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Contro l’ideologia che chiama “modello Riace” un sistema di reati

Il giudizio del Centro Studi Livatino sull'uso (anche da parte di Magistratura democratica) del caso Mimmo Lucano per attaccare governo e giustizia

Centro Studi Livatino
17/10/2018 - 16:11
Interni
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Mimmo Lucano, sindaco di Riace – foto Ansa

Tratto dal sito del Centro Studi Rosario Livatino – L’adozione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Domenico Lucano, sindaco di Riace, è stata utilizzata da molti commentatori come occasione per sollevare la questione della disobbedienza civile e per criticare la politica dell’attuale governo in tema di immigrazione.

Il Centro Studi Livatino, da sempre sensibile – memore delle riflessioni svolte sul tema dal magistrato siciliano cui ispira le proprie attività – al tema della legge ingiusta e dell’obiezione di coscienza, manifesta perplessità sull’indebito accostamento fra una questione di così elevato spessore morale e una vicenda giudiziaria che, pur essendo stata valutata solo in sede cautelare, nulla ha a che fare con l’imperativo etico di resistere alla norma positiva che violi diritti fondamentali della persona.

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Prima di formulare giudizi esaminiamo i fatti. Nell’ordinanza del Gip – confermata ieri dal tribunale del riesame quanto al quadro indiziario e pure molto critica su larga parte delle richieste del pubblico ministero –, si legge, fra l’altro:

«Il contenuto delle conversazioni ascoltate nel corso dell’attività investigativa lascia innegabilmente trasparire una modalità di gestione quanto meno opaca delle somme destinate agli operatori private per la gestione dei soggetti accolti nei progetti S.P.R.A.R. e C.A.S. (…)» (p. 28). «Nel corso dell’attività d’indagine emergeva la particolare spregiudicatezza del Lucano – nonostante il ruolo istituzionale rivestito – nell’organizzare veri e propri “matrimoni di convenienza” tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano (…)» (p. 69).

Ed infine:

«L’indagato vive oltre le regole, che ritiene d’altronde di poter impunemente violare nell’ottica del “fine che giustifica i mezzi”; dimentica, però, che quando i “mezzi” sono persone il “fine” raggiunto tradisce, tanto paradossalmente quanto inevitabilmente, quegli stessi scopi umanitari che hanno sorretto le proprie azioni» (p. 125).

Ciò avrebbe dovuto consigliare prudenza nel commentare la vicenda Riace; soprattutto avrebbe dovuto evitare impropri accostamenti col tema della resistenza alla legge ingiusta.

Spiace invece constatare che, oltre a commentatori poco attenti ai fatti, anche magistrati abbiano strumentalizzato la vicenda per attaccare i giudici di Locri e la politica dell’esecutivo in tema di immigrazione.

Con nota, infatti, del 14 ottobre Magistratura democratica critica il provvedimento del dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno di revoca per il Comune di Riace del contributo per il progetto Sprar (il contributo era stato concesso con un decreto dello stesso ufficio del dicembre 2016).

Secondo Magistratura democratica, per firma della sua segretaria generale e del suo presidente, ciò in realtà decreta «la fine del modello di integrazione e di pacifica convivenza rappresentato da Riace» e costituisce un passo ulteriore verso il «rifiuto dell’idea e del progetto di comunità» voluto dalla Costituzione, integrando «gesti di rottura con i suoi valori fondanti». Da ciò l’appello a «far sentire la propria voce e riaffermare il forte senso di appartenenza» al progetto solidale proprio della Costituzione medesima.

Manifesto a favore del "modello Riace" e di Mimmo Lucano - foto Ansa

Il Centro Studi Livatino manifesta sorpresa per il fatto che una delle componenti associate della magistratura italiana:

  1. indica come «modello di integrazione e di pacifica convivenza» un meccanismo che, alla stregua di quanto emerso: 1) ha conosciuto l’organizzazione di finti matrimoni al fine di procurare falsi titoli di soggiorno e la consumazione di reati di falso da parte di pubblici ufficiali; 2) è consistito nel far «entrare nel sistema di accoglienza chi sceglieva lui» (il sindaco Lucano), come ha dichiarato lunedì al Corriere della Sera il prefetto Mario Morcone, capo di gabinetto del ministero dell’Interno nel governo precedente;
  2. qualifica l’iniziativa attuale del ministero dell’Interno in termini di rottura del patto democratico fondato sulla Costituzione, pur se l’ultimo provvedimento costituisce lo sviluppo di un accertamento partito quando il titolare del dicastero era il senatore Marco Minniti perché – sono sempre parole del prefetto Morcone – «i fondi li mette a disposizione il ministero dell’Interno, se le cose non funzionano la segnalazione è d’obbligo», e le anomalie sono state rilevate circa due anni fa dall’«Anci, l’associazione dei Comuni da cui dipendono i progetti Sprar». Andrebbe pertanto chiarito se del complotto anticostituzionale siano parte anche i componenti dell’esecutivo Gentiloni e l’Anci;
  3. ritiene in linea con i princìpi solidaristici a base della Costituzione, fra l’altro, l’individuazione di persone anziane a Riace – o di stretti parenti – da prospettare come coniugi a giovani migranti cui le commissioni asilo, di cui sono parte anche rappresentanti dell’Unhcr, non hanno riconosciuto il diritto alla protezione.

È vero, ogni valutazione sulla vicenda è “allo stato degli atti”. Gli elementi di fatto che emergono dai documenti prima citati – direttamente consultabili da chiunque al fine di formare una propria opinione – saranno riconsiderati sulla base degli sviluppi del procedimento penale e della eventuale decisione del giudice amministrativo in caso di impugnazione del provvedimento del ministero. Nel frattempo, sarebbe auspicabile da parte di tutti senso delle istituzioni e ripudio di tesi ideologiche.

Foto Ansa

Tags: centro studi livatinodomenico lucanoimmigrazionemagistratura democraticaMigrantimodello riaceriace
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