Il caso serio della misericordia

Di Gianteo Bordero
19 Ottobre 2015
Chesterton ce lo dice chiaramente: «Il nome del prezzo è Verità, che può anche essere chiamata Realtà; significa porsi di fronte alla realtà del proprio essere»

G-K-Chesterton-wiki

«Quando un cattolico ritorna dalla confessione entra veramente, per definizione, nell’alba del suo stesso inizio, e guarda con occhi nuovi attraverso il mondo. Egli sa che in quell’angolo oscuro, e in quel breve rito, Dio lo ha veramente rifatto a Sua immagine. Egli sta nella luce bianca dell’inizio, pieno di dignità, della vita di un uomo. Le accumulazioni di tempo non possono più spaventare. Può essere grigio e gottoso, ma è vecchio soltanto di cinque minuti».
Così, nella sua autobiografia, Gilbert Keith Chesterton racconta l’esperienza folgorante della confessione, l’incontro con la misericordia divina che segnò così radicalmente la sua vita. Egli si convertì confessandosi, all’età di 48 anni, nel 1922, scoprendo che proprio la Chiesa cattolica è l’unico luogo in cui un uomo può essere liberato dai suoi peccati e fare esperienza della misteriosa rigenerazione del proprio essere. Il lungo percorso che portò lo scrittore inglese ad aderire alla Chiesa di Roma fu infatti un’avventurosa ricerca di questo luogo in cui la persona può trovare una nuova vita dentro la solita vita, un nuovo cuore dentro il vecchio cuore, un nuovo respiro dentro l’affannoso respiro dei giorni.

Ma questo perdono, questa misericordia, questa rigenerazione dell’umano hanno un prezzo. Chesterton ce lo dice chiaramente: «Il nome del prezzo è Verità, che può anche essere chiamata Realtà; significa porsi di fronte alla realtà del proprio essere». L’inventore di Padre Brown ci ricorda quindi che non c’è perdono se non c’è verità. Verità sulla propria vita, su se stessi. La misericordia a buon prezzo non esiste, perché il cammino che bisogna compiere per ottenerla è scomodo, faticoso e impervio: è il cammino di riconoscimento del proprio limite, della propria miseria, dei propri tradimenti, delle proprie mancanze, della propria pochezza. È il cammino dell’abbassamento, dell’umiltà, del farsi piccoli per saper guardare con coraggio e lealtà alla propria esistenza. Farsi piccoli per diventare davvero grandi. È questo il paradosso cristiano, il paradosso della misericordia e soprattutto il gigantesco paradosso della croce: la morte che diventa vita. Morire a se stessi per vivere davvero.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]E dunque: il prezzo del perdono è la Verità, il prezzo del perdono è la Croce. Parlare di misericordia senza tener conto di tutto questo significa svuotare sin nel midollo la stessa possibilità di rigenerazione, di conversione, infine di gioia. Riconoscere i propri peccati, infatti, non è un rito oscurantista per caricarsi sulle spalle e nel cuore infiniti sensi di frustrazione, ma è una grande operazione di verità e di realismo, e quindi di libertà, sulla propria vita, un fare luce su ciò che di noi non vorremmo mai vedere, prendere sul serio, accettare. È un grande passo verso se stessi e un primo passo verso la grande luce del Suo amore. Il vero oscurantismo, dunque, non è il senso del peccato, ma la sua negazione, è il rifiuto del limite, la mancata presa di coscienza della fragilità, il coprirsi gli occhi di fronte alla propria cattiveria. Diceva ancora Chesterton: «Il peccato originale è la visione più lieta della vita umana», «non solo la più illuminante, ma anche la più incoraggiante».

Infine, se il prezzo pagato per il perdono è la croce, la Sua croce, è evidente che la misericordia è una questione tremendamente seria. Il caso serio della misericordia. Il caso serio del Suo amore. «Non è venuto per dirci frivolezze», scriveva Charles Péguy. E quindi non esiste, non può esistere un’idea frivola di perdono e di misericordia, in cui il pentimento, cioè l’operazione verità sulla propria vita e sul proprio essere, sul male compiuto, non viene contemplato oppure risulta annacquato. Non sarebbe serio, non sarebbe all’altezza dell’uomo… e neppure all’altezza di Dio. Non sarebbe vero!

«Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato» (Salmo 8). Il mysterium iniquitatis è infine dentro questo mysterium charitatis, che non è cosa diversa dallo splendor veritatis a cui, da duemila anni, la Chiesa ci introduce e ci educa: lo splendor veritatis del Golgota e del sepolcro vuoto, della croce e della resurrezione. Una verità più grande, non nata da mani d’uomo. La forza infinita della misericordia di Dio è dentro la forza infinita della Sua verità. Non separi l’uomo ciò che in Dio è unito!

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2 commenti

  1. SUSANNA ROLLI

    ..Se pensassimo e pregassimo di più, ci sarebbe la fila fuori dai confessionali (v. Padre Pio).
    Se pensassimo più profondamente alle parole di Gesù “perfino i capelli del vostro capo son tutti contati” -no, dico, TUTTI CONTATI- il prete dovrebbe chiamare i rinforzi per strattonarci fuori dal confessionale ove siamo entrati..Fosse vissuto oggi Gesù avrebbe potuto dire -per farci capire meglio quanto valiamo ai Suoi occhi- che PERFINO I FILAMENTI COSTITUITI DALL’ACIDO DESOSSIRIBONUCLEICO CHE CONTENGONO I GENI CHE COSTITUISCONO I 46 CROMOSOMI CHE FORMANO LE CELLULE DEL VOSTRO CORPO SONO TUTTI CONTATI.
    No, dico, TUTTI CONTATI!
    Ma -molto probabilmente, non capiremmo lo stesso.

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