Lettere al direttore

I punti vivi del Corvetto, il positivo in Toscani, i tagli all’Università

Di Emanuele Boffi
21 Gennaio 2025
Come si può parlare del quartiere di Milano senza scadere nella retorica, la segnalazione di un lettore e la morte del celebre fotografo
Yehia Elgaml, padre di Ramy, il ragazzo morto in seguito a un inseguimento dei Carabinieri, 8 gennaio 2025 (foto Ansa)

Caro direttore, devo ammetterlo: non se ne esce più! Ogni sera che Dio manda in terra, alle ore 20.30 su Rete 4 si alza il sipario su un grottesco teatrino, dove un filosofo “cattolico”, già prestato anni fa alla politica, ora gestisce un caravanserraglio mediatico fra urla, becerume vario e opinioni di discutibili opinionisti, sempre su un unico tema: gli accadimenti del Corvetto (moto che non rispetta l’alt della polizia, inseguimento notturno tra le vie di Milano e finale tragico con morto). Avvenimento doloroso che testimonia la realtà delle nostre città, con una polizia sotto pressione quotidiana e vandali che approfittano per organizzare cortei giusto per sovvertire il naturale e civile ordine pubblico. Ora, tra filmati incredibilmente messi in onda e curve da stadio pro o contro i protagonisti della vicenda, sarà la magistratura ad occuparsi delle responsabilità ultime per questo finale mortale. A me personalmente preoccupa e mi stizzisce cospicuamente come si veicoli la comunicazione televisiva intorcinata da ore di bla bla inconcludenti che servono solo ad agitare animi contrapposti, “magistralmente” messi in primo piano dal “domatore”, a vomitare sentenze con la scusa del pluralismo del dibattito. Non è questo un bello spettacolo da parte di chi opera nell’informazione. Non è questo che serve per trovare il bandolo della matassa sociale e far emergere il desiderio di lavorare per il bene comune. Ma, se fosse un attimo attento e curioso, il filosofo intrattenitore la soluzione e il metodo informativo se la troverebbe in casa: infatti nei giorni a ridosso dell’accaduto il telegiornale della rete da cui trasmette il suo teatrino circense, ha mandato in onda un bellissimo servizio su un’opera educativa e di accoglienza realizzata da anni dalle suore nella parrocchia di quel quartiere che ha registrato una inaspettata reazione da studio di grande ammirazione per le suorine da quel comunista del direttore dell’Unità (che il bel reportage di Ubaldo Casotto su Tempi di gennaio ha ben documentato). Caro direttore, è da lì che bisogna partire! Non c’è stato un talk in questi mesi che trattando il fattaccio abbia avuto l’idea di andare a guardare il lavoro positivo di queste realtà di volontariato. Non c’è stato un politico, un sociologo, un educatore scolastico che abbia posto come fondamentale il lavoro quotidiano di queste associazioni. Ma dove vogliamo andare se non si riconosce e diamo voce e visibilità agli strumenti che aiutano a cambiare il volto di un territorio? E allora, non basta che ce la cantiamo e ce la suoniamo tra di noi con il racconto giornalistico ineccepibile come quello di Casotto. Chi è addentro nei meccanismi della comunicazione deve insistere che, per esempio, anche per una sera, vengano ospitati dalle ore 20.30 su Rete 4, i responsabili delle associazioni e che per una volta i politici e gli opinionisti che vengono regolarmente ospitati tacciano, ascoltino e se riescono si confrontino onestamente con queste realtà. Potrebbero sentirli con meraviglia anche i fedeli ascoltatori televisivi. E forse, da lì, da quel gesto di inaspettata comunicazione, qualcosa potrà cambiare.

Carlo Candiani

Aggiungo solo che c’è un altro punto di vista che, in tutta questa storia, è giusto evidenziare. È quello del padre di Ramy, il signor Yehia Elgaml, da cui ho sentito pronunciare solo parole intelligenti e di buon senso. Pur nel dolore della perdita, ha sempre fatto in modo che la morte del figlio non fosse presa a pretesto per fomentare la rivolta.

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Mi ha molto colpito il silenzio sotto cui è passato il taglio dei fondi per le Università pubbliche che è stato fatto nell’ultima parte dell’anno scorso. Taglio, peraltro, ben congegnato – ci vuole un po’ di dimestichezza coi tecnicismi che governano le varie voci dei trasferimenti e che sinteticamente vanno sotto l’etichetta di Fondo di Finanziamento Ordinario-FFO per capire cosa è successo – e che colpisce di fatto i giovani ricercatori (quelli che poi ci lamentiamo che vanno all’estero). Comunicato a fine settembre (con riferimento all’anno in corso) – quando, cioè, le procedure per le selezioni erano già praticamente concluse – non ha lasciato molto margine di azione. Uno degli indicatori fondamentali per le Università è il rapporto tra costo del personale e FFO: se diminuisce quest’ultimo automaticamente il rapporto si alza (cosa che non è possibile fare salvo ulteriori penalizzazioni) e non c’è più spazio per procedere con le assunzioni (anche volendo e potendo tagliare altre voci). Bel risultato, le pare? Che il sistema universitario non sia al centro dell’attenzione (nonostante i ripetuti proclami) non è una novità. Che il suo giornale sia “filogovernativo” è evidente. Avrei sperato che la consueta capacità di portare l’attenzione anche sulle cose un po’ più scomode (che apprezzo molto) si fosse manifestata anche verso l’Università. Grazie dell’attenzione.

Terry Torre Genova

Gentile Terry, siamo una piccola redazione che cerca di proporre qualche spunto di riflessione e dibattito, ma ovviamente non possiamo occuparci di tutto. Per quanto riguarda il taglio dei fondi di cui lei parla, abbiamo chiesto a chi se ne intende più di noi e ci è stato confermato che quanto lei scrive è vero.

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Egregio direttore, ho letto il suo commento su Oliviero Toscani e posso anche essere d’accordo in generale, ma sono rimasto colpito da due fatti. Due mesi fa ho comprato un libro di fotografia di Toscani e poi ho pensato: ma perché l’ho comprato che non condivido quasi niente del suo pensiero? E poi ho pensato che don Luigi Giussani incontrava tutti e quindi anche un artista come Toscani poteva offrirmi qualcosa ed è stato così. Pensate che Toscani riteneva il suo più bel lavoro di fotografia quello che quasi nessuno conosce: quello su Sant’Anna di Stazzema, che riporta la foto dei bambini diventati vecchi e dei loro racconti dell’eccidio del 1944. L’altro aspetto che mi ha colpito è che, nonostante le sue idee vicine a Cappato sull’eutanasia, al medico amico che lo curava da tempo e che gli ha detto che la sua malattia era incurabile e attendeva istruzioni su cosa fare, Toscani ha risposto: “la vita è una malattia incurabile”, spiazzando così il suo amico per la voglia di vivere e lottare. A me è bastato questo, come a lei è bastato leggere cosa ha detto di sua madre riguardo al fatto che suo papà fosse stato l’unico uomo della sua vita. 

Vittorino Bocchi

Siamo cresciuti alla scuola di Luigi Amicone che, anche negli acerrimi avversari, senza mai scontare loro nulla, cercava sempre un punto “positivo” da cui poter instaurare un rapporto o un dialogo (ricordo, ad esempio, l’articolo su Eugenio Scalfari).

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