Il Deserto dei Tartari

I finti profughi omosessuali e l’Unhcr danneggiano quelli veri

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Più passa il tempo e più trovo che abbiano ragione Robert Sarah, cardinale della Chiesa cattolica sfuggito alle fucilazioni comuniste nella Guinea Conakry, e Diego Fusaro, filosofo marxista e agnostico. Partendo da posizioni lontanissime, arrivano alla stessa conclusione: le prime vittime dell’agenda Lgbt e del riconoscimento dei cosiddetti diritti gay sono proprio le persone omosessuali. Perché agenda Lgbt e campagne per i diritti civili dei gay sono solo strumenti della ristrutturazione capitalistica finanziaria in corso e della sua sovrastruttura ideologica, che è l’individualismo edonista nascosto dietro la maschera della rivendicata autonomia morale del singolo uomo. Si fa credere a queste persone che si ha a cuore la loro felicità, che si vogliono riparare le ingiustizie di cui sono state vittime, e per questo si offrono loro una parodia del matrimonio e possibilità di paternità e maternità del tutto artificiali e artificiose.
Il vero obiettivo in realtà non è curare le loro ferite, ma distruggere matrimonio e famiglia, conquistare dall’interno e svuotare di senso la Chiesa cattolica, trasformare l’umanità in una folla di individui isolati alla mercé della condiscendenza repressiva e dell’assistenzialismo castrante dello Stato e delle multinazionali. Si tratta di spazzare via tutte quelle formazioni e istituzioni sociali che intralciano il perseguimento sfrenato del profitto e la smania totalitaria del Potere. Per il cardinale l’ideologia che sottostà a tutto questo non è una sovrastruttura, ma una manifestazione della tentazione diabolica che il progresso tecnico ripropone agli esseri umani in modo sempre più pervasivo: essere come Dio, prendere il Suo posto e ricreare il Creato a nostro ghiribizzo. In comune col filosofo marxista c’è la conclusione detta all’inizio: gli omosessuali vittime, e non protagonisti di quello che sta accadendo.

Più passa il tempo e più si accumulano fatti che avvalorano questo giudizio sulla situazione. Alcuni davvero sorprendenti. Ieri ho parlato con un mio amico straniero che per quattro anni ha fatto l’interprete presso le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Sono gli organismi ufficiali che si occupano dei richiedenti asilo. Normalmente ne fanno parte due rappresentanti del ministero degli Interni, uno degli Enti locali e uno dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). È a loro che viene indirizzato ogni cittadino straniero che vuole chiedere lo status di profugo. La Commissione ha il potere di accettare o respingere la richiesta, di riconoscere lo status di rifugiato oppure concedere forme diverse di