L’autore di questo articolo è uno studente liceale diciassettenne che ha accompagnato Lodovico Festa all’appuntamento con Roberto Formigoni per l’intervista pubblicata nel numero di Tempi in edicola da giovedì 24 gennaio.
Ti viene voglia di appiccicarti al vetro di quel corridoio e fissare Milano dall’alto del trentacinquesimo piano, ma non si può: le porte del suo ufficio sono già aperte. «Buongiorno presidente». Eccoci nell’ufficio di Roberto Formigoni. Inizia così un dialogo sul voto elettorale, sulla corruzione della politica, sui giovani che desiderano dedicarle la loro vita.
Cosa scegliere tra un voto ideale ma sfavorito e un voto utile, magari col naso tappato? Formigoni cita Ratzinger: «Un buon compromesso è l’ideale a cui un politico deve tendere ogni qual volta non siano in discussione valori non negoziabili». Gli ideali ci devono essere, ma Formigoni non transige: serve una valutazione realistica. Meglio un buon compromesso che una battaglia pura che però non porta a nulla. Il presidente parlando del bene dei cittadini fa una precisazione: la domanda che precede l’azione deve essere sempre «qual è il bene data la situazione storica?».
E i politici ipocriti dipinti dai giornali? «I giornali convincono la gente a non occuparsi della politica. Dicono: è sporca, statene lontani. Ma convincere che non vale la pena impegnarsi è il modo per rapirci l’anima». Infatti «è impossibile vigilare sul male che può compiere il singolo. L’unica soluzione è che la politica si rigeneri». E l’unica garanzia è proprio il rapporto con i cittadini. Gli domando: un giovane come me di diciassette anni, che nonostante tutto volesse dedicare la vita alla politica, cosa deve fare? «Devi partire dal desiderio, sempre». Non ci si può bloccare perché «se nessuno facesse politica, questa continuerebbe certamente ad essere amministrata, ma da forze che hanno tutto il loro personale interesse ad amministrarla. C’è assoluto bisogno di giovani».
Finisce così l’intervista. La politica raccontatami da Formigoni non è certo romantica, e fatico a immaginare la continuità che promette per la Lombardia. Ma ho visto le opere fatte e condivido la tensione a un bene comune realistico. Ho visto un uomo con idee che ancora mi assicurano di pensare e tentare di costruire ciò che desidero, e per me questo è un diritto non negoziabile. Mi allontano dal palazzo e mi guardo indietro, lassù. Che strano aver visto tutto da quella prospettiva, penso. D’altronde però, «la politica deve ripartire dal basso».