Imparare a leggere “I promessi sposi” per imparare il genio del realismo cristiano

Di Emanuele Boffi
20 Agosto 2015
L'ultimo libro di Giovanni Fighera aiuta ad addentrarsi nel capolavoro di Manzoni secondo un'ottica non "moralista". Perché il "sugo della storia" è un richiamo alla conversione

Il matrimonio di Renzo e LuciaGiovanni Fighera mi ha fatto venire in mente un’idea bislacca. I Promessi sposi bisognerebbe iniziare a leggerli dalla fine, cioè dal capitolo in cui Alessandro Manzoni rifugge l’happy end e spiega che «il sugo della storia» non è un retorico «e vissero felici e contenti» e nemmeno un generico richiamo a comportarsi con decoro onde fuggire i guai, quanto piuttosto leggere tutto in una prospettiva di fede, unico criterio per accettare ogni cosa, anche in male, in un’ottica di metànoia e redenzione.

Sano e duro realismo cristiano, insomma. Ed è interessante, come lo stesso Fighera racconta nel suo recente Il matrimonio di Renzo e Lucia. Invito alla lettura dei promessi sposi (Itaca, già al Meeting di Rimini), che nessuno conosca il finale del capolavoro manzoniano. «Sulla base della mia esperienza personale – scrive Fighera, che nella vita è insegnante – posso affermare che ancora nessuno studente sia riuscito a riferirmi con esattezza l’epilogo, quando mi accingo ad affrontare Manzoni al triennio con ragazzi che dovrebbero aver già letto I promessi sposi al biennio. Le risposte che più si sono avvicinate, per la verità, sono state queste: “Il romanzo prosegue per poco e Renzo e Lucia hanno dei figli”, oppure: “I due protagonisti non sono così contenti”. Tutto qui?».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Il nostro collaboratore e appassionato docente ha ragione: tutto qui? Se fosse solo questo, cioè la narrazione di una parabola ascetica, in cui le vicende dei protagonisti suggeriscono al lettore una conclusione “moralista” – è il rimprovero che rivolge Lucia a Renzo nelle ultime pagine – I promessi sposi perderebbero tutto il loro fascino. Che, invece, come nota giustamente Fighera, risiede nell’illustrare come anche il male possa essere redento attraverso la fede e il sacrificio personale. Basta così poco, basta accettare il fatto che «Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia!» (Lucia all’Innominato). Basta, insomma, convertirsi, come sottolinea a più riprese il nostro, scavando nei due episodi centrali del romanzo, quello della Monaca di Monza e dell’Innominato, appunto.

Durante l’udienza generale in piazza San Pietro il 27 maggio, papa Francesco ha invitato i fedeli a non «lasciare da parte» I promessi sposi, un «capolavoro sul fidanzamento». Ne ha consigliato la lettura «ai giovani» così da imparare «la fedeltà» del rapporto amoroso. Senza togliere nulla al richiamo papale, l’invito andrebbe esteso anche a chi è già sposato. Anche lui ha bisogno di convertirsi ogni giorno. Anche lui ha bisogno di ricordare che ogni matrimonio non si regge solo su rettitudine e coerenza, ma anche su misericordia e perdono.

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