Il problema non è Grillo, magari il problema è il corriere.it. Che riprende l’ultima stronzata che ha detto il comico («È un golpe!») riproponendo il blog del vate che veste con le divise da colonnelli greci i leader dei partiti non M5S (l’immagine, tratta dal blog del comico, la vedete qui a lato). Cinguettando con la strampalata idea che i fascisti siano quelli che stanno cercando di dare all’Italia un governo. Non quelli del “me ne frego” al modo di quel famoso signore in camicia nera del ventennio.
Il problema non è Grillo, magari il problema è la povera folla di cronisti che gli corre appresso. La Borromeo che scala i tetti per far vedere che lei c’ha l’imprinting del pistarolo duro. Quelli che sbocconcellano il blog del guru. Quelli che credono che dal giocare a sfasciare tutto, poi, per magia, succede una nuova era di pace e allegria. E magari migliaia di nuovi posti di lavoro.
Il problema non è Grillo. Un comico che ha sempre vissuto di spettacoli e “marchette” (come diceva lui quando andava a incassare 50 milioni di lire per mezz’ora di presentazione di un nuovo modello di automobile). Un formidabile personaggio della satira antisistema. Meno capra di un Michael Moore e più stallone di un Maurizio Crozza.
Il problema è che un giorno Grillo ha deciso che la profezia dei Maia si era avverata. E milioni di elettori ci hanno creduto. Hanno creduto che «la democrazia è una scatola vuota», come dice adesso il genio, e che nel futuro mondo di Gaia non ci saranno più politici. Ma solo cittadini in rete. Cittadini che governeranno il mondo (sempre in rete) tutti insieme. E tutti insieme faranno assemblee in streaming per attribuire a ciascuno la roba e il lavoro, ciascuno secondo i propri bisogni e le proprie capacità. Non più Dio, né ladri, né corrotti. Nessuno farà più confessione e penitenza. E tutti vivranno felici e contenti.
Bene. La favola è cominciata con una banda di seguaci, variamente infervorati delle “parole di verità” pronunciate dall’altissimo Beppe, catapultati alla Camera e Senato. Molti di loro sembra che non siano capaci di mettere insieme un pensiero con l’altro. Ma soprattutto godono e si sentono “nuovissimi” per il semplice e deficiente fatto di vietarsi – e il divieto pare sia assoluto – di mescolarsi o anche solo combinarsi con gli altri parlamentari. Che, come loro, sebbene figli di un dio minore, sempre dal popolo italiano sono stati eletti.
Niente. Loro si mescolano solo con chi porta la stessa divisa e lo stesso moschetto internettiano. Tutt’al più possono discutere con lo smanettone di computer eletto in altre liste. Ma mai con “i partiti”. E cosa saranno mai di tanto lubrico e schifoso, i partiti? Niente, loro non ci giocano più a questo gioco della democrazia rappresentativa. Loro vogliono Gaia. L’era nuova. La favola definitiva della felicità.
Ecco, al limite, sono disposti a condividere su facebook l’amicizia e il tifo per la stessa squadra di calcio. A limite, possono discutere con chi ha un profilo su wikipedia. E poi, sì, l’ha detto, il vate, ci andrebbero bene come presidente uno Strada o un Fo. E perché non il guatemalteco?
Ecco la favola dove finisce. Finisce in gente che fa casino, combatte e obbedisce. Casino per cosa? Boh. Combatte e obbedisce a chi? Combatte i normali luoghi e strumenti della rappresentanza popolare. E obbedisce a lui e solo a lui. Il capo. «E che si trattino come un cancro i traditori», precisa l’autista del capo. Molto bene. Stamattina abbiamo anche imparato da Crimi e dall’altra che, come diceva Calamandrei, «lo Stato siamo noi». Cioè i grillini medesimi. Benissimo. Anche questa è buona. Ma scusate, chi sarebbero i golpisti?