La preghiera del mattino

Il mondo alla rovescia di Christine Lagarde

Christine Lagarde
La presidente della Bce Christine Lagarde (foto Ansa)

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Cammina sulla testa anziché sui piedi e, pur dinanzi a una crescita del prezzo dei beni fisici fossili-energetici, chiama la crescita dei prezzi che ne deriva inflazione tout court e pensa di combatterla con mezzi monetari anziché contrastare i monopsoni che restringono le quantità offerte. Ma i tassi che s’alzano non sconfiggono i monopsoni e incrinano la sostenibilità delle imprese per l’aumento dei costi di produzione non riversabili sui consumatori. Insomma, un disastro».

Secondo Sapelli, Christine Lagarde cammina sulla testa invece che sui piedi. Ecco un’osservazione ben elaborata di cui tenere conto.

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Su l’Occidentale si scrive: «Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta, ha espresso il suo parere sulla riforma dell’autonomia differenziata proposta da Roberto Calderoli. L’ex senatore ha definito il testo della riforma privo degli elementi di equilibrio necessari. La strada per le riforme ha un passaggio obbligato: la revisione dell’articolo 138 della Costituzione, nonché la creazione di una Costituente che permetta di affrontare simili sfide. “La vera riforma può farla una Costituente. Pur non avendo nulla contro il federalismo, che di per sé non penalizza il Sud, la bozza di cui si discute oggi è monca”, ha dichiarato. Un percorso simile vedrebbe nel terzo polo un interlocutore naturale. Il vero problema, secondo il presidente della Fondazione, è che in Italia nessuno ha un’idea chiara del Mezzogiorno e che “le soluzioni istituzionali dovrebbero essere dei mezzi, non dei fini”. E il fine designato è la crescita del Sud. Ha anche suggerito la creazione di una macroregione del Sud, con compiti di programmazione, che potrebbe essere una soluzione per individuare i problemi e le opportunità di sviluppo di quella parte d’Italia. “Il Mezzogiorno attuale è enormemente differenziato, anche all’interno delle singole Regioni. Lo si potrebbe definire ‘a macchia di leopardo’. Servirebbe, quindi, un vero e proprio atlante, in grado di individuare i problemi e le opportunità di sviluppo”».

È possibile una nuova Costituente? Non lo so, ma se lo fosse sarebbe la soluzione perfetta. La crisi della parte ordinamentale della nostra Carta è strutturale, intervenire senza una visione organica è molto complicato. Poi il centrodestra dovrebbe dedicare, come di fatto auspica Quagliariello, una particolare attenzione alla questione meridionale prima che s’incisti in questa fondamentale area dell’Italia il peronismo pentastellato coperto dallo sbando del Pd.

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Su Tgcom24 si scrive: «Chi lo conosce sostiene che la sua forza stia proprio nella sua “malleabilità” e nel suo essere “affabile”, “tutto carote e niente bastoni”. Per McCarthy, dicono, non ci sono linee rosse, convinzioni politiche fondamentali o principi inviolabili, solo la volontà di adattarsi alla situazione. Politico esperto e pragmatico, la sua vicinanza a Trump non lo ha mai fatto virare nel negazionismo o nelle teorie cospirazioniste. Nella sua corsa al ruolo di speaker è stato ostacolato dagli ultraconservatori, come era successo già la prima volta che ci aveva provato nel 2015, che lo accusano di essere al servizio delle grandi lobby contro l’americano medio. “Mio padre diceva sempre che non è importante come si inizia, ma come si finisce”, ha dichiarato. E dopo la sua tribolata vittoria, il neo-speaker della Camera non può che augurarsi che il padre abbia ragione. Il neo-speaker ha iniziato il suo primo discorso con una battuta sui 15 voti serviti ad eleggerlo: «È stato facile, eh? Non pensavo saremmo mai arrivati quassù». Il repubblicano ha poi detto che la Camera lavorerà per far vincere agli Usa la competizione economica con la Cina, per la quale ha usato il termine “Partito comunista cinese”. “Ci occuperemo delle sfide a lungo termine dell’America, il debito e l’ascesa del Partito comunista cinese… creeremo una commissione bipartisan per stabilire come riportare qui le centinaia di migliaia di posti di lavoro finiti in Cina».

Forse non è più tragicamente attuale, come auspicava Thomas Jefferson, ritenere che «l’albero della libertà deve essere rinvigorito di tanto in tanto con il sangue dei patrioti e dei tiranni. Esso ne rappresenta il concime naturale». Però è anche vero che quell’insostituibile (in meglio) ma imperfetto sistema che è la democrazia debba essere costantemente tenuto sotto manutenzione: sia le modificazioni degli equilibri internazionali sia le trasformazioni sociali interne mettono costantemente alla prova le istituzioni, pubbliche e sociali come i partiti, della democrazia. Alla fine dell’Ottocento l’organizzazione del proletariato industriale, negli anni Sessanta l’esplosione della generazione dei baby boomer, oggi la crisi da globalizzazione del ceto medio (dai piccoli imprenditori agli operai più professionalizzati) hanno creato tensioni al sistema democratico, che in queste settimane si esprimono anche con le convulsioni interne al Partito repubblicano americano.

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Su Tgcom24 si scrive: «“Sto seguendo con preoccupazione quanto sta accadendo in Brasile. Ogni atto di violenza contro le istituzioni democratiche deve essere condannato con grande fermezza. I risultati elettorali vanno sempre e comunque rispettati”. Così il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani commenta in un tweet quanto sta succedendo in Brasile».

La difesa degli assetti liberaldemocratici su tutti gli scenari globali è un impegno che l’Occidente non deve e non può trascurare. Peraltro sul Brasile si riflettono anche gli effetti della scelta tragicamente errata di Donald Trump di non accettare il risultato del voto del novembre del 2020 che lo aveva visto sconfitto: scelta che continua a pesare sui destini del Partito repubblicano. Ahimè! In un mondo sempre più interconnesso i cattivi esempi trovano, poi, immediatamente qualche scervellato che si mette a imitarli.

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