costituzionale di questo tipo avverrebbe attraverso un voto popolare.

Secondo il giornalista John Waters, promotore della campagna “First Families First”, fra le poche voci emerse contro la proposta di riforma, il paese si è trasformato in un campo di battaglia con «conseguenze devastanti». Conseguenze che lui ha provato sulla propria pelle, subendo accuse gratuite di omofobia e isolamento mediatico. Domenica scorsa Waters ha scritto in un articolo per l’Independent che il premier cattolico Enda Kenny sostenendo questo emendamento costituzionale potrebbe aver «provocato una “guerra civile mentale”». Tra gli aneddoti raccontati dall’ex columnist dell’Irish Times a riprova del clima pesante che si respira nel paese, c’è quello di «un uomo la cui figlia lo ha pregato di non far sapere a nessuno che avrebbero votato “no”» alle nozze gay. Perfino le «poche persone» che hanno offerto «piccole donazioni» a sostegno di “First Families First”, scrive Waters, «erano tutte preoccupate di assicurarsi che non ci fosse alcuna possibilità che il loro gesto divenisse pubblico (…). In tutti i casi abbiamo ringraziato e declinato l’offerta, dal momento che non è possibile garantire che la legge sia rispettata o applicata».

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john-waters-foto-meeting-riminiMa gli esempi della violenza che ha caratterizzato la campagna referendaria secondo il giornalista sono «innumerevoli». Elenca Waters: «La distruzione dei cartelli per il “no”, i video compiaciuti su YouTube dove si vanta l’usurpazione del processo democratico, i lanci di uova, le molestie contro un hotel di Galway, continuate finché non ha cancellato una conferenza contro l’emendamento». La preside di una scuola che aveva invitato Waters a tenere una conferenza è stata minacciata dai promotori del “sì”, mentre lui e la sua famiglia hanno «subìto attacchi per 16 mesi». Tempi.it lo ha intervistato alla vigilia del voto.

John Waters, cinque anni fa in Irlanda sono state introdotte le unioni civili, adesso si parla di matrimonio “same-sex”. A cosa è dovuto il mutamento così repentino di una società che ancora nel 1993 considerava addirittura reati gli atti omosessuali?
Dal punto di vista della mentalità pubblica o della cultura politica in generale non è cambiato molto, almeno per quanto riguarda i cambiamenti spontanei. Questi sviluppi recenti sono il frutto di un potere politico e culturale crescente influenzato dalla lobby Lgbt, sia in Irlanda sia a livello globale. A livello culturale riscontro poi un’ingenuità riguardo alle tattiche di questa lobby. Affermano che quello che sta accadendo è qualcosa che nasce dalla società, ma in realtà viene imposto mediante le loro intimidazioni, le loro bugie, la manipolazione dei media e della politica e il silenzio a cui costringono le persone. La tattica è simile a quella del salame: il loro programma viene attuato fetta per fetta. Ogni volta si riducono le rivendicazioni al risultato più immediato, e appena è si ottenuta una fetta si passa a quella successiva. Quando si agitavano per la legalizzazione delle unioni civili, insistevano sul fatto che si trattava solo di ottenere diritti come quello alla successione ereditaria e alla proprietà, e che non avevano alcuna intenzione di richiedere il matrimonio o l’adozione. E non appena le unioni civili sono state legalizzate, praticamente il giorno successivo, hanno cominciato a chiedere: “Perché allora non possiamo anche sposarci e avere figli?”.

Fino a un mese fa il “sì” era dato al 70 per cento, mentre secondo l’Irish Times la quota di elettori favorevoli alle nozze gay è pari al 58 per cento. Crede che i sondaggi rispecchino la realtà?
Lo stiamo per scoprire. Nella mia esperienza maturata durante la campagna per il voto esite sicuramente l’elemento molto significativo di un elettorato che ha paura di parlare della sua vera posizione in merito al quesito referendario. Non ci resta che vedere in che modo questa realtà emergerà.

Il capo dei vescovi irlandesi, Eamon Martin, ha detto che l’imposizione di «una “nuova ortodossia” del matrimonio “gender-neutrale”» minaccerebbe anche la libertà di coscienza e di espressione. Condivide questo timore?
Il dibattito è stato caratterizzato da condizionamenti che, avendoci riflettuto, posso tranquillamente descrivere come fascisti. L’articolo che ho scritto sabato scorso lo spiega accuratamente. Ci troviamo in un pericolo serio, davvero serio. E, lo dico francamente, fatta eccezione per pochi dei nuovi vescovi, la Chiesa è stata inutile o meno che inutile. Molti preti si sono espressi in favore dell’emendamento e alcuni vescovi hanno rilasciato dichiarazioni ambigue o contraddittorie, minando così le poche ma consistenti voci dell’episcopato che si sono sollevate contro questi sviluppi scioccanti. Fra le conseguenze di una vittoria del “sì” ci sarà un revisionismo orwelliano che censurerà le visioni precedenti. Non voglio guardarmi indietro un giorno e chiedermi perché non ho parlato. Non voglio che i miei futuri nipoti mi accusino di non essermi espresso chiaramente.

Il dibattito è stato incentrato anche sul diritto di tutti all’“amore” e alla “libertà”, senza che nessuno spiegasse il significato di tali parole. Che conseguenze avrà questa assenza di chiarezza su termini fondamentali?
Sfortunatamente non è più possibile, in questo contesto, parlare del significato delle parole. La lobby Lgbt ha letteralmente corrotto ogni parola che possa ostacolare il suo obiettivo, non solo la parola “matrimonio” ma anche “uguaglianza”, “discriminazione”, “libertà”, e sì, anche “amore”. Ma a un livello più profondo il dibattito in Irlanda è molto diverso rispetto a quelli in cui manca solo una riflessione sul significato di queste parole. Perché in questo caso non si tratta solo di una questione relativa a chi vuole o meno il matrimonio fra persone dello stesso sesso, ma si tratta della Costituzione, un documento dettagliato e complesso. L’emendamento proposto avrà degli effetti dannosi sui diritti e sulle tutele della famiglia, anche se il governo e la lobby Lgbt insistono nel sostenerne l’irrilevanza, senza neppure sentire il bisogno di argomentare le loro tesi, semplicemente gridando le loro affermazioni prive di evidenze e di ragioni. Ma purtroppo, siccome la Costituzione è interamente legata al significato di queste parole, questa modalità di dibattere si rivelerà catastrofica in questo contesto e calamitosa in quello più ampio del dibattito democratico.

@frigeriobenedet

Foto Ansa/Ap
Foto John Waters da Meeting Rimini

Tags: irlandaJohn WatersMatrimoni Gaynozze gayreferendum
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