«La cultura della morte incombe sulla Francia»
Il Parlamento francese si appresta ad approvare, in questi giorni, la legge di bioetica. Tra le tante disposizioni controverse contenute, la più emblematica è l’apertura della fecondazione assistita alle coppie lesbiche e single, che permetterà per la prima volta la progettazione di figli senza padre. Riproponiamo l’editoriale che l’arcivescovo di Parigi, monsignor Michel Aupetit, ha scritto per il Figaro il 29 giugno. Traduzione di Pierre Laurent Cabantous.
Senza vergogna, quando il nostro Paese ha appena affrontato una crisi sanitaria che l’ha messa in ginocchio, la priorità del governo è far approvare il disegno di legge sulla bioetica dall’Assemblea nazionale. Tale disegno di legge porta in sé notevoli cambiamenti che modificano seriamente e pericolosamente le basi di ciò che la nostra civiltà ha costruito per il rispetto dell’uomo, della sua dignità, della sua vita e della sua salute.
Sebbene la maggior parte di importanti riforme debbano essere rinviate o riviste, oggi pare non vi sia altra urgenza se non quella di approvare con forza – e nella discrezione del mese di luglio – questo insieme di leggi che riguardano l’essenza stessa della nostra umanità. Questo in nome di una presunta uguaglianza rivendicata da persone che si trovano in situazioni speciali, che in nessun modo richiedono pari diritti, come afferma il rapporto del Consiglio di Stato.
Quindi, parliamo di uguaglianza!
Siamo reduci da tre mesi di confino. Siamo orgogliosi dei nostri assistenti sanitari, ma forse meno orgogliosi del modo in cui abbiamo trattato molte persone anziane. Alcuni sono morti senza poter vedere le loro famiglie per l’ultima volta, altri non sono stati in grado di ricevere cure igieniche o beneficiare della relazione minima che mantiene il legame sociale. Certo, si trattava senza dubbio di proteggere le persone la cui età, associata a problemi di salute, non permetteva loro di sopravvivere a lungo in terapia intensiva. Ma la pandemia ha soprattutto messo in luce la tristezza della situazione delle case di cura dovuta, spesso, alla mancanza di personale. Nel frattempo, sono previsti grandi investimenti per l'”intelligenza artificiale”, mentre altri discutono dell’eutanasia.
Consideriamo davvero i nostri anziani come nostri pari?
La pandemia da cui siamo appena emersi ci ha ricordato la nostra comune vulnerabilità, la necessità di tornare a una certa sobrietà, la ricchezza e, nel contempo, la fragilità delle relazioni familiari, ed ecco che il governo pensa di porre rapidamente fine alla discussione di questo disegno di legge bioetica come se nulla fosse successo. Potremmo già essere sorpresi da una certa ossessione nel facilitare l’eliminazione dei bambini nei grembi delle loro madri rendendo l’aborto una priorità nel periodo del confinamento, anche se le emergenze cardiovascolari sono rimaste irrisolte per promuovere l’accoglienza di pazienti con Covid-19. Ossessione denunciata da alcuni emendamenti attualmente in discussione in una commissione speciale dell’Assemblea nazionale.
La cultura della morte che incombe sul nostro paese è stata amplificata dalla paura di morire causata dalla pandemia. Qui siamo di nuovo impegnati a capofitto nello sconvolgimento delle relazioni genealogiche che strutturano la persona, nella banalizzazione degli embrioni umani selezionati, analizzati e gettati via come volgari prodotti di consumo, nella produzione artificiale di gameti che non ha altro interesse che quello di alimentare il mito della procreazione “senza sesso”. Sappiamo che dobbiamo rilanciare il commercio e l’industria, ma non a scapito della dignità umana. La scelta di aprire il mercato per i bambini, separando l’assistenza medica alla procreazione dalle difficoltà di concepimento, è un grave attacco alla dignità umana. Questa scelta di promuovere l’industria procreativa alimentandola con un numero sempre crescente di embrioni mostra chiaramente le ragioni commerciali alla base di questo progetto.
L’embrione
umano è uguale a noi?
È la società dei consumi che spinge ancora e di continuo il desiderio degli adulti senza alcuna considerazione delle conseguenze per le generazioni future. Fino a far loro violenza. Non c’è violenza, infatti, quando si priva deliberatamente un figlio di un padre, quando si organizzano aborti selettivi in caso di gravidanze multiple, quando il bambino scopre che l’embrione che egli è stato avrebbe potuto anche finire al microscopio di un ricercatore o in una discarica dopo un tempo di congelamento più o meno lungo?
Il bambino sottoposto all’onnipotenza del “progetto genitoriale” è ancora uguale a noi?
Venticinque anni fa, Giovanni Paolo II sentiva già l’urgenza di affermare che «per quanto riguarda il diritto alla vita, ogni essere umano innocente è assolutamente uguale a tutti gli altri», che «questa uguaglianza è la base di tutte le relazioni sociali autentiche» e che è consigliabile considerare «ogni uomo e ogni donna come una persona e non come qualcosa di cui si può disporre» (Evangelium vitae, 57). Mentre la pandemia ha dimostrato che la necessità di superare il nostro egoismo attraverso l’impegno per la solidarietà, il rispetto per la pari dignità di ogni essere umano rimane una priorità. È in particolare in gioco quello che Hans Jonas chiamava «l’archetipo senza tempo di ogni responsabilità, quella dei genitori verso il bambino».
Questa responsabilità grava di nuovo in questi giorni sui nostri deputati. Avranno il coraggio e la lucidità per invertire la logica di un “sempre di più” che accumula debiti finanziari e solleva anche questioni esistenziali che riguardano sia i vecchi che le generazioni future? Queste domande devono essere affrontate senza piegarsi a pressioni ideologiche o di mercato che si parano dietro a slogan perentori.
Chi ci rappresenta non può far finta che niente sia accaduto. Mentre la crisi sanitaria è ancora lì, mentre la crisi economica e sociale avrà un grave impatto sulla vita dei nostri compatrioti, come abbiamo visto quando ci siamo mobilitati per portare soccorso ai più indigenti, sarebbe un onore per i nostri deputati rimettere in discussione questo progetto ingiusto e che genera disuguaglianze al fine di concentrarsi sui problemi reali dei francesi.
Foto Ansa
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