
«Grazie per avercelo ricordato dal fondo di un letamaio»

Oggi è l’anniversario della scomparsa del cardinale Carlo Caffarra (1938 – 2017), insigne teologo, arcivescovo di Bologna, che ci onorò della sua vicinanza e amicizia.
In diverse interviste e con diversi interventi (uno, inedito, potente, sulla “coscienza” merita di essere riletto) il cardinale Caffarra dimostrò questo paterno affetto per il nostro giornale, ma oggi vorremmo ricordarlo con uno scritto che non apparve sulle nostre pagine, ma su quelle di Avvenire Bologna.
Caffarra, infatti, non era solo un uomo di grande e profonda cultura, ma anche un sacerdote che sapeva farsi prossimo al popolo cristiano sia con la parola sia con i gesti (nota è la sua capacità di “farsi capire” dai più piccoli, per i quali aveva una predilezione).
Un buon esempio di questa sua attenzione è la lettera aperta che Caffarra scrisse nel gennaio 2013 a Maria Grazia, una bambina ritrovata in un cassonetto sotto le finestre dell’arcivescovado. La piccola, soccorsa da due passanti, fu salvata in extremis e l’episodio colpì moltissimo il cardinale che decise di prendere carta e penna per indirizzarle una lettera aperta.
Lettera a Maria Grazia
«Cara Maria Grazia, sei stata buttata nei rifiuti sotto la mia finestra, vicino alla mia casa. Eri diventata qualcosa di troppo; un di più di cui bisognava disfarsi. Come è potuto accadere? Perché non sei stata guardata con gli occhi dell’amore, forse resi ciechi da un indicibile dramma. E quando non guardo l’altro con questi occhi, esso diventa un residuo da cui liberare la realtà. Un rifiuto di cui disfarsi».
«Sei stata salvata perché il tuo vagito ha trovato ascolto nel cuore paterno di due uomini buoni. Il tuo vagito vale più di tutti i nostri calcoli egoistici, perché ha gridato che nessuna persona può essere rifiutata. Ci ha ricordato che l’intero universo è meno prezioso di te, anche quando vagivi in mezzo ai rifiuti; è meno prezioso di una sola persona umana. Grazie per avercelo ricordato dal fondo di un letamaio. Il tuo vagito entri nella coscienza di ciascuno di noi fino in fondo, e dentro la nostra città».
«Il cassone dell’immondizia posto sotto la mia finestra fu guardato con occhi pieni di amore da Dio stesso, perché in esso c’era la sua immagine. Non rinunciamo più alla verità che ci è stata svelata dal tuo vagito: nessuna persona è da buttare, perché in ogni persona è presente un mistero da venerare. Tanti sono passati davanti a quel cassonetto. Io stesso lo vedo ogni volta che mi affaccio alla finestra. Continueremo a vivere dimenticando chi siamo, e come fossimo tante solitudini pressate l’una contro l’altra?».
«Eppure ancora mi attraversa il tuo vagito, che indica la verità di cui andiamo affannosamente in cerca, nei nostri giorni divenuti tristi. Grazie, piccola bambina, perché ascoltando il tuo pianto ho imparato ancora più intimamente cosa significhi essere padre: prendersi cura di ciascuno perché nessuno sia più sfigurato. Che la nostra città percorra, guidata dal tuo vagito, l’intero cammino che porta dalla solitudine all’amore. Che il tuo vagito sia il dolore di chi ha generato in noi la coscienza della nostra umanità, e ci ha fatto sentire il peso specifico di essere persone: per sempre. Grazie, piccola madre di noi tutti».
Foto Ansa
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