I teologi pandemici e l’eugenetica imprevista

Di Aldo Vitale
03 Febbraio 2022
Non curare i no vax? Lo dice la laica Consulta di Bioetica, ma stupisce che la posizione si avallata da un teologo come Mauro Cozzoli
corsia di ospedale

corsia di ospedale

«Silete theologi in munere alieno»: quando Alberico Gentili formulò la celebre sferzata anti-teologica, probabilmente provava un lugubre senso di frustrazione dinnanzi alla mancanza di rigore logico e assiologico che i teologi delle sua epoca manifestavano su certi argomenti, tanto da avvertire l’esigenza di silenziarli elegantemente, ma inappellabilmente.

Con il Gentili chi scrive condivide il medesimo senso di frustrazione, soprattutto dinnanzi alla incresciosa e quasi ripugnante prospettiva etica, tanto cristianamente insulsa quanto teoreticamente anemica, da taluni esternata nel corso del tempo in genere e del tempo pandemico in particolare.

In questa direzione, occorre precisare che in data 17 gennaio 2022 su Quotidianosanità.it è stato pubblicato un intervento della Consulta di Bioetica con cui i suoi firmatari (tra cui spiccano Maurizio Mori e Demetrio Neri) ha chiarito che in caso di carenza di posti in terapia intensiva per ricoveri covid occorre dare la preferenza ai pazienti che si sono vaccinati rispetto a coloro che non si sono vaccinati poiché questi ultimi avendo deciso di esporsi a rischi maggiori devono assumersi la responsabilità della loro scelta.

Questa posizione da parte degli esponenti della cosiddetta “bioetica laica” non dovrebbe sorprendere, poiché già nota la propensione di costoro di indulgere verso il pensiero utilitarista ricorrendo quindi all’idea che ci possa e ci debba essere una forma di utile sociale in base a cui negare o perfino sopprimere certi diritti individuali.

L’utilitarismo, in fondo, altro non è che il fondamento dogmatico dell’attuale bioetica laica che ad esso sempre ricorre per la risoluzione delle controversie bioetiche.

Scelte di vita soggettive

In questa prospettiva, dunque, il criterio dell’utile impone di sanzionare positivamente chi ha fatto ricorso al vaccino, assicurandogli un posto in terapia intensiva, e sanzionare negativamente chi non ha fatto ricorso al vaccino, escludendolo dalla terapia intensiva.

Occorre preliminarmente precisare, tuttavia, almeno tre profili.

In primo luogo: non è detto che la carenza di posti in terapia intensiva provochi un conflitto tra vaccinati e non vaccinati, poiché con i pochi posti a disposizione e gli alti tassi di vaccinazione, il conflitto potrebbe ben porsi tra vaccinati, evidenziandosi l’insufficienza etica del criterio proposto.

In secondo luogo: da un punto di vista strettamente giuridico nessuna norma – neanche l’articolo 32 della Costituzione – prevede la possibilità di tutelare il diritto alla salute in base al criterio tracciato dalla Consulta di bioetica.

In terzo luogo: nel caso di specie si rischia di introdurre non tanto un criterio di risoluzione delle controversie in caso di insufficienza delle risorse sanitarie, ma un criterio di meriti sociali in dipendenza delle scelte di vita soggettive, con pericolosissime conseguenze che si addensano all’orizzonte.

Tesi anti-cattolica

Che la Consulta di Bioetica abbia assunto una tale posizione, tuttavia, non è certo una sorpresa poiché i paradigmi etico-filosofici e antropologici e giuridici su cui essa si fonda (secolarizzazione, laicismo, relativismo, utilitarismo, materialismo, positivismo ecc) sono ben noti; ciò che suscita stupore è che a tale impostazione possano aderire con incredibile disinvoltura e leggerezza certi teologi cattolici, come Mauro Cozzoli.

Quest’ultimo, in un suo intervento pubblicato sulla medesima suddetta rivista in data 20 gennaio 2022 ritiene condivisibile il documento della Consulta di Bioetica chiarendo per di più che «deve valere il principio etico del favor vitae, volto a dare la precedenza a chi dai mezzi ancora disponibili può trarre il maggiore e più coerente beneficio di vita per sé e per gli altri».

Se già la fragilità etica e giuridica della posizione espressa dalla Consulta di Bioetica emerge con chiarezza, l’opacità della tesi di Cozzoli è ancor più evidente.

Cozzoli, infatti, non soltanto non si rende conto della grave anti-cattolicità delle tesi esposte della Consulta di Bioetica, avallandole perfino come se i dati del magistero sull’assistenza ai malati, ai fragili, ai peccatori non esistesse, ma per di più confonde il principio dell’utilitarismo che fonda la posizione della Consulta di bioetica con quello del favor vitae che dovrebbe, invece, fondare l’azione e la riflessione morale cattolica.

