In Emilia-Romagna «le frane hanno causato danni per 120 milioni. Il governo ci riconosca lo stato di emergenza»
Dopo il terremoto le frane. Non c’è pace per l’Emilia-Romagna che, in questi giorni, patisce anche le ferite e i danni causati dal dissesto idrogeologico conseguente alle inusuali e ingenti precipitazioni atmosferiche di marzo e aprile. Paola Gazzolo, assessore regionale alla Sicurezza territoriale, nell’attesa che il presidente della Regione incontri di persona il presidente del Consiglio Mario Monti, si è recata in persona dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini per ribadire una semplice richiesta: la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale. Indispensabile per far fronte, anche economicamente, all’emergenza e non perdere la fiducia della gente. Ecco cosa si sono detti.
Assessore, quali proporzioni ha assunto l’emergenza?
A Tizzano Val Parma, dove si sono verificate le frane più importanti, il dissesto idrogeologico è stato più grave che altrove, ma l’emergenza ha colpito intere porzioni di territorio regionale: in particolare l’Appennino emiliano da Piacenza a Rimini. E si sono registrate criticità idrauliche anche in alcune zone di pianura. Pensi che, tanto per darle un’indicazione sulle proporzioni, mentre in Emilia-Romagna ci sono 46 mila chilometri di strade, ce ne sono 75 mila di vie d’acqua.
A cosa è dovuto il dissesto idrogeologico?
Ai grandi quantitativi d’acqua caduti negli ultimi mesi, sia per la pioggia sia per le nevicate. Medie annuali nelle precipitazioni come queste, infatti, non si registravano da almeno trent’anni. All’eccezionalità dell’evento, poi, ha contribuito anche lo scioglimento delle nevi. Non dimentichiamoci, infine, che il terreno dell’area è argilloso, perché gli Appennini sono montagne geologicamente molto giovani.
Quante segnalazioni e richieste di aiuto vi sono state recapitate?
Oltre 1.500 segnalazioni di dissesto idrogeologico; di cui più di 1.300 sono connesse a frane superficiali o quiescenti e 278 a criticità idrauliche. In Emilia-Romagna, ad oggi, ci sono circa 30 mila frane attive, di cui 400 sono perimetrate.
L’emergenza è stata affrontata?
Il 5 aprile il presidente della Regione ha inviato al governo la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale; il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ci ha chiesto di presentare un rapporto dettagliato curato da esperti funzionari del dipartimento nazionale della protezione civile; il rapporto in due giorni era pronto e il 10 aprile l’abbiamo consegnato per tempo. La stima è di oltre 120 milioni di euro di danni.
È importante che venga riconosciuto lo stato di emergenza?
Senza è impossibile che la regione possa far fronte da sola all’emergenza. Solo la dichiarazione dello stato di emergenza ci consentirebbe, infatti, di indennizzare i privati e avviare la riparazione delle abitazioni di civili danneggiate o distrutte. Così come ci consentirebbe di risarcire quegli imprenditori che hanno avuto i loro capannoni distrutti. E, mi creda, non è un problema da poco, anche perché a subire danni ingenti sono state imprese come, per esempio, un centro di produzione di salumi che da solo produce il 10 per cento del Crudo di Parma italiano.
Clini cos’ha detto?
L’incontro è stato positivo e il ministro si è dimostrato sensibile di fronte alla gravità dell’emergenza. Si è altresì dimostrato disponibile, primo, a trovare le risorse necessarie e, secondo, a prendere l’occasione al balzo per impegnarsi in prima persona nell’opera di ripristino e messa in sicurezza del territorio. Che è l’aspetto più importante di tutta la vicenda, anche perché gestire l’emergenza, in simili situazioni, può rivelarsi fino ad almeno cinque volte più costoso che non limitarsi a coprire i costi di prevenzione una volta per tutte. Senza considerare il volano che sarebbe per l’economia della Regione.
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