Riceviamo e pubblichiamo. L’autore è responsabile nazionale Fism per le questioni giuridiche.
Sulla questione del mancato pagamento dei contributi da parte dello Stato alle scuole paritarie, la Fism ritiene opportuno fare chiarezza, dopo l’intervista rilasciata dal presidente Aninsei Luigi Sepiacci a tempi.it del 19 luglio. Aninsei ha interposto un ricorso al Tar del Lazio, poi un secondo al Consiglio di Stato, ed ora un nuovo ricorso per ottemperanza con richiesta di nuova sospensione del decreto ministeriale di ripartizione dei fondi pubblici alle scuole paritarie.
È davvero singolare che si provi a dare la colpa del blocco dei contributi ad altre sigle paritarie. Non è chi non veda che aver sollevato il vespaio della questione degli aiuti di Stato sui contributi pubblici (come fecero i Radicali ai tempi della infrazione ICI) ha aperto un vaso di Pandora da cui usciranno solo guai per tutto il mondo paritario. Eppure doveva essere noto ad Aninsei che nella Comunicazione 11.11.2012 della Commissione europea sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale, aveva chiarito come la giurisprudenza europea dell’Unione avesse stabilito che l’istruzione pubblica organizzata nell’ambito del sistema scolastico nazionale finanziato e controllato dallo Stato può essere considerata un’attività non economica. Ancora la stessa Commissione ha avuto modo di precisare che il “carattere non economico dell’istruzione pubblica in linea di massima, non è pregiudicato dal fatto che talora gli alunni o i genitori siano tenuti a pagare tasse d’iscrizione o scolastiche per contribuire ai costi di gestione del sistema. Tali contributi spesso coprono soltanto una frazione del costo effettivo del servizio e non possono quindi essere considerati una retribuzione del servizio prestato. Essi non alterano pertanto il carattere non economico di un servizio d’istruzione generalmente generalmente finanziato dalle casse pubbliche”.
Si è invece voluto sottoporre la questione alla giustizia amministrativa in altri termini ed il risultato è il blocco del decreto ministeriale che porterà ritardi su ritardi. Le scuole senza scopo di lucro non operano in regime di concorrenza per loro stessa definizione e perché svolgono la loro attività con modalità non commerciali. È di tutta evidenza che le scuole che distribuiscono utili invece, operano nel campo della concorrenza. La normativa italiana ha già definito e risolto il problema in termini oggettivi sin dai tempi dell’infrazione europea sollevata in materia ICI/IMU, fissando la soglia delle rette annuali sopra la quale le scuole non potrebbero essere considerate come soggetti che svolgono la loro funzione con modalità non commerciali. Aninsei chiede di spiegare come mai le scuole paritarie non profit lamentino gravi difficoltà di bilancio mentre quelle profit riescano a distribuire utili. La risposta sta evidentemente nell’entità delle rette applicate ma il tema vero è che le scuole non profit non sono interessate che alla loro funzione di missione e pubblica e i bilanci devono essere funzionali alla sostenibilità di questa attività.
La questione degli utili è una preoccupazione che non appartiene se non a chi ha interesse ad un mercato concorrenziale che non appartiene al mondo non profit, tanto meno nell’ambito della funzione scolastica. Fism ha notificato la diffida al Miur nel giugno scorso perché era ormai intollerabile che le scuole non ricevessero i contributi e non si approvasse il dm relativo dopo 6 mesi dalla pubblicazione della legge di bilancio dello Stato. Pensare di distribuire i contributi senza distinguere i soggetti che operano come non profit rispetto a coloro che decidono di svolgere l’attività in ambito concorrenziale sarebbe davvero illogico e quindi il Miur ha introdotto in adempimento alle statuizioni del Consiglio di Stato un criterio oggettivo che si accompagni al criterio soggettivo. Di tutta risposta Aninsei interpone un nuovo ricorso al Consiglio di Stato effettuando anche una domanda di sospensione del dm: sospensione che, peraltro, se fosse accettata, creerebbe ulteriori problemi… Ora la domanda è: se i contributi non verranno erogati nel 2016 di chi è la colpa? Quali sono le vere motivazioni di tanta insistenza?
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