Ilva, Ferrante presenta il piano di risanamento da 400 milioni di euro

Di Chiara Rizzo
18 Settembre 2012
Il presidente delle acciaierie tarantine consegna in procura le proposte dell'azienda. Cresce l'attesa per i dati sulla mortalità causata dagli inquinanti

Oggi il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante ha depositato in procura a Taranto il piano di risanamento dell’acciaieria da 400 milioni di euro (che andrebbero ad aggiungersi ai 146 milioni per le bonifiche ambientali disposti dall’inizio dell’estate): si tratta della via che l’azienda sta tracciando per dimostrare disponibilità e impedire la chiusura, studiata dopo il confronto serrato con i custodi giudiziari, i commissari dell’Autorizzazione integrata ambientale e i tecnici dell’azienda. Una mossa che rappresenta anche l’apertura dei Riva alle richieste della procura e all’invito alla collaborazione fatto dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini.

ALTOFORNI E COCKERIE. Ieri sera i custodi giudiziari hanno notificato la chiusura di due altoforni e il rifacimento di sette batterie di forni delle cockerie: Ilva nel suo programma mostra di aver già deciso però di fermare l’altoforno 1 (da 4.500 tonnellate al giorno) entro l’inizio di dicembre, per avviarne la manutenzione e di ristrutturare due batterie di forni coke insieme a quello entro il settembre 2013. A seguire nel tempo, nel piano dell’azienda, è prevista anche la ristrutturazione delle altre batterie di forni. Si tratta dei forni delle cockerie, che disperdono gli inquinanti durante la lavorazione (soprattutto il benzo(a)pirene) e che avrebbero causato danni alla salute degli stessi operai della cockeria e di un altoforno, il 5, che ha una produzione da 9 mila tonnellate al giorno, e quindi necessita di un progetto più elaborato. Un’altra delle misure prevede poi lo spegnimento dei coke a secco (mentre oggi è effettuato con acqua, con l’effetto di disperdere ulteriormente enormi quantità di fumi e di inquinanti). Il cosiddetto “dry quenching” consente anche un recupero energetico.

PARCHI MINERARI. La più importante delle misure (e anche la più innovativa perché sarebbe il primo caso in Europa e uno dei pochi al mondo) è però la proposta dell’Ilva di coprire i parchi minerari: si tratterebbe di una soluzione molto attesa, perché è proprio da quell’area dell’acciaieria in cui vengono stipate le polveri minerarie, che sia per effetto dello sversamento sia perché sospinti dal vento si disperdono sulle case circostanti e nell’aria, e rappresentano gli inquinanti più nocivi per la salute. Attualmente le polveri minerarie vengono trasportate su un sistema di rotaie e carrozze aperte direttamente dal porto, poi scaricati e ammassati nell’area parchi, da cui sono poi prelevati per la produzione: ma sia per il trasporto, sia per la fase di stoccaggio non esiste alcuna protezione per impedire la dispersione del trasporto. L’area parchi si estende su una superficie di circa 60 ettari e la copertura richiede ovviamente notevoli risorse economiche: ad oggi è la prima volta che Ilva mostra apertura all’ipotesi della copertura, sempre prospettata invece dai custodi giudiziari, che la chiedevano già dallo scorso 7 settembre, insieme alla riduzione dei cumuli e alla delocalizzazione. Scartata quest’ultima misura, l’azienda proseguirebbe nell’accoglimento delle disposizioni.

GIALLO SULLA MORTALITA’. Di recente ha scatenato forti polemiche una dichiarazione del ministro Corrado Clini sul fatto che non esista alcuna evidenza che l’incidenza della mortalità a Taranto causata dagli inquinanti dell’Ilva sia aumentata. Polemica che si è riaccesa alla notizia della pubblicazione dello studio epidemiologico dell’Istituto superiore della sanità che darebbe una risposta scientifica più definitiva, dopo la perizia medica voluta dal Gip di Taranto Patrizia Todisco, che ha stabilito che tra il 2004 e il 2010 solo nel quartiere Tamburi ci sono stati 379 ricoveri dovuti agli inquinanti e 91 decessi (70 per cento in più rispetto al resto della città), mentre tra il ’98 e il 2010 gli inquinanti hanno causato 386 decessi, 237 ricoveri per tumori maligni, 937 per malattie respiratorie. Lo studio epidemiologico dell’Istituto superiore, il progetto Sentieri, analizza dati complessivi che partono dal 1995 e arrivano sino al 2008 e nella tranche dei dati 2003-2008, secondo le indiscrezioni emerse, si confermerebbe un’incidenza della mortalità a Taranto superiore del 10 per cento rispetto alla media nazionale. Il progetto Sentieri è stato presentato oggi, ma il ministro della Salute Renato Balduzzi ha spiegato che i dati per il momento non sono stati divulgati e lo saranno dal 12 ottobre, e che «non credo che la magistratura abbia elementi diversi da quelli di cui disponiamo».

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