Obesi, fumatori, tossici

Insomma, un vero e proprio naufragio etico e teoretico.

Cozzoli, infatti, non si accorge del problema principale, cioè che un tale meccanismo oggi ritenuto valido per chi non si è vaccinato potrebbe benissimo essere esteso praticamente senza limiti, introducendo una elisione della tutela del diritto alla salute – che è e rimane un diritto fondamentale, cioè intangibile e insopprimibile, specialmente da parte dell’autorità politica e statale – in base alle scelte soggettive dell’individuo.

In questo senso si potrebbe negare l’assistenza sanitaria agli obesi, ai fumatori, ai tossicodipendenti e magari anche ai condannati per reati violenti di omicidio, stupro, rapina, mafia o terrorismo.

E perché, allora, non procedere anche nei confronti di coloro che – sebbene non l’abbiano di certo scelta – possiedono comunque una responsabilità naturale, magari ereditaria, escludendo, quindi, anche quanti sono portatori di patologie genetiche, croniche ed ereditarie le quali comportano senza dubbio dei costi maggiori per il sistema sanitario rispetto a tutti quei pazienti che ne sono sprovvisti sottraendo a costoro il posto letto di ricovero?

Fragilità etica

Cozzoli – come del resto la Consulta di Bioetica – non tengono in dovuta considerazione, quindi, né la reale natura giuridica del diritto alla salute, né le evidenti potenzialità di carattere eugenetico che sono insite nel loro ragionamento.

Tuttavia, che una certa deriva eugenetica possa essere contenuta all’interno del pensiero bioetico della Consulta laica non stupisce, ma che la stessa visione possa essere acriticamente condivisa – senza per di più coglierne la gravità – da un teologo cattolico suscita più che stupore, puro orrore.

Tutti costoro, peraltro, dimenticano – ignorando la concreta specificità giuridica del problema – che i non vaccinati hanno magari contribuito per decenni alle spese sanitarie tramite il pagamento dei tributi e delle imposte necessarie al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (come per esempio l’Irap), avendo diritto – quindi – paritariamente a tutti gli altri alla prestazione sanitaria da parte dello Stato.

Insomma, che il rigore teoretico della cosiddetta bioetica laica fosse già da tempo traballante era evidente, ma che ad esso si debba aggiungere anche la fragilità etica della cosiddetta bioetica cattolica non può che destare inquietudine.

Nell’attesa che gli uni e gli altri si accorgano delle falle, soprattutto giuridiche, dei propri teoremi reciprocamente sostenuti, non si può far altro che ritenere che la posizione di certi teologi cattolici – soprattutto nell’era del delirio pandemico – integri l’aspra, ma corretta critica di Nicolas Gomez Davila secondo cui, nel tempo odierno, «l’obbedienza del cattolico si è tramutata in un’infinita docilità a tutti i venti del mondo».

Foto Ansa

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1 commento

  1. GIUSEPPINA CARONNI

    La ringrazio per questo sistematico intervento, che condivido in pieno. Sono mesi che faccio presente come sia totalmente fuorviante l’approccio alla problematica no-vax/diritto alle cure non tenendo conto che CHIUNQUE, cittadino contribuente, ha già ampiamente anticipato, con il pagamento delle imposte, il proprio diritto alla cura (lo dico da cittadina vaccinata e che si è pure fatta il Covid). Se il diritto di scelta non era lecito, lo Stato doveva procedere semplicemente introducendo l’obbligatorietà del vaccino e gestendosi con attenzione “scientifica”, cioè dandogli peso, gli eventuali casi di reazioni avverse possibili e avvenute, prevedendo eventualmente interventi di sostegno a chi in tale situazione si è venuto a trovare. Negare la presenza di criticità sotto gli occhi di tutti non aiuta chi si trova in situazioni problematiche, che richiedono attenzione ed accompagnamento, a fare la scelta più giusta (che, in tali situazioni, può essere l’una o l’altra) .
    Ma ciò che maggiormente mi rattrista è vedere come tale posizione poco ragionevole sia assunta anche da medici e personale paramedico di dichiarata “appartenenza” cattolica, dove forse l’uso del semplice buon senso e il ricorso all’ormai fuori moda giuramento di Ippocrate dovrebbe cambiare la prospettiva del punto di vista. Mi chiedo se questa domanda (chi curo e a chi dare la precedenza) se la sarebbe posta Madre Teresa. Ma non è questo il vero punto di vista che ci dovrebbe interessare?
    Cordialmente,
    giusy Caronni

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