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«Volevo fare il pompiere». Vita, opere, lupi, corvi e montagne (e uno squalo) di Giorgio Salvato

Di Caterina Giojelli
04 Settembre 2022
Intervista all'artista cresciuto nella periferia milanese e folgorato dal sacrificio di un vigile del fuoco di New York. «Estraendo sconosciuti dalle lamiere ho capito che solo un significato può salvare davvero l’esistenza»
Giorgio Salvato


«Erano sette e passarono a poco più di sei metri da lui. Vide i loro occhi a mandorla alla luce della luna. Ne udì il respiro. Sentì la presenza della loro consapevolezza come elettricità nell’aria. Si raggrupparono, si fiutarono, si leccarono. Poi si fermarono, con le orecchie dritte. Qualcuno si portò la zampa al petto. Lo guardavano. Trattenne il respiro. Trattennero il respiro. Immobili. Poi si voltarono e trotterellarono via quieti. Quando tornò a casa Boyd era sveglio, ma non gli disse dov’era stato né cosa aveva visto. Non lo disse mai a nessuno» (Cormac McCarthy, Oltre il confine).
«La gente non ci fa caso. Eredita case, le svuota. I mercatini dell’usato traboccano di cornici dalle storie splendide». Si lascia cadere su una delle due poltroncine Luigi XVI che fissano l’imponente montagna profumata di pittura. La luce del Nord, la luce dei musei, inonda il piano superiore dello studio di Giorgio Salvato nel rovente pomeriggio di luglio...

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