
Il no di Houellebecq al “progetto fine vita” di Macron in Francia

Parigi. «Cominciamo con un breve paragrafo cattivo. Guy Debord ha scelto il suicido vecchia maniera. Jean-Luc Godard – “il più scemo degli svizzeri pro-cinesi”, per riprendere la divertente formula situazionista – ha deciso per il suicidio assistito. Il prossimo provocatore geniale opterà, non dubitiamone, per un’eutanasia medicalizzata. Il livello sta calando, come si dice». Inizia con queste parole sul Figaro l’ultima presa di posizione di Michel Houellebecq, il più popolare scrittore francese contemporaneo, contro la legalizzazione dell’eutanasia in Francia.
Il progetto di Macron sul fine vita, il no di Houellebecq
In questi giorni, la Convenzione sul fine vita, composta da 184 cittadini estratti a sorte, ha reso pubbliche le conclusioni di una riflessione durata alcuni mesi, e che era stata sollecitata in autunno dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron, esprimendosi in maggioranza a favore di un “aiuto attivo a morire”. L’inquilino dell’Eliseo, sulla scia di questi risultati, ha annunciato lunedì mattina «un progetto di legge sul fine vita entro il 2023», evocando anche il lancio di un «piano decennale nazionale per l’assistenza al dolore e per le cure palliative». Insomma, anche in Francia la strada è spianata per l’eutanasia.
«È la via che ci apprestiamo a percorrere in Francia, imitando l’Olanda e il Belgio. Insomma, siamo sulla buona strada per diventare the European way to die», scrive Houellebecq. «Noi francesi mostriamo così ancora una volta di avere una scarsa considerazione della libertà individuale e il nostro appetito malsano per una gestione il più possibile completa delle nostre vite, che chiamiamo erroneamente assistenza, ma che meriterebbe più semplicemente di essere definita asservimento. Questo insieme di infantilizzazione estrema, dove ci si affida all’istituzione medicale per decidere di noi fino all’istante della morte, e di rivendicazione piagnucolosa di un’ultima libertà, ha qualcosa, diciamolo francamente, che mi disgusta», afferma il romanziere francese.
Le due menzogne di chi è pro eutanasia
La sua ultima opera, “Annientare” (Nave di Teseo) è un messaggio a quella Francia che, legalizzando l’eutanasia come altri paesi europei hanno fatto prima di lei, perderebbe “ogni diritto al rispetto”. Houellebecq vi racconta la storia di Paul Raison, consigliere del ministro dell’Economia francese, che tenta di ricomporre i pezzi disallineati della propria vita sullo sfondo di una civiltà decadente e in pericolo: «Vogliamo ritrovare questa strana morale che santificava la vita fino alla sua ultima ora».
Secondo Houellebecq, gli argomenti di chi milita per la legalizzazione dell’eutanasia attiva si basano su due menzogne. «La prima riguarda la sofferenza fisica. Forse ho avuto fortuna, ma in tutte le agonie in cui mi sono trovato implicato è bastata la morfina per calmare completamente il dolore. Questo farmaco eccellente è stato scoperto nel 1804. Da allora, sono stati fatti enormi passi avanti. Sono stati sintetizzati dei derivati morfinici molto più potenti della molecola originaria. Attualmente – va detto in maniera chiara e netta e ripetuto con costanza – il dolore fisico può essere sconfitto; in qualsiasi caso», afferma Houellebecq.
«La seconda menzogna è più insidiosa: è nei telefilm (e soprattutto in quelli americani) che il medico, alla domanda “Quanto tempo mi resta dottore?” risponde con intonazione appropriata “Al massimo tre settimane”. Nella vita vera, i medici sono molto più prudenti. Sanno, poiché la loro formazione di partenza è anzitutto scientifica, che “il tempo di vita restante” obbedisce, come molte altre cose in questo mondo, a una curva di Gauss», aggiunge lo scrittore francese.
«Porre indebitamente fine all’agonia è empio e immorale»
Per la sua ostilità alla legalizzazione dell’eutanasia, Houellebecq è oggetto negli ultimi tempi di una campagna di demonizzazione, che ha toccato il suo apice poche settimane fa, quando Libération lo ha sbattuto come “un mostro” in prima pagina. Ma dei plotoni di esecuzione progressisti e dei loro anatemi, Houellebecq, se n’è sempre infischiato. «A prescindere dal paese, dall’epoca, dalla religione, dalla civiltà e dalla cultura, l’agonia è sempre stata considerata come un momento importante dell’esistenza».
Gli studi storici sull’agonia non mancano, osserva Houellebecq: «Per l’occidente cristiano, si può raccomandare Philippe Ariès. Che si creda o meno all’esistenza di un creatore dinanzi al quale ci si appresta a comparire, si tratta in ogni caso del momento degli addii, l’ultima occasione di rivedere alcune persone, di dire loro, forse, cose che non sono mai state dette, e di ascoltare, forse, ciò che hanno da dirvi», scrive Houellebecq, prima di concludere: «Porre fine indebitamente all’agonia è allo stesso tempo qualcosa di empio (per quelli che credono) e immorale (per tutti): è quello che hanno pensato tutte le civiltà, le religioni e le culture che ci hanno preceduto; ecco ciò che un presunto progressismo si appresta a distruggere».
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