I turchi distruggono o rimuovono statue curde e assire

Di Rodolfo Casadei
10 Gennaio 2017
Le nuove autorità turche di Diyarbakir distruggono un monumento commemorativo di una strage di curdi e rimuovono i leoni alati assiri

roboski

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Del crescente clima di tensione fra autorità turche e popolazione curda in Turchia fanno le spese persino i monumenti. A Diyarbakir, dove i due co-sindaci sono stati deposti e arrestati nell’ottobre scorso per asserite complicità con la lotta armata del Pkk, lunedì mattina è stato distrutto, su ordine del commissario prefettizio Mustafa Kilicin che ha assunto i poteri dopo l’estromissione dei sindaci, il monumento che ricordava la strage di Roboski, un evento accaduto la sera del 28 dicembre 2011. Un gruppo di una quarantina di contrabbandieri curdi, originari dei villaggi di Ortasu e Gülyazi della provincia di Sirnak, furono attaccati alla frontiera fra Turchia e Iraq da due F-16 dell’aviazione militare turca che li aveva scambiati per guerriglieri del Pkk. Morirono 34 persone, 18 delle quali minorenni.
I turchi erano stati allertati dall’intelligence americana, i cui droni avevano inquadrato il gruppo sospetto qualche giorno prima dell’incidente. Successivamente il gruppo era stato spiato da droni turchi, fino al momento in cui era stato dato l’ordine dell’attacco. Molti degli uccisi facevano in realtà parte di una milizia di villaggio anti-Pkk, e stavano trasportando diesel e sigarette di contrabbando a dorso di mulo, un’attività illegale molto praticata al confine fra Iraq e Turchia.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Nei giorni successivi all’incidente molte manifestazioni di protesta in varie località del paese, promosse da gruppi curdi, erano sfociate in incidenti con arresti e danneggiamenti. Lo stesso governatore Naif Yavuz aveva rischiato di essere linciato dalla folla. Le autorità avevano offerto alle famiglie delle vittime indennizzi in denaro in cambio della rinuncia all’azione penale contro i responsabili. Le famiglie avevano rifiutato e imboccato la via giudiziaria, che avrebbe riservato loro cocenti delusioni. L’11 giugno 2013 la procura di Diyarbakir concludeva le sue indagini trasferendo il caso alle autorità militari, avendo appurato che si trattava di omicidio non intenzionale, dovuto a negligenza. Nel giro di sei mesi la procura militare archiviava l’inchiesta, comunicando che i cinque ufficiali dell’aviazione inquisiti «avevano commesso un grosso errore ma avevano compiuto il loro dovere eseguendo gli ordini».
L’ordine del bombardamento era infatti arrivato dallo Stato maggiore ad Ankara. Una commissione d’inchiesta parlamentare si era conclusa in modo simile nel marzo 2013, nonostante il voto contrario di una minoranza di deputati. Il 30 dicembre 2013 in un parco di Diyarbakir era stato inaugurato un monumento commemorativo della strage, opera dello scultore Suat Yakut. L’opera era costituita da una piattaforma di cemento dai contorni irregolari ricoperta di marmo nero che portava sui bordi i nomi delle vittime; al centro di essa era collocata la statua di bronzo di una donna in ginocchio con le braccia alzate al cielo, circondata da otto missili di metallo piantati sulla superficie della piattaforma. Dal 9 gennaio dell’opera resta solo la soletta di cemento, dalla quale è stato scalpellato via il rivestimento che recava i nomi delle vittime, mentre la statua di donna e gli otto missili sono stati rimossi.

Il nuovo amministratore di Diyarbakir non si è accontentato di distruggere quello che era diventato un simbolo delle rivendicazioni curde verso il governo centrale: ha eliminato la maggior parte della segnaletica bilingue togliendo il curdo e tenendo solo il turco, e ha rimosso una grande statua di bronzo di ispirazione assira collocata di fronte alla sede centrale dei vigili urbani nel quartiere di Amed. Si trattava della riproduzione del celeberrimo leone alato con testa umana, divinità assira nota col nome di Lamassu. Molti degli originali, antichi 3 mila anni, sono stati distrutti dall’Isis nel vicino Iraq.

@RodolfoCasadei

Foto da internet

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