«C’erano segni di tortura e fori di proiettile su tutto il corpo. Le sue gambe e le sue braccia erano spezzate… Il suo corpo era ridotto come se fosse stato infilato in un sacco e ridotto in poltiglia». Comincia così la descrizione di come è stato ritrovato il cadavere di Atta Najjar, disabile mentale arrestato nel 2009 a Gaza dai terroristi islamici di Hamas e ucciso in modo orribile nel 2014.
COLLI STRANGOLATI. La storia, testimoniata dal fratello di Najjar, fa parte di una delle tante raccolte da Amnesty International, che ha pubblicato un rapporto intitolato “Colli strangolati” e che documenta i «crimini di guerra» compiuti da Hamas contro il popolo palestinese nell’estate del 2014, mentre era in corso la guerra con Israele.
«SENZA PIETÀ». Secondo il rapporto, almeno 23 palestinesi sono stati giustiziati senza processo, decine di altri arrestati e torturati senza motivo. «È scioccante che mentre le forze israeliane infliggevano morte e distruzione al popolo di Gaza, Hamas ne approfittava per regolare i propri conti senza pietà, uccidendo e compiendo altri gravi abusi. (…) Hanno le mani sporche di sangue», ha dichiarato Philip Luther, responsabile di Amnesty per il Medio Oriente e il Nord Africa.
SHARIA E CORTI RIVOLUZIONARIE. Il fratello di Ibrahim Dabour ha ricevuto questo sms il 22 agosto, alle 10.31 di notte: «La sentenza contro Ibrahim Dabour è stata portata a termine secondo la sharia, dopo il giudizio della Corte rivoluzionaria». Ibrahim, sposato con due figli, era stato arrestato pochi giorni prima con l’accusa di aver «comunicato con la parte ostile», cioè Israele. «Non abbiamo ricevuto nessuna notifica ufficiale, tranne il messaggio. Anche se l’avessero condannato a morte, avrebbe potuto ricorrere in appello o tentare altre strade. Ciò che hanno fatto non ha niente a che vedere con la giustizia, è criminale. Queste sono solo azioni criminali».
ESECUZIONI DAVANTI AI BAMBINI. Sempre il 22 agosto, davanti a centinaia di spettatori, tra cui molti bambini, sei persone sono state giustiziate pubblicamente fuori dalla moschea di Al-Omari. Le vittime erano sospettate di «collaborazionismo» ed erano state condannate a morte da «corti rivoluzionarie». I sei uomini sono stati fatti inginocchiare davanti alla folla, con la testa chinata sul pavimento: a tutti sono toccati un colpo di pistola alla nuca e una raffica di Kalashnikov.
LA TORTURA. Uno di loro era quasi certamente Saleh Swelim, accusato di essere in contatto con gli israeliani. Il fratello minore, M.S., è stato arrestato e torturato per confessare i presunti crimini del fratello. Ha raccontato: «Mi hanno appeso per le gambe, ancora ammanettato e bendato, perché non volevo confessare. (…) Mi hanno picchiato con bastoni di metallo e tubi. (…) Mi hanno infilato un tubo del gas in bocca e versato dell’acido sulle mie mani. Non potevo più sopportare il dolore e da quel momento ho confessato tutto quello che mi hanno chiesto di confessare. (…) Mi dicevano: “Di’ questo e quello”. Mi hanno pestato tutta la notte». Gli hanno fatto confessare di tutto, anche se lui non vedeva da tempo il fratello e non ne sapeva niente. Poi l’hanno rilasciato e in base alle sua testimonianza hanno giustiziato Saleh.
HAMAS E LA GIUSTIZIA. «Hamas chiede in continuazione diritti e giustizia per i palestinesi di Gaza e non solo» ma poi agisce in questo modo, «senza rispettare le più basilari regole della legge umanitaria internazionale. Chi si è macchiato di questi crimini di guerra, come le esecuzioni extragiudiziarie deve essere processato e chiamato a rispondere delle sue azioni», conclude Luther.
Foto Hamas Ansa/Ap