I registri delle unioni civili? «Sono un flop». E non lo dice Tempi ma Repubblica

Di Redazione
01 Giugno 2013
Risibile il numero delle coppie di fatto che si sono "ufficializzate" presso il proprio comune. E le giunte coinvolte spiegano: «Colpa dello Stato, serve una legge nazionale»

I registri comunali delle unioni civili? Sono un «flop». Il dato è conosciuto ma diventa una notizia se a constatarlo è un giornale tifoso dei “nuovi diritti” come Repubblica. In un articolo pubblicato nel sito internet del quotidiano, infatti, Caterina Pasolini scrive con delusione che «gli italiani che decidono i mettere i loro nomi in coppia sui libroni che raccolgono le unioni civili» sono «pochi, duemila in tutto il paese, e sempre meno ogni anno. Troppe pagine restano troppo spesso bianche nei 137 comuni italiani che le hanno adottate, per accogliere chi non può o non vuole sposarsi».

«NUMERI A DUE CIFRE». A parte le «rare eccezioni» come Bari (729 unioni) e Milano (650 unioni da settembre, di cui una su quattro gay), secondo Repubblica «da Bolzano a Napoli passando per Trento, Bologna, Firenze o Roma, i numeri sono rigorosamente a due cifre». Alcuni esempi? A Napoli le coppie iscritte al registro, istituito con parecchio clamore mediatico dal sindaco arancione De Magistris, sono appena 20. «A Pisa, dove il registro esiste da sedici anni – prosegue Caterina Pasolini – sono solo 56 le persone, etero e gay, che hanno deciso di mettere su carta la loro storia d’amore, di annunciare il loro essere famiglia». Emblematico poi il caso di Torino: «Se nel 2010 si erano iscritte in 84, ogni anno il numero si dimezza, 48 nel 2011 e da gennaio sono solo 9 le nuove coppie sul registro del capoluogo piemontese». A Gubbio, addirittura, «dopo dieci anni si erano iscritti solo in due», quindi il registro «è stato chiuso», lamenta Repubblica.

I motivi del fallimento? Il quotidiano ovviamente non rinuncia a una delle sue battaglie più sentite e infatti dà voce ad alcuni amministratori delle giunte coinvolte, che spiegano: «Si iscrivono in pochi perché pochi diritti può dare il Comune», ragion per cui «ci vuole una legge nazionale». È la tesi, per esempio, dell’assessore torinese alle Pari opportunità Cristina Spinosa. Molto più rivelatrice l’argomentazione consegnata a Repubblica di Cristiana Giachi, omologa di Spinosa nella giunta di Firenze, dove le coppie iscritte al registro delle unioni civili sono solo 97, «per la maggioranza etero»: il registro, spiega Giachi, «è soprattutto un simbolo istituzionale», il suo intento era più che altro quello di mandare «un segnale per il governo, in attesa di una legge che riconoscesse pari diritti a tutti, soprattutto per chi non può sposarsi anche se lo vuole, come i gay».

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6 commenti

  1. Bifocale

    I registri dei Comuni in quanto sono puramente simbolici e dunque non hanno alcun appel per la comunità omosessuale, che chiede un riconoscimento giuridico – fatto di diritti e doveri – a livello di Stato. Le esperienze degli altri Paesi dimostrano che riconoscere e tutelare giuridicamente le coppie dello stesso sesso non provoca nessuno scombussolamento, non è La Fine dei Tempi, non vi sono crolli demografici, le famiglie create da coppie eterosessuali continuano tranquillamente la propria esistenza, anche perchè a loro non viene tolto niente. Anzi, viene tutelato il futuro di quel 5% circa di famiglie ‘tradizionali’ nelle quali nasce un figlio che in futuro scoprirà di essere gay, o lesbica. La catastrofe e la distruzione del mondo così come lo conosciamo paventata dai soliti allarmisti di professione oltretutto è una paura irrazionale che è stata enormemente gonfiata a livello mediatico, in quanto stiamo pur sempre parlando di una minoranza della popolazione.

    1. Wolf

      Hai ragione, basta con le cose simboliche: un bel centomila euri a coppia e vedrai quanti matrimoni gay!

    2. giovanna

      pensa te, a causa di questa minoranza della minoranza ( la maggior parte degli omosessuali ha in orrore il matrimonio e gli omosessuali sono meno,molto, molto , molto meno del 5% della popolazione) dovremmo essere costretti a spiegare ai nostri figli che il rapporto uomo-donna è uguale a quello donna-donna, uomo-uomo,trovarcelo scritto sui libri scolastici, che i bambini si possono comprare in allegria, che uno può decidere se si sente uomo o donna, che il rapporto omosessuale è sano come quello eterosessuale, che essere uomo o donna è una cosa ininfluente e poi si potranno adottare bambini orfani in modo da privarli per tutta la vita della figura maschile o femminile, ..ecc ecc ecc…e guai a chi fiata , oltretutto !
      Assomiglia molto alla storia che di divorzio un bambino non muore, ma certo tutti i dati e le statistiche ci dicono le conseguenze del divorzio, dal senso di precarietà che angoscia molta gente e gonfia le file presso psichiatri e psicanalisti, al numero dei suicidi, alla delinquenza giovanile, abbandono deggli anziani ( ah, ma per quello c’è pronta l’eutanasia, pas mal ): chiunque in buona fede, con pò di cuore e di cervello, vede che una famiglia debole o assente è un grave danno per la società, per tutti, anche per gli omosessuali, che in gran parte lo sanno. Ma il potere del denaro è enorme, concordo con Hughes.

      1. Paola

        Cara Giovanna…
        il punto è che cosa spiegherai a tuo figlio qualora ti dovesse dire di essere omosessuale…

        1. Q.B.

          Posso risponderti anche io.

          Come insegna la Chiesa e come suggerirebbe l’amore che un genitore prova verso i figli non gli negheremmo la Verità, ma ancor meno gli negheremmo l’amore di cui avrebbe bisogno e in dosi ancor più massicce.

          Un essere umano che arriva a pervertire la propria natura lo fa perchè soffre, e facendolo soffre. Se un figlio soffre non lo abbandoni ma gli stai accanto fino a consumarti in lui.

  2. Hughes

    I registri dei Comuni sono snobbati ma non solo perché manca una legge nazionale. In Spagna, dove gli omosessuali possono sposarsi, i numeri indicano uno scarso appeal del matrimonio nella comunità gay. La verità è che questa “esigenza” è stata enormemente gonfiata a livello mediatico. Ai gay non frega sostanzialmente nulla del matrimonio, ciò che conta per le lobby omosessualiste è fare approvare leggi che contribuiscano alla destrutturazione, nell’immaginario collettivo, del concetto stesso di famiglia come relazione tra un uomo e una donna e all’affermazione di una ideologia individualista ed edonista, in cui i desideri individuali vengono riconosciuti dallo Stato. Naturalmente questo fa molto comodo a chi fa affari d’oro con questi desideri, come le aziende che si occupano del mercimonio di ovuli o dell’affitto, per quattro soldi, di uteri di povere donne indiane che spesso muoiono per partorire quei bimbi che vengono loro strappati per essere consegnati a facoltose coppie gay in Occidente. Alla faccia del rispetto dei diritti dei bambini e della dignità delle donne.

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