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Formigoni, Antonio Simone e noi (che difendevamo Belzebù Andreotti)

Guardiamo in faccia la realtà italiana che, dall'indignazione dilagante all'antipolitica, ci ha portati a confondere i reati coi peccati.

Assuntina Morresi
24/04/2012 - 16:06
Società
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tratto da stranocristiano.it

Qualche giorno fa ero dal medico, aspettando il mio turno. Leggevo il Corriere della Sera, e nella pagina aperta c’era la foto di Renzo Bossi. Entra una signora, molto arrabbiata. Ha fretta, le serve urgentemente un certificato ma deve aspettare il suo turno: tutti abbiamo fretta, tutti siamo in fila. Si siede vicino a me, vede la foto del “trota”, e comincia ad inveire violentemente contro i politici, tutti “schifosi ladroni, rubano tutti, che schifo pure questo della Lega”. E poi, con un trucchetto – scusate, dice, devo fare solo una domanda al medico – appena si apre la porta dell’ambulatorio, ci si infila dentro, e salta la fila.

Ecco: l’Italia è diventata questo. Tanta, troppa gente rancorosa, livorosa, che si è trovata servita su un piatto d’argento un capro espiatorio per le difficoltà della crisi – i politici, diventati oramai per la vulgata comune una massa indistinguibile di corrotti, sede di tutti i mali – e su quelli si sfoga, tutta questa gente rancorosa, accusandoli di ogni nefandezza, salvo fare, appena possibile, le stesse cose su cui hanno protestato fino a un secondo prima.

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Certo, il mio esempio è minimale e non ha un gran peso, ma è indicativo di un modo di agire. I corrotti sono gli altri, sempre, e spesso non ci si rende conto che sono in tanti a cercare scorciatoie o facilitazioni illecite, per non dire d’altro. E ognuno di noi sicuramente potrebbe fare esempi più consistenti del mio.

Per buttare giù Berlusconi, al grido “muoia Sansone con tutti i filistei”, è stato inaugurato un nuovo metodo: basta con i processi, non serve neppure cercare reati, è sufficiente scoprire un lato debole dal punto di vista personale – le donne, il lusso – comportamenti inopportuni o imbarazzanti o sconvenienti per una carica pubblica, specie in un periodo di crisi e difficoltà economiche, e poi bisogna mettere tutto in piazza, paginate di giornali, indicare il puzzone, ed il gioco è fatto: la lapidazione è assicurata.

Con Berlusconi ha funzionato, e poi hanno cominciato a farlo con i suoi alleati, e funziona anche lì. La gente è indignata, giustamente – quando c’è chi si suicida perché perde il lavoro e le imprese chiudono, le vacanze lussuose e i festini diventano umanamente insopportabili – e su questo si giocano le campagne mediatiche al massacro.

Non importa più capire se qualcuno ha commesso reati o no, se i soldi del partito sono stati usati correttamente o no, se si tratta di soldi privati o pubblici, se si è governato bene o no, se fare vacanze lussuose sia peccato, reato, o solo incoerente o inopportuno: tutto va bene pur di alzare un enorme polverone, siamo entrati in una lunga notte in cui tutte le vacche sono nere, e niente più si distingue.

E quindi si urla contro la corruzione e i politici ladri, e poi si salta la fila dal medico, perché se non possiedi niente, solo quella puoi fare, di infrazione. Ma la logica, amici miei, rimane la stessa.

E allora? Allora cominciamo con l’aiutarci a guardare in faccia la nostra realtà italiana, a partire dai fatti per quelli che sono, cerchiamo di capire, e distinguere reati, peccati, incoerenze insopportabili, comportamenti inopportuni, e innanzitutto chiamare le cose con il loro nome.

Cominciamo a farlo con Formigoni, che governa, regolarmente eletto, da 17 anni la regione più ricca d’Italia, con risultati che tutti possono verificare.

Non è indagato, non ci sono reati in gioco, per adesso, ma una violentissima campagna demolitoria, basata soprattutto su comportamenti personali giudicati inopportuni o imbarazzanti – una vita iperlussuosa ed incongrua per chi ha fatto voto di povertà – e una frequentazione con “faccendieri” momentaneamente in galera, con cui ha fatto vacanze da nababbo, sospettati di avergliele pagate per avere in cambio favori dalla regione Lombardia.

Su questo si è innestato il fatto più doloroso: uno dei “faccendieri” attualmente a San Vittore, su cui la magistratura sta indagando, è Antonio Simone, un amico storico di Formigoni, che ogni ciellino sulla cinquantina conosce, almeno di nome. La loro amicizia, sua e di Formigoni, e di tanti altri del CLU, statale e cattolica di Milano, era mitica: insieme hanno letteralmente costruito un pezzo importante della storia del movimento di Comunione e Liberazione, in anni molto belli, molto difficili, molto intensi, che hanno segnato la vita di tanti di noi, e l’hanno cambiata in modo decisivo. Per quello, gliene siamo tutti grati, pure adesso. Io sono loro grata, pure adesso, comunque vada.

