I limiti della visita di Draghi, Scholz e Macron in Ucraina

Di Leone Grotti
17 Giugno 2022
I tre leader europei hanno promesso a Kiev sostegno militare e politico, ma restano problemi insormontabili su entrambi i fronti. Zelensky non vuole parlare di negoziati con la Russia, ma gli Usa possono fargli cambiare idea
I leader di Italia, Francia e Germania (Draghi, Macron e Scholz) durante una tappa della visita in Ucraina

I leader di Italia, Francia e Germania (Draghi, Macron e Scholz) durante una tappa della visita in Ucraina

L’Unione Europea non abbandonerà l’Ucraina, lasciandola sola alla mercé dell’invasore russo. Ma l’aiuto che è disposta a offrire a Kiev è di gran lunga inferiore rispetto alle aspettative del governo di Volodymyr Zelensky. I leader di Italia, Francia e Germania si sono recati ieri nella capitale ucraina per la prima volta dall’inizio del conflitto per mostrare che l’Europa è unita e compatta a sostegno del paese. Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz, durante un incontro con il presidente ucraino, hanno dichiarato che faranno di tutto per assicurarsi che Kiev possa «vincere contro la Russia», riconquistando ogni territorio caduto sotto l’Armata rossa, «Crimea inclusa», senza imporre trattative non gradite al governo. Ma è quando bisogna determinare che cosa questo significhi concretamente che le cose si fanno più complicate.

L’Ucraina è in difficoltà nel Donbass

Di fronte all’avanzata russa nel Donbass, che secondo l’intelligence britannica potrebbe avere successo entro fine luglio, l’Ucraina ha chiesto all’Occidente di aumentare le forniture di armi e all’Ue di facilitare l’adesione del paese al blocco comunitario.

L’esercito russo avanza, anche se di poco, ogni giorno nel Donbass grazie all’artiglieria potendo vantare una superiorità di fuoco di 10-15 a 1 rispetto all’Ucraina. L’Armata rossa ha anche imparato a diminuire le perdite rispetto alle prime fasi della guerra, fiaccando le difese ucraine da lontano prima di far avanzare i propri carri con l’aiuto di fanteria ed elicotteri. L’esercito ucraino è in difficoltà e ha ammesso di perdere, tra morti e feriti, mille soldati al giorno.

Le richieste «irrealistiche» di Kiev

Anche per questo Kiev, che ha quasi esaurito le sue scorte di munizioni da 152 millimetri di origine sovietica, continua a chiedere in modo pressante all’Occidente nuove armi e sempre più sofisticate. La “lista della spesa” diffusa pochi giorni fa ha fatto saltare sulla sedia i paesi alleati: 1.000 cannoni howitzer con relative munizioni da 155 millimetri, 300 lanciarazzi multipli, 500 carri armati, duemila blindati e mille droni.

Per capire quanto la richiesta sia esorbitante e «irrealistica» (come l’ha definita il New York Times), l’Ucraina ha di fatto chiesto il 40% dei pezzi di artiglieria, il 37% dei lanciarazzi e il 14% dei carri armati attualmente a disposizione degli eserciti di Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Francia e Germania messi insieme. Per quanto la Nato e gli Usa ieri abbiano annunciato che invieranno nuove armi a Kiev, è evidente che le forniture non si avvicineranno neanche lontanamente alle richieste.

L’Occidente teme un’escalation della guerra

Non è solo un problema di quantità. Come dichiarato ieri dal consigliere nazionale per la sicurezza americano, Jake Sullivan, «ci sono sistemi militari molto sofisticati che richiedono un reale addestramento per essere utilizzati». È inutile dunque inviare un numero troppo elevato di armamenti in assenza di personale ucraino in grado di usarli e senza un’intelligence che sappia comunicare in tempo reale le posizioni dell’aggressore russo perché le armi possano colpire in modo preciso ed efficace.

Il governo ucraino ha chiesto agli alleati di inviare nel paese migliaia di tecnici, addestratori e contractor in grado di utilizzare le armi. Ma i leader europei, al pari di americani e inglesi, temono che la mossa possa portare a un’escalation del conflitto e quindi esitano, preferendo addestrare l’esercito ucraino, per quanto si tratti di un processo lungo.

Non è dunque solo per mancanza di volontà politica che il flusso di armamenti dall’Occidente all’Ucraina è rallentato nelle ultime settimane.

L’adesione dell’Ucraina all’Ue è difficile

Al di là delle forniture militari, durante l’incontro con i tre leader europei Zelensky ha chiesto che l’Ue conceda lo status di paese candidato all’Ucraina. Un forte ed esplicito appoggio politico può infatti servire a Kiev tanto quanto il sostegno militare. Draghi, Macron e Scholz hanno dichiarato di volere l’Ucraina nell’Ue, specificando che cercheranno di convincere gli altri paesi membri. Ma anche sul fronte politico esistono problemi difficilmente superabili.

