«I voti della Lega Nord? Potrebbero finire anche a Di Pietro»

Di Daniele Ciacci
10 Aprile 2012
I tre sondaggisti Renato Mannheimer, Antonio Noto e Nicola Piepoli avanzano qualche ipotesi sul possibile futuro di una Lega senza Bossi e oltre Bossi. che cosa accadrà? Difficile dirlo. Per Mannheimer, in caso di tracollo, i consensi del carroccio potrebbero finire ovunque. In parte anche nell'Italia dei Valori.

Se c’è una cosa chiara, in questa storia, è che non c’è nulla di chiaro. Lo rivelano i tre sondaggisti intervistati da tempi.it per far luce sul futuro della Lega Nord all’indomani dell’abdicazione di Umberto Bossi e l’istituzione di un triumvirato temporaneo formato da Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago. In particolare, sono poche le certezze per il prossimo futuro. Antonio Noto, sondaggista di Ipr marketing, si sbottona un po’: «In questi casi non c’è mai un rapporto diretto causa-effetto. La pubblica opinione si forma un giudizio sull’accaduto in tempi lunghi». Anche Nicola Piepoli, dell’omonimo istituto, pensa al prolungarsi di una situazione di stallo: «All’inizio non succederà nulla. Sicuramente, tra qualche tempo, si istituirà un comitato direttivo formato da Maroni e da altri sottoposti, e tra un anno l’ex ministro dell’Interno prenderà il posto del Senatùr».

Persino Renato Mannheimer di Ispo ammette un certo imbarazzo nel prevedere la strada del Carroccio: «Non la sa nessuno. È probabile un’ulteriore disaffezione dell’elettorato dei partiti in generale, e una forte crisi dell’elettorato della Lega». Gli fa eco Noto: «Nel caos, non si riescono ad aggregare nuovi elettori. A chi si rivolgerà la Lega? Al centrodestra, in un’ottica di riunificazione, o piuttosto rimarrà un partito completamente autonomo, come voleva Bossi? Dipende da quale linea prevarrà». Di fatto, secondo Piepoli: «Bossi è la Lega» e il carisma del Senatùr è decisamente diverso da quello dei tre triumviri: «Perché Maroni ascenda è necessario che si unisca a chi è migliore di lui. E questo è difficile che capiti, in tutti i campi, a causa dell’invidia personale. Se Maroni riuscisse a mantenere salda la Lega, unendo a sé le personalità di spicco dell’ambiente del Carroccio, sarebbe un vero eroe».

Ma è una strada non priva di insidie, e la Lega Nord aveva in Bossi il suo collante naturale. Noto scopre gli altarini: «Qualche mese fa, erano quattro le correnti interne al Carroccio, legate a vari personaggi: Bossi, Maroni, Matteo Salvini e Mario Borghezio. Quest’ultimo, che rappresenta l’area più oltranzista, raccoglie il 5 per cento dei consensi. Salvini, che rappresenta una sorta di ponte tra bossiani e maroniani, come mediatore ottiene un 15. Maroni stacca Bossi di venti punti percentuali». Le fratture interne, tuttavia, difficilmente mineranno la possibilità di rivedere il partito, magari sotto altre forme, alle elezioni del 2013. «Lo spazio per un partito come la Lega esiste – dice Piepoli -. Così come in Francia se venisse a mancare  il Fronte Nazionale, qualcun altro ne occuperebbe il posto con un nome simile, così accadrebbe in Italia. Infatti le istanze leghiste prescindono la Lega stessa. Cambiano i partiti, ma le motivazioni restano». Sulla stessa scia l’opinione di Mannheimer: «L’elettorato della Lega è sicuramente molto composito, ma nello stesso tempo è unito da un sentimento abbastanza militante. L’erosione, a mio parere, sarà meno forte di quel che si pensa». Ma, in caso di un completo tracollo del partito, come si disperderebbe l’elettorato? Mannheimer fa spallucce: «È un lancio di dadi: potrebbero finire dappertutto. Sicuramente, una parte si avvicinerà ai moderati del centrodestra. Un’altra, più estrema, è capace di votare persino Antonio Di Pietro, per la sua radicalità».

twitter: @DanieleCiacci

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