Lettere al direttore

Il finto scandalo della Consulta e il san Francesco di Rondoni

Di Emanuele Boffi
09 Ottobre 2024
Non c'è nessuno scandalo se la maggioranza elegge un giudice alla Corte costituzionale. E il discorso per gli 800 anni dalla morte del poverello d'Assisi
Basilica di san Francesco, Assisi (Ansa)
Basilica di san Francesco, Assisi (Ansa)

Caro direttore, hai sentito il discorso pronunciato da Davide Rondoni ad Assisi in occasione delle celebrazioni per gli 800 anni dalla morte di san Francesco? Se non l’hai fatto, rimedia.

Paolo Sillabari

L’ho sentito e giro il consiglio a tutti i lettori. Il testo, integrale, lo trovate qui e io ne riporto solo l’inizio per convincere chiunque a darci un occhio: «Mi fissa, ci fissa Francesco, dopo quasi 800 anni. Il poeta santo, il patrono, il piccolino, il giullare di Dio… Imprendibile e pur chiaro nella sua santità. E cosa chiede o quasi supplica lui inquieto e lieto alle nostre vite? Cosa chiede la sua vita conosciuta studiata e pure sfuggente?».

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Gentile direttore, non ho compreso lo scandalo per la proposta di eleggere alla Corte Costituzionale il giudice Francesco Saverio Marini. Quale sarebbe il problema? Non spetta forse al centrodestra indicarlo?

Bruno Vigetti

Caro Bruno, non hai compreso lo scandalo perché non c’è nessuno scandalo, ma solo un “caso” creato ad arte dall’opposizione e dai giornali di sinistra. In modo sintetico, l’hanno spiegato bene il deputato Enrico Costa su X (lo vedi qui sotto) e un editoriale del Foglio in cui si ricordava che, fino a poco tempo fa, si attaccava il governo perché non nominava il giudice mancante, adesso lo si attacca perché lo vorrebbe nominare. Ha ragione Costa: se è di sinistra va bene; se non lo è, non va bene a prescindere. Tra l’altro, stiamo parlando di un giudice di nomina parlamentare, quindi una maggioranza di centrodestra chi dovrebbe proporre se non una personalità a lei affine? Quando toccò a governi di sinistra, fecero forse diversamente? I presunti motivi per cui Marini non sarebbe adeguato – in “conflitto di interessi” in quanto consulente giuridico di Meloni – sono risibili (Mario Draghi fece lo stesso con Marco d’Alberti e nessuno fiatò). Persino Augusto Barbera, presidente della Corte e uomo con una chiara storia di sinistra, ha smontato l’allarme dicendo che non c’è nessun pericolo democratico. La verità è che la sinistra pensa che ci siano alcune cose in Italia, dalla Rai alla Consulta fino al Quirinale, che sono “roba sua”.

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Cari amici di Tempi, non mi sarei mai aspettati che a 60 anni, dopo aver lasciato il Libano verso l’Italia all’età di 24, di dovere raccontare ai miei figli cosa sta accadendo a Beirut. Due mesi fa, eravamo tutti a Beirut – io, mia moglie e i miei quattro figli – e abbiamo girato in paesini che ora non ci sono più. Mi ricordo l’inizio della guerra libanese: palestinesi contro l’esercito libanese. Io avevo 8 anni; è da allora che si parla di questa crisi. In Libano si sono confrontati militarmente quasi tutte le fazioni: cristiani maroniti contro musulmani, musulmani contro sciiti, contro i drusi eccetera. Poi ci fu la pace, la vera pace. E lo testimoniano gli ultimi articoli apparsi su Tempi a proposito della solidarietà del popolo libanese dopo lo scoppio dei teledrin di Hezbollah. Una solidarietà basata su fatti, non su parole, una solidarietà che spacca la pietra. Mi faccio una domanda: come mai dopo circa ottant’anni la crisi israelo-palestinese persiste? Il Libano ha dato testimonianza di come, dopo vent’anni di guerra, le religioni potessero vivere assieme in pace. Cosa manca agli ebrei e ai palestinesi? Se guardassimo il Libano dall’alto, non troveremmo mai un paesino sunnita affiancato da uno sciita se non constatando che, in mezzo, c’è un paesino cristiano. La Chiesa in Libano fa da amalgama alle religioni. Ecco cosa manca in Israele, il popolo eletto da Dio: il perdono e l’accoglienza. Questa guerra non finirà finché non sarà sradicato un popolo. Ma questo non potrà succedere. Riuscirà Israele a bombardare i sentimenti, le idee, i pensieri degli sciiti libanesi? La mia non è una difesa di Hezbollah, ma nemmeno dell’attacco barbaro di Israele sul Libano. Quello che fa arrabbiare gli israeliani è la unione dei popoli, cristiani e musulmani come grazia di Dio. Già nel 1982, quando il Libano fu invaso via terra fino ad arrivare a Beirut, chiesero al governo libanese di formare un esecutivo cattolico maronita; il rifiuto fece sì che Israele dovette ritirarsi dal Libano. Senza perdono e senza accoglienza dell’altro questa guerra non finirà. La preghiera è l’unica arma che può cambiare il cuore delle persone, sperando che uno dopo l’altro, gli ebrei arrivino a perdonare e a vivere con i palestinesi come facciamo noi in Libano. Grazie per il vostro ascolto.