La moglie di Antonio Simone ha scritto una lettera al Corriere, ieri, furiosa, velenosa contro Formigoni. E Formigoni ha risposto.

Vorrei invitare tutti a leggere la lettera di Formigoni, sul sito di Tempi, e a rifletterci su.

Sarà la magistratura a stabilire se ci sono reati, e se qualcuno ha sbagliato, pagherà come è giusto che paghi.

Comunque io mi ricordo che Don Giussani, quando Andreotti fu accusato di essere mafioso, nel pieno di “Mani Pulite” (l’antefatto di quel che accade adesso) annunciò che CL avrebbe affidato la direzione della rivista Trenta Giorni proprio a Giulio Andreotti, come segno di solidarietà (se qualcuno che legge si ritrova il comunicato ufficiale, me lo può far avere?). Fu un grandissimo rischio: e se fosse stato riconosciuto colpevole?

Il Don Gius lo fece in forza di un giudizio che aveva già dato su Andreotti, e che si può leggere in un’intervista in appendice a “Io il potere e le opere”, insieme ad un’analisi politica molto significativa, nel metodo e nel merito. Ve ne trascrivo alcune parti:

Da “L’Io il potere e le opere”, Marietti, 2000, pag. 200, 202

Intervista a Mons. L. Giussani a cura di Alessandro Banfi, , Il Sabato n.19, 9 maggio 1987

Ci sono stati tre “scandali” sulla stampa italiana che hanno coinvolto lei e il Movimento che dirige: il rapporto con i socialisti, l’incontro con l’MSI fatto a Roma, la relazione con Giulio Andreotti. Per usare un termine in voga tra i cronisti, potremmo parlare di tre patti con Belzebù. Può spiegare questi tre “scandali”?

Il rapporto sia con i socialisti sia con esponenti dell’MSI è stato un rapporto tra persone in cui l’applicazione del senso religioso – come determinante i valori sociali, nel primo caso, o come messaggio cristiano in quanto tale, nel secondo – abbiamo ritenuto potesse essere valorizzata. Ma questo atteggiamento lo adotteremmo con chiunque. Mentre mi pare che sia totalmente diverso l’ultimo dei tre “scandali”: il rapporto con Giulio Andreotti. Esso deriva infatti dalla scelta di una persona la cui concezione dell’uomo e della vita sociale, per l’esperienza che abbiamo del suo modo di pensare e di governare, ci sembra meglio garantire le preoccupazioni dettate dalla dottrina cristiana. Chiamare poi Belzebù gli avversari politici è segno di un integrismo da lasciare soltanto a chi ha un’immensa sete di potere, o a chi voglia blandire chi ha molta sete di potere.
(…)

“che cosa spera e che cosa teme dell’attuale situazione politica?”
Spero che la DC, quale strumento che ci sembra più agibile per dei cattolici democratici, esca con una possibilità di azione più vasta. Che potenzi però non solo la DC ma, all’interno della DC, anche la componente più sensibile alla dottrina sociale della Chiesa. Quello che temo di più è che dopo e elezioni si pongano le condizioni per un governo di alternativa che aggreghi il PCI insieme con i partiti di area laica e socialista. Personalmente – potrei anche sbagliarmi – sono anche preoccupato del verificarsi di un bipolarismo DC-PCI che esaltasse il dispotismo dell’uno o dell’altro polo.

Ma non c’è contraddizione fra i timori suscitati dalla politica bipolare e un potenziamento di una tentazione presente nella DC?

Resto fedele alla speranza che la DC confermi e accresca la sua posizione, ma che in proporzione crescano nella DC i fermenti più sensibili alla concezione del Papa espressa nel suo discorso di Loreto. E poi, non essendoci nessun Belzebù, spero che coloro che oggi mi destano preoccupazione possano cambiare.

 

…

Il Movimento Popolare è sempre stato presentato come il “braccio politico” di CL. lei come lo definisce?E come lo vorrebbe?

Lo vorrei come lo definisco, Perché mi pare che il Movimento Popolare abbia sempre cercato e cerchi di realizzare, evolutivamente, l’ideale per cui è nato. Ed è nato come trama sociale unitaria, liberamente unitaria di tutto lo sforzo che le persone educate al cristianesimo, in CL o in altri ambiti, realizzano come tentativo di risposta organica ai bisogni della gente, in tutti i campi: culturale, sociale e politico. E’ proprio questa immagine di Movimento Popolare che ci rende ipersensibili di fronte alla necessità che la società sia retta secondo una libertà soprattutto associativa. Libertà che, del resto, Giovanni XXIII include nella Pacem in Terris fra i supremi diritti dell’uomo.

Un’ultima domanda, un po’ maligna. In questa frenetica campagna elettorale, al constatare quanti appelli “cattolici” vengono fatti, viene l’idea che a questo punto la fede c’entri solo con il voto…

Mi pare che questo sia un modo provvidenziale con cui lo Spirito di Dio riesce a estrarre almeno una volta ogni tanto dalla distrazione estrema e dall’incoerenza quasi totale molti che solo anagraficamente sono cristiani.

Tags: andreottibanfiil sabatoRoberto FormigoniSilvio Berlusconisimone
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