Scuole serali

I politici, anche per salvare loro stessi, dovrebbero mettere in testa alle loro Agende la libertà di educazione

Di Gianmario Gatti - Mauro Grimoldi
31 Gennaio 2013

Secondo gli ultimi sondaggi la percentuale attribuita alla cosiddetta ”antipolitica” sfiorerebbe il 30 per cento, di cui  il 15 si esprimerebbe nel sostegno ad alcune  liste, mentre il restante 15 si orienterebbe verso l’astensione dal voto. Più o meno.
Ma cosa è l’antipolitica?
A noi sembra qualcosa di intelligente e di disperato nel medesimo tempo.
Possiamo fissare l’inizio della modernità con la riforma gregoriana, quando – giustamente – la Chiesa rivendicò la sua libertà dal potere temporale e, conseguentemente, la politica si trovò costretta a immaginare una nuova forma in cui esercitare le proprie prerogative.
Questa forma fu lo Stato. Dallo Stato di diritto fino allo Stato costituzionale.
In questa lunga evoluzione, la produzione del diritto passò dalla coscienza sociale, prevalentemente cristiana, allo Stato.

Nel frattempo la società divenne, necessariamente, l’amicus hostis dello Stato che, pretendendo di espandere indefinitamente il proprio orizzonte di dominio, è giunto fino a togliere al corpo sociale la forma di aggregazioni operative, riducendole a pura sommatoria di individui, garantendo a questi ultimi la tutela dei loro diritti. Cosa giusta, anzi giustissima, in sé.
La gerarchia dei soggetti in campo ha così subito una rilevante trasformazione: da società – diritto – Stato siamo passati a Stato – diritto – individuo.

Ora, nella famigerata post modernità, l’individuo, finora tutelato dallo Stato, cioè dalla forma moderna della politica, si ribella al condizionamento delle regole statuali-politiche, un po’ come i robot che si ribellano all’uomo nei film di fantascienza.
L’ individuo, infatti, passato attraverso la massificazione del capitalismo – che pure ha portato benessere – o delle ideologie, quella comunista in particolare – che invece ha portato solo povertà –  vorrebbe ora essere padrone dei suoi diritti.
Vorrebbe essere lui stesso, per così dire, facitore dei propri diritti.

In questo senso si usa in modo pertinente l’espressione “diritti insaziabili” che Anna Pintore così definisce: «Lo spazio morale (e quindi sociale, ndr) dei diritti sia illimitato, dunque indefinitamente espandibile; deve presupporre che la superficie occupata da ciascun diritto, all’interno dello spazio morale, sia pensata come sempre precisamente limitata; deve presupporre inoltre che nessuna delle superfici-diritti abbia mai punti di intersezione con le altre, talché l’ampliamento dell’una possa avvenire a detrimento per le altre».

Che l’individuo si ribelli ad uno Stato decadente (qui in occidente) è la parte intelligente dell’“antipolitica”.
La parte disperata è che quest’uomo non sa più chi è.
Senza tener conto di questo, la discussione sui valori diventa obsoleta, o incomprensibile .
Proporre con decisione all’uomo, post-moderno (?), una risposta ragionevole circa il senso e il destino della vita spetta sicuramente ai cattolici, in forza della loro fede. Anzi è la loro missione.

Ma a noi sembra che pure i politici, forse anche per salvare loro stessi, dovrebbero mettere in testa alle loro Agende la libertà religiosa, cioè la libertà di educazione. O, se preferite, la difesa della laicità dello Stato.
Essa implica infatti che quest’ultimo, celandosi dietro la finzione della neutralità, non finisca per assumere indebitamente un carattere confessionale. Qualcosa di simile sta avvenendo in Francia, dove il ministro dell’Istruzione, Vincent Peillon, sta promuovendo il progetto di una Carta della Laicità, da distribuire in tutte le scuole, per insegnare agli studenti, sono parole del ministro, «a distinguere il bene dal male, comprendere i propri diritti, ma soprattutto i propri doveri, cogliere l’importanza delle virtù e dei valori».
Lo stesso ministro, saputo che nelle scuole private si “rischiava” un dibattito sul tema del “matrimonio per tutti”, dichiarava a Le Monde: «Non mi sembra opportuno introdurre nelle scuole il dibattito sul “mariage por tous”. L’insegnamento cattolico, che è sotto contratto dello Stato, deve rispettare il principio di neutralità e di libertà di coscienza di ciascuno».

Forse J. Habermas non si immaginava che proprio da questi eredi della Rivoluzione francese sarebbe venuto il pericolo paventato in un suo scritto, pubblicato sull’ultimo numero di Micromega: «La legittimità democratica è l’unica a disposizione oggi. L’idea di rimpiazzarla o di completarla in un modo generalmente vincolante mediante qualche fondazione presumibilmente “più profonda” della Costituzione conduce all’oscurantismo».
Sarà un caso se, secondo un’inchiesta pubblicata a fine dicembre su Le Figarò, proprio questa idea di laicità alla francese sta rendendo impossibile parlare a scuola delle Crociate, della Shoah, della guerra d’Algeria, della storia delle religioni, della colonizzazione, dell’immigrazione, del Medio Oriente?
Per non dire di Darwin e della teoria dell’evoluzione, che viene presentata spesso come un mito, quando addirittura non si ricorre, come diversi insegnanti fanno, a “une autocensure preventive”.
Altri tempi da quelli in cui l’Europa, permeata di cristianesimo, si permetteva di inventare l’Illuminismo.

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1 commento

  1. Leonilde

    che bel lavoro fate!
    ps. i profi di cielle sono i migliori

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