Jean Elia Fares

Caro Jean, quel che dici è senz’altro vero, ma vedo anche molte divisioni all’interno del campo cristiano. Penso che, da un punto di vista politico, il primo passo da fare sia quello suggerito da Elsy Oueiss, esponente del partito maronita Forze libanesi, in questa intervista a Tempi: «L’Iran ha bloccato tutto, ma i deputati dell’opposizione, non solo i cristiani, chiedono che venga convocato il Parlamento. Quello è il luogo dove discutere e votare: decide il Parlamento e noi applaudiremo chi sarà eletto. Nessuno può decidere prima. La guerra non può confiscare la sovranità dello Stato». È quel che ha chiesto anche il patriarca Rai: trovare una soluzione «inclusiva» per tutti i libanesi.

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Il Sabato, giornale cui ero abbonato, ogni tanto pubblicava in allegato qualche opuscolo (se non ricordo male, c’erano il catechismo di Pio X e Marx & Pelagio di Claudio Napoleoni). Penso che iniziative come queste potrebbero essere utili al dibattito culturale di oggi.

Liberato De Gregorio

Sarebbero senz’altro utili e ci piacerebbe molto fare qualcosa in proposito. Date tempo al tempo, ci arriveremo.

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Durante la mia carriera di insegnante sono stato segnato da esperienze negative ed amare, da cocenti delusioni di lavoro e di vita. Eppure, nonostante ciò, sono rimasto un ingenuo ed incorreggibile idealista. Il mio ideale di scuola è un luogo utopico, un sogno irrealizzabile nell’attuale assetto economico di stampo capitalistico. Un luogo di confronto e di scambio pluralistico ed orizzontale, senza voti e note disciplinari, senza la muffa burocratica e le gerarchie istituzionali, senza presidi-sceriffi, né gendarmi. Un contesto in cui discenti e docenti possano agire insieme, in un clima di autonomia e di creatività spirituale, in un rapporto dialettico incentrato sulla libertà di pensiero critico. Dunque, è una scuola distante ed antitetica all’emulazione goffa e maldestra di quei modelli aziendali, oramai anacronistici e decotti. È un ambiente di crescita e di formazione integrale dell’essere umano, in cui siano valorizzati i talenti e le potenzialità di ogni soggetto. Una comunità autentica, che promuova la partecipazione di tutti a forme di autogestione collettiva e diretta. Ogni “comunità scolastica” (si noti che non adopero il termine “istituzione”, un lessico “burocratese” e borghese) esprime in sé le proprie peculiarità e le proprie caratteristiche in quanto comunità sociale ed educativa, per cui ha bisogno di valorizzarsi nella propria identità più singolare ed originale. A tale scopo occorre che alla guida di ogni scuola non siano preposti degli ottusi burocrati, sovente ignoranti ed arroganti in virtù di un misero potere perlopiù coercitivo ed inquisitorio calato ed imposto dall’alto, bensì figure che siano elette democraticamente dal basso, ovvero partorite direttamente dal corpo vivo della comunità di base. Penso a figure di presidi elettivi, designati dalla base ed in carica a rotazione, con scadenza temporale. Insomma, è una scuola di autentica democrazia diretta e partecipativa. È una scuola che riconosca la dignità professionale ed umana dei docenti e la libertà di insegnamento, in quanto prerogativa peculiare ed essenziale. Dignità mortificata da fin troppo tempo, a causa di una sequenza rivoltante di “riforme” (temo sia più appropriato apostrofarle come “schiforme”), ossia provvedimenti liberticidi e regressivi varati da una lunga scia di governi, sia di centro-destra, sia di centro-sinistra, che si sono avvicendati in Italia negli ultimi trent’anni ed oltre, senza soluzione di continuità temporale.

Lucio Garofalo

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