La preghiera del mattino

G20. L’America prova a riprendersi la leadership globale

Di Lodovico Festa
11 Settembre 2023
Il vertice dei Grandi nell’India nuova potenza emergente, la ripresa di iniziativa Usa contro la Cina e le sue manovre antioccidentali, il peso dell’Italia. Rassegna ragionata dal web
Stretta di mano tra il presidente americano Joe Biden e il primo ministro indiano Narendra Modi in occasione del G20 a New Delhi, 10 settembre 2023
Stretta di mano tra il presidente americano Joe Biden e il primo ministro indiano Narendra Modi in occasione del G20 a New Delhi, 10 settembre 2023 (foto Ansa)

Su Formiche Emanuele Rossi scrive: «Questa settimana si svolgono almeno tre vertici di alto valore internazionale: si parte con il Vertice Asean e l’East Asia Summit (Eas), entrambi in Indonesia, si arriva alla discussione sull’Ipef di Bangkok, passando per il G20 ospitato dall’India – l’appuntamento più importante. In mezzo ci sono diversi incontri bilaterali, sessioni speciali (l’Asean avrà un forum a parte sulla sicurezza e lo sviluppo della regione indo-pacifica) e visite costruite sfruttando l’opportunità – il presidente statunitense, Joe Biden, andrà per esempio in Vietnam».

Dopo l’incontro dei Brics in Sudafrica, gli Stati Uniti cercano nei prossimi vertici internazionali di riaffermare la loro leadership. Le conclusioni del G20 hanno in buona parte confortato il presidente americano.

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Sulla Nuova Bussola quotidiana Stefano Magni scrive: «L’India si gioca molto in questo vertice, soprattutto in termini di status internazionale. Dopo aver conquistato la Luna con la missione spaziale Chandrayaan-3, dopo aver ospitato 200 incontri internazionali in oltre 60 città solo nell’ultimo anno, dopo aver battuto il record di nazione più popolosa del mondo, oltre che di quella con la crescita del Pil più veloce fra le grandi economie emergenti (+6,7 per cento nel 2022), l’India vuole imporsi come grande potenza mondiale. Il premier Narendra Modi, un leader induista nazionalista, per l’occasione ha tirato a lustro le strade di New Delhi con metodi autoritari: tutti i negozi e i mercati della zona in cui si tiene il vertice sono chiusi per tre giorni (i locali lo chiamano “lockdown del G20” e lamentano forti perdite economiche), le baraccopoli sono state abbattute e pazienza per chi ci vive. Per cercare di mettere di nuovo tutti attorno a un tavolo e strappare una dichiarazione congiunta, anche in un periodo conflittuale come questo, Modi conta sul suo rigoroso neutralismo e sulla sua trasversalità, unica nel mondo: è un paese dei Brics e membro dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, ma al tempo stesso anche del Quad (assieme a Usa, Australia e Giappone). La premier italiana Giorgia Meloni ha promesso aiuto a Modi, già dal bilaterale del 2 marzo scorso, per raggiungere un buon risultato in questo G20, per ottenere una dichiarazione finale condivisa. La premier italiana sta spostando gradualmente l’asse degli interessi italiani dalla Cina all’India, conformemente ai programmi di lungo periodo anche dell’eurogruppo conservatore (l’Ecr) di cui Fratelli d’Italia è alla guida, assieme al Pis polacco. L’India infatti è una democrazia, per quanto imperfetta, e soprattutto, nella nuova guerra fredda, contrariamente alla Cina non si pone come diretta antagonista dell’Occidente. Oggi la Meloni incontrerà il premier cinese, Li Qiang, su richiesta di quest’ultimo. Il governo ha infatti espresso abbastanza chiaramente l’intenzione di uscire dal progetto della Nuova Via della seta. Ed è possibile che i cinesi vogliano discutere le condizioni, se non altro per limitare i danni».

India e Italia, due potenze che in qualche modo, anche al G20, hanno acquisito un ruolo non secondario.

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Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «L’establishment nordamericano si divide tra le faglie, di varia profondità, dei realistici classici e neoconservatori alla Kissinger e Yellen, dei realisti bipartisan alla Niall Ferguson e Paul Kennedy, dei liberali alla Pelosi e Warren. Ma tutti si trovano dinanzi alla prova del fuoco del dilemma egemonico, come accadde al Regno Unito di più di cento anni or sono nei confronti dell’impero guglielmino: garantire l’ordine liberale farebbe diventare loro le prime vittime di tale operazione. Mettere in atto infatti misure di repressione economica nei confronti della Cina colpirebbe la loro stessa potenza, tanto sono connessi con il capitalismo cinese a dittatura terroristica che loro stessi hanno creato».

Sapelli spiega difficoltà e contraddizioni della possibile ripresa d’iniziativa di Washington.

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Su Open Dario Fabbri dice: «“L’approccio americano alla guerra in Ucraina sta cambiando”. Spaventati dal caos che provocherebbero un ulteriore golpe, “casomai riuscito a differenza di quello della Wagner” e la caduta di Vladimir Putin, adesso gli americani vogliono condurre il conflitto “nel più breve tempo alla sua conclusione” contro la volontà di Kiev, spiega il direttore della rivista Domino, Dario Fabbri. Ipotesi, questa, confermata dal capo della Cia che, al Washington Post, ha dichiarato che la “guerra dovrebbe esaurirsi il prossimo anno”. E questo sta già modificando le dinamiche della guerra stessa: “Ad esempio l’attacco al ponte di Kerch è stato immediatamente rivendicato dagli ucraini a differenza di quello che capitava qualche tempo fa proprio per non innervosire gli americani che non sono d’accordo con questo tipo di iniziative”, spiega Fabbri. Ma allo stesso tempo, “Washington non fa passare un giorno senza annunciare che la controffensiva ucraina va male”. L’obiettivo, spiega il direttore di Domino, è di “segnalare a Kiev, così come a Mosca, che questa guerra non è possibile stravincerla sul terreno”».

Gli esiti della guerra tra Ucraina e Russia sono oggi un elemento centrale per comprendere come si determineranno i nuovi equilibri globali. Forse il G20 ha aperto qualche via a una soluzione di un conflitto che ha condizionato fortemente la scena internazionale. Anche se non è ancora ben chiaro come si possa soddisfare l’esigenza di Kiev di respingere l’aggressione di Mosca.

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