Il cinico azzardo di Joe Biden in Ucraina

Di Rodolfo Casadei
19 Novembre 2024
Perché il presidente Usa ha autorizzato solo ora Kiev a colpire in profondità il territorio russo? Secondo i suoi calcoli a rimetterci sarà solo l'amministrazione Trump, ma è un gioco pericoloso, con possibili tragici scenari
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Washington, 13 novembre 2024 (foto Ansa)
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Washington, 13 novembre 2024 (foto Ansa)

La versione ufficiale è che Joe Biden ha autorizzato l’utilizzo da parte di Kiev dei sistemi missilistici Atacms, che hanno una gittata massima di 300 chilometri, per colpire il territorio russo in profondità al fine di disinnescare l’imminente offensiva russo-nordcoreana volta a riprendere 600 chilometri quadrati della regione di Kursk occupati dall’agosto scorso da forze ucraine.

La versione ufficiosa è che intende complicare la vita al suo successore designato Donald Trump, che entrerà in carica il 20 gennaio prossimo e ha già annunciato mosse decisive (ma non rivelate fin qui) per mettere fine allo spargimento di sangue in terra ucraina e adiacenze russe.

I risultati possibili della mossa sono due, diametralmente opposti fra loro. Uno è che l’escalation targata Biden dissuada i russi dal proposito di guadagnare quanto più terreno possibile prima del cambio della guardia a Washington e finisca quindi per aiutare a definire i termini di un cessate il fuoco targato Trump, e non a provocare la Terza Guerra mondiale secondo i timori di Donald Trump jr.

L’altro è che il conflitto sfugga di mano agli Stati Uniti, che fino ad oggi hanno dettato i tempi del coinvolgimento occidentale al fianco di Kiev, e che Biden si veda incastrato nel tremendo dilemma fra entrare direttamente in guerra oppure tornare sui suoi passi a motivo della reazione russa, facendo così perdere credibilità all’America.

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky con il presidente incaricato americano Donald Trump, New York, Stati Uniti, 27 settembre 2024 (foto Ansa)
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky con il presidente incaricato americano Donald Trump, New York, Stati Uniti, 27 settembre 2024 (foto Ansa)

Erano gli Usa a non volere l’escalation

Per tutto il 2024 Biden si è negato a concedere l’utilizzo degli Atacms contro il territorio russo nonostante le reiterate richieste ucraine. Il suo timore era che tale via libera provocasse una rappresaglia russa che avrebbe colpito interessi americani, costringendo poi gli Usa a scegliere fra una controrappresaglia – che avrebbe segnato l’inizio di un confronto militare diretto fra Usa e Russia, con tutto ciò che questo avrebbe significato in termini di escalation verso la temuta Terza Guerra mondiale – e una mancata reazione alla provocazione russa che avrebbe indebolito lo standing strategico americano.

I patetici editoriali che si sono susseguiti sulla grande stampa borghese italiana per stigmatizzare la ritrosia dei governi europei, quello di Roma compreso, a dare semaforo verde all’Ucraina per l’utilizzo delle armi da loro fornite contro il territorio russo facevano sorridere per il loro eccesso di zelo e la distanza siderale dal dato di realtà: a non volere un’escalation della guerra era l’azionista di maggioranza della Nato, cioè Washington. Basti pensare che anche il più fedele alleato degli Usa all’interno dell’Alleanza atlantica nonché il più giurato dei nemici dell’espansionismo russo in Europa, e cioè il Regno Unito, ha manifestato la sua disponibilità a fornire agli ucraini i suoi missili Storm Shadows, che nella versione per l’esportazione hanno un raggio d’azione di 250 chilometri, ma solo se gli americani davano il loro permesso. Come ricordava ieri il Financial Times, «Downing Street ha detto che vuole il consenso del suo alleato sull’uso delle armi, a motivo delle preoccupazioni che una tale mossa provochi un’escalation, ma la Casa Bianca fino a questo momento si è rifiutata di dare il via libera».

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La strategia win-win di Biden

Cos’ha fatto cambiare idea a Biden, almeno per quanto riguarda le forniture americane? Un complesso di fattori.

Il presidente uscente da agosto non ha più il problema di doversi trovare a gestire in prima persona le conseguenze di una risposta russa e dal 5 novembre non ha più il problema di lasciare in eredità a un’amministrazione presidenziale del suo stesso segno politico (i democratici) la gatta da pelare. Può invece contare sull’ipotesi probabile che i russi non reagirebbero colpendo interessi americani dopo un eventuale utilizzo degli Atacms contro il loro territorio, perché questo potrebbe compromettere le prospettive di un accordo per loro vantaggioso una volta insediato Donald Trump. E può contare sull’altrettanto probabile ipotesi che i russi mettano in stand-by la prevista offensiva per la riconquista della regione di Kursk per non incorrere in perdite di uomini e materiali preziosi divenuti bersaglio degli Atacms.

Dunque la posizione attuale di Biden sembrerebbe win-win: se i russi reagiscono e la guerra si allarga, la mela avvelenata finisce nelle mani di Trump; se i russi non reagiscono, Biden si prende il merito di avere disinnescato l’offensiva su Kursk e consentito a Kiev (e a Washington) di conservare un’importante carta da giocare sul tavolo delle trattative per un futuro armistizio. E comunque vada, lui passerebbe alla storia come il presidente che ha fatto il possibile per difendere l’Ucraina contro le pretese russe, mentre il suo successore repubblicano parlava e agiva come uno che sta svendendo un alleato aggredito.

Soldati ucraini nel Donetsk, Ucraina, 13 novembre 2024 (foto Ansa)
Soldati ucraini nel Donetsk, Ucraina, 13 novembre 2024 (foto Ansa)

Credibilità americana

Questo scenario ha bisogno della cooperazione del governo ucraino, che dovrebbe in realtà trattenersi dall’usare le armi americane e accontentarsi del loro potenziale di deterrenza: la minaccia del loro utilizzo dovrebbe dissuadere i russo-nordcoreani dall’attaccare nella regione di Kursk. In subordine, Biden può lasciare che gli ucraini usino le armi americane contro il territorio russo, ma senza fornire assistenza: certamente la loro efficacia sarebbe ridotta, e quindi la rappresaglia russa meno funesta.

Nel caso che gli Atacms e gli Storm Shadows venissero effettivamente usati – in presenza o in assenza di un’offensiva russo-nordcoreana – con piena assistenza Usa e Nato, non è certo che i russi incasserebbero il colpo senza fiatare, in attesa del cambio della guardia a Washington. Potrebbe aprirsi un secondo ipotetico, tragico scenario. I russi potrebbero pensare che Biden ha le mani abbastanza libere per lasciar usare agli ucraini le armi a lunga gittata contro il loro territorio, ma non è abbastanza forte per far entrare gli Usa in guerra a causa di una loro reazione punitiva contro entità militari americane o alleate in Europa. Trump e l’opinione pubblica americana che in lui si riconosce, alcuni governi della Ue e la maggioranza delle opinioni pubbliche europee insorgerebbero contro la prospettiva di un presidente Usa uscente che dichiara di fatto guerra alla Russia. La rappresaglia russa resterebbe probabilmente invendicata, la credibilità americana ne uscirebbe indebolita. Per non rinunciare alla credibilità gli Usa dovrebbero allora entrare in guerra.

Il crinale su cui si muove la decisione di Joe Biden è questo, e sarebbe senz’altro stato meglio non avventurarcisi.

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