Il fallimento della scuola in Venezuela è lo specchio del disastro di Maduro
Migliaia di insegnanti sono scesi in piazza il 22 e 23 ottobre in Venezuela per chiedere al governo di Nicolas Maduro stipendi dignitosi e scuole sicure dove lavorare. Alla protesta hanno partecipato professori di 17 stati su 23, molti altri, pur condividendo le stesse preoccupazioni dei colleghi, sono rimasti in classe temendo ritorsioni da parte del regime.
IN FUGA IL 40 PER CENTO DEI PROF
La situazione dell’educazione scolastica in Venezuela è drammatica ed è lo specchio più fedele del fallimento del regime. Negli ultimi due anni circa 148 mila insegnanti sono fuggiti dal paese, il 40 per cento del totale. Il settore dell’istruzione è ora gestito da 222 mila insegnanti coraggiosi, che vanno avanti nonostante paghe da fame e istituti che cadono letteralmente a pezzi, spesso senza acqua, servizi igienici ed elettricità. Anche il numero degli studenti è calato: da un lato a causa della massiccia emigrazione dal paese di 4,5 milioni di persone negli ultimi due anni, dall’altro per l’impossibilità delle famiglie di permettersi anche solo il biglietto dell’autobus per mandare i figli a scuola.
INFLAZIONE VICINA AL 200 MILA PER CENTO
Daixy Aguero ha partecipato alle proteste nella capitale Caracas, guadagna pochi dollari al mese e per sfamare la sua famiglia è costretta a vendere cosmetici agli angoli delle strade. Ai bambini della scuola materna dove insegna spiega sempre che «per vivere bisogna lavorare e bisogna studiare», dichiara all’Associated Press.
Il governo ha da poco aumentato il salario minimo del 350 per cento, portandolo a 15 dollari al mese. Ma con l’inflazione che alla fine dell’anno toccherà la cifra record del 200 mila per cento, anche un simile aumento non farà che perdere valore in poche settimane. Il sindacato degli insegnanti chiede per i suoi iscritti uno stipendio mensile di almeno 500 dollari.
«LA PIÙ GRANDE CRISI DI RIFUGIATI DELLA STORIA»
«Molti insegnanti sono fuggiti dal Venezuela», continua Aguero. «Non tutti riescono a sopportare la crisi in cui ci troviamo. Vendendo cosmetici nel fine settimana guadagno molto di più che insegnando. Questa è la nostra realtà ma nonostante tutto continuiamo a lavorare perché amiamo il nostro lavoro e facciamo del nostro meglio».
L’esodo dei venezuelani raggiungerà presto la cifra di cinque milioni di persone, secondo le Nazioni Unite. Circa cinquemila persone al giorno cercano di entrare in Colombia, che già ospita 1,4 milioni di profughi. Si tratta «della più grande crisi di rifugiati della storia dell’America latina, almeno di quella recente», ha dichiarato a Reuters pochi giorni fa Walter Stevens, ambasciatore dell’Unione Europea all’Onu a Ginevra.
Nonostante il Venezuela disponga delle più grandi riserve petrolifere del mondo, oggi riesce a produrre soltanto il 20 per cento del greggio che estraeva prima che Hugo Chavez lanciasse la rivoluzione socialista nel 1999 a causa della corruzione e dell’incapacità del governo di gestire l’economia. In Venezuela manca tutto: cibo, medicine e perfino l’elettricità. Ma la dittatura di Maduro, invece che riconoscere il proprio fallimento, continua ad andare avanti incolpando l’Occidente per le sue stesse carenze.
Foto Ansa
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