Chio è una piccola isola della Grecia, proprio di fronte alle coste turche. Un’isola di 51 mila abitanti, 25 mila solo nel capoluogo, con un’economia basata principalmente sul turismo. Dall’anno scorso, però, è diventata meta di approdo per i profughi in fuga dalla guerra e la situazione resta critica anche dopo l’accordo tra Unione Europea e Turchia. I migranti arrivati, infatti, sono migliaia. Raffaele Cattaneo, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, ha fatto visita ai campi profughi dell’isola e a tempi.it ha raccontato qual è la situazione.
Attualmente i campi profughi nell’isola di Chio sono tre. Quanti sono i profughi?
Ci sono circa 2 mila profughi, su un totale di 50 mila abitanti, una percentuale quindi davvero molto alta. Ci sono tre campi profughi, due più estesi e uno più piccolo, io personalmente ne ho visitato due. Uno è situato fuori dal capoluogo, in una zona in cui prima esisteva una fabbrica. L’Onu ha fatto quanto poteva per assemblare un campo nel più breve tempo possibile, ma le condizioni in cui vivono i profughi rimangono molto precarie. Abitano in container di plastica, dormono su stuoie, questo non è vivere in maniera dignitosa. Sono disperati, scappano da paesi di guerra come Siria, Iraq, Afghanistan e devono accontentarsi di quello che viene loro dato. L’altro campo profughi che ho visitato si trova a ridosso delle mura del vecchio castello del porto, nel capoluogo. Qui la situazione è più tesa, proprio perché si trova in una zona limitrofa alla città.
Il flusso migratorio in questo momento a che punto è?
Notoriamente durante la stagione estiva gli sbarchi aumentano ovunque, qui non è così invece perché la stagione turistica ha intensificato i controlli sulle coste. Riprenderanno sicuramente con l’autunno.
Com’è la situazione delle richieste di asilo?
Formalmente servirebbero una decina di giorni per vedere accettata la propria richiesta di asilo. Di fatto però passano anche due o tre mesi prima che i profughi possano lasciare l’isola. Rimangono qui in attesa che il loro stato di vittime di guerra venga riconosciuto, ma il desiderio è da subito quello di recarsi in Germania, Svezia o Norvegia. Vedono Chio solo come un punto di passaggio ma purtroppo vi rimangono a lungo. La maggior parte di loro ha un punto di appoggio in un altro Stato, rimane in attesa di potersi ricongiungere a quella parte di famiglia che già ha ottenuto il diritto di asilo.
Che tipo di persone sbarcano a Chio?
La situazione con i campi profughi italiani è molto diversa, da quanto ho potuto vedere. Mentre in Italia arrivano per lo più uomini, tutti di giovane età, qui a Chio arrivano famiglie, con minori a carico. Molto spesso c’è solo la madre a badare ai figli, perché il capofamiglia è già in Europa, e fungerà da riferimento, una volta accettate le domande di asilo.
Ha citato i minori. Quanti sono?
Qui a Chio sono centinaia, alcuni anche soli, senza più famiglia. Una situazione molto simile a quella che si vive in altri campi profughi d’Europa. In Italia è stato calcolato che siano circa 12 mila. L’idea che ho proposto, anche agli altri presidenti delle assemblee regionali europee, è quella di affidare i minori alle famglie. Si tratta di ragazzi adolescenti che vengono da trascorsi di guerra, il loro equilibrio psicologico è già stato duramente messo alla prova dalle situazioni che hanno vissuto nei paesi d’origine. Per questo l’affetto di una famiglia è più adatto rispetto a un istituto, per quanto ottimo. Accolti da una famiglia hanno probabilità minori di scappare e quindi di finire in una rete di criminalità.
L’isola di Chio basa la propria economia sul turismo, come molte altre isole della Grecia. Com’è la situazione questa estate?
Purtroppo gli albergatori hanno ricevuto il 70 per cento di disdette e prenotazioni in meno rispetto agli altri anni. Il bilancio di questa estate sarà disastroso, l’Unione europea deve intervenire anche in questo senso. Le tantissime famiglie dell’isola coinvolte nella rete turistica rischiano di vedere fallire le loro imprese, e questo non succede solo a Chio. L’altra proposta che ho fatto riguarda proprio l’istituzione di un fondo che risarcisca le vittime di situazioni come queste, derivanti da scenari di guerra. Se un disastro naturale si abbatte su una coltivazione, distruggendola, l’agricoltore avrà diritto a un risarcimento dalla Ue. Questo deve essere un diritto anche di chi è impiegato nel settore turistico, e vede il proprio lavoro danneggiato da situazioni imprevedibili.
Chio si affaccia sulla costa turca. Il recente golpe al presidente Erdogan ha riacceso la discussione sul ruolo della Turchia in Europa. Cosa ne pensa?
Sono molto scettico sull’ipotesi che la Turchia possa entrare in Europa. Sopratutto visti gli sviluppi successivi al golpe, alle purghe messe in atto dal presidente Recep Tayyip Erdogan per punire i colpevoli. In questo momento la Turchia incarna valori e tradizioni che con l’Europa non hanno nulla a che fare. Di conseguenza, temo che la situazione che sta vivendo il paese possa dar vita a una nuova emergenza. A un nuovo flusso migratorio proveniente dalla Turchia, che si andrà a sommare a tutti quelli già in atto.