È probabile che oggi la Commissione europea consiglierà di concedere all’Ucraina lo status di paese candidato per l’ingresso in Unione Europea, ma saranno i capi di Stato e di governo al Consiglio europeo della prossima settimana che dovranno dare il via libera alla procedura.

Bruxelles alla ricerca di un compromesso

La decisione deve essere approvata all’unanimità e le divisioni all’interno del Consiglio sono palpabili. Macron e Scholz, nonostante le dichiarazioni di ieri, si sono dimostrati più che titubanti in merito. Danimarca e Portogallo sono contrari. L’Ungheria, come sempre quando si tratta di avallare mosse che possono scontentare la Russia, resta un’incognita.

Diversi diplomatici europei, parlando con Politico, hanno anche fatto notare quanto sia pericoloso dare «false speranze» a Kiev: anche se lo status di candidato fosse concesso, servirebbero «decenni» prima di arrivare alla conclusione del percorso. L’Ue, d’altro canto, non vuole nemmeno rifiutare la candidatura, regalando così una vittoria politica a Vladimir Putin e assestando un colpo mortale al morale degli ucraini.

È possibile perciò che i leader europei cercheranno una formula di compromesso, che possa garantire un risultato almeno sul piano mediatico. Il Consiglio potrebbe cioè approvare lo status di candidato per l’Ucraina al raggiungimento di determinate condizioni, una delle quali dovrebbe essere il raggiungimento di un accordo di pace con la Russia.

«Non vogliamo un Minsk III»

Se le carte militari e politiche – per non parlare di quelle economiche – a disposizione dell’Occidente iniziano a scarseggiare, che cosa resta? L’opzione di cui Kiev non vuole neanche sentir parlare, almeno non pubblicamente: la trattativa. Non a caso, prima dell’arrivo dei tre leader europei, Oleksiy Arestovych, consigliere politico di Zelensky, ha dichiarato: «Ho paura che vengano qui per provare a ottenere un Minsk III», cioè a fare pressioni al presidente perché ceda ad alcune richieste russe per ottenere un cessate il fuoco. «Diranno che hanno bisogno che la guerra finisca per ragioni alimentari ed economiche, che russi e ucraini stanno morendo, che dobbiamo impedire che Putin perda la faccia, che i russi hanno sbagliato ma che vanno perdonati».

Non è un caso che Macron, prima di salire sul treno diretto nella capitale ucraina, abbia detto: «Il presidente Zelensky e i suoi funzionari dovranno negoziare con la Russia». Draghi ha aggiunto che bisogna lavorare per arrivare alla pace, la quale però «non può essere imposta».

Negoziati, qualcosa si muove

La posizione ufficiale dell’Europa sul tema ieri l’ha esplicitata il presidente francese: «Le modalità della pace non saranno decise che dall’Ucraina e dai suoi rappresentanti. Francia e Germania non negozieranno mai con la Russia alle spalle dell’Ucraina». Il ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov, dal canto suo ha dichiarato: «Libereremo tutti i nostri territori, tutti, compresa la Crimea».

Eppure anche sul fronte dei negoziati qualcosa si muove. Il consigliere nazionale per la sicurezza americano, Sullivan, ha infatti spiegato: «Fino ad oggi ci siamo sempre trattenuti dal delineare un piano per la fine della guerra in Ucraina e dal mettere pressione a Kiev per fare concessioni territoriali alla Russia». Però, ha aggiunto, stiamo parlando con il governo ucraino per capire quale potrebbe essere un buon accordo e per intenderci su «come approcciare una trattativa con i russi».

L’Europa si mostra unita (per un giorno)

La visita comune di Draghi, Macron e Scholz è stata innanzitutto una manifestazione di solidarietà e unità all’Ucraina. L’Unione Europea continuerà a sostenere il paese di Zelensky e ad aiutarlo a far fronte all’invasione russa, anche se Kiev rischia di rimanere delusa dal modo in cui questo appoggio si tradurrà concretamente. I tre leader hanno anche mostrato agli Stati Uniti e alla Russia che l’Europa è in grado di assumere una posizione autonoma nel conflitto. E la reazione scomposta dell’ex presidente russo Dmitry Medvedev («Mangiatori di rane, salsicce e pasta») è segno che ha funzionato. La speranza ora è che l’unità ritrovata tra Roma, Parigi e Berlino porti a risultati concreti e che della visita a Kiev non restino solo foto “storiche”.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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