Forte: «Manovra? Non funziona, Tremonti sbaglia sulla comunicazione»

Di Leone Grotti
19 Luglio 2011
Per l'ex ministro delle Finanze Francesco Forte la manovra non è da buttare ma la politica sta facendo errori: «Tremonti deve chiarire che il deficit dell'Italia l'anno prossimo non sarà così elevato come sembra e spostare i carichi della manovra sul 2012 o non sarà credibile». E ancora: «I tagli alla politica sono simbolici ma ora servono»

«La manovra non funziona perché Tremonti non ha chiarito che deficit raggiungeremo l’anno prossimo con questa manovra. Il silenzio fa sembrare che sarà elevatissimo ma non è così». Francesco Forte, ex ministro delle finanze e professore emerito presso la facoltà di Economia della Sapienza di Roma, non si mette le mani nei capelli guardando alla manovra varata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti e dal Parlamento venerdì scorso, ma rileva alcuni errori commessi: «Il deficit italiano è solo al 2,4% del Pil ma questo Tremonti non l’ha detto. Dovrebbe poi dirci di quanto scenderà l’anno prossimo, ma anche su questo non è stata proferita parola».

Se i mercati hanno recepito male la manovra è dunque solo un errore di comunicazione? «No» risponde a Tempi.it Forte, «il problema vero è non avere anticipato al 2012 una parte consistente della manovra, troppo caricata su 2013 e 2014. Nel 2013 ci saranno le elezioni, il governo cambierà e la manovra potrebbe essere disfatta». Molti economisti in questi giorni hanno scritto che si sarebbe dovuto anticipare al 2012 il pareggio di bilancio, ma Forte respinge la proposta: «Sciocchezze, bastava fare qualcosa in più per far scendere il livello del deficit all’1,5% del Pil. Questo avrebbe effetti molto positivi sui mercati, che non vedono di buon occhio l’instabilità della politica italiana, che è così anche a causa dei giudici».

L’ex ministro delle finanze è anche scettico sui tagli ai costi della politica che, dal punto di vista quantitativo, non avrebbero un grande effetto anche se sono importanti da quello simbolico: «Abbassando i costi del Parlamento non ricavi quasi niente. Da tagliare sarebbero piuttosto gli enti locali e le loro imprese, invece si è creato il falso scopo delle sforbiciate alla politica. Certo, tagliare gli accessori dal punto di vista simbolico vorrebbe dire che ognuno fa la sua parte e avrebbe un senso». Ad esempio? «Le auto blu, bisognerebbe abolirle tutte. Soprattutto quelle degli enti locali. Ci si guadegnerebbe un miliardo, che non è tanto ma è meglio di niente. Io quando ero ministro ero costretto a utilizzare l’auto blindata. Ma dopo sono sempre andato in taxi, che è più comodo. Anche perché quando andavo al ristorante ero costretto a pagare la cena almeno all’autista, cosa faccio, lo lascio fuori a mangiarsi un panino?».

E per quanto riguarda le procure di Roma e Trani, che hanno aperto fascicoli su eventuali reati delle agenzie di rating connessi alle speculazioni borsistiche delle ultime settimane, Forte precisa: «L’unica inchiesta fondata che si potrebbe fare è sulle valutazioni che vengono comunicate. Infatti un’agenzia di rating è un’impresa privata che di lavoro fa analisi realizzate sulla base di documenti. Però, se quando parlano non comunicano la diagnosi ma un giudizio personale, questa è turbativa del mercato. Se invece lo fanno prima di poter esibire i documenti, sono anche colpevoli di insider trading. E poi molte volte non basta comunicare la valutazione, bisogna anche spiegare bene la motivazione». Ma le agenzie di rating hanno sempre avuto tutta questa importanza? «Una volta le valutazioni erano sempre positive e quindi non tutti le prendevano in considerazione. Da quando invece sono pessimisti, la credibilità è aumentata. E poi contano le circostanze: se una persona è malata di cuore la puoi far morire di crepacuore anche solo sparando un pallino di gomma».

Oltre a caldeggiare che Tremonti comunichi quale sarà il deficit dell’ItaliaForte  dà un consiglio a tutta la politica: «Il clima mi sembra diventato molto fosco: vogliono fare fuori questi politici. I parlamentari adesso devono prendere misure simboliche davanti all’opinione pubblica per quanto riguarda i tagli e poi resistere alle richieste di processo che vengono avanzate di continuo. E’ lo stesso schema usato nel ’92-’94 per decimare la classe politica al potere, ma questa volta non devono riuscirci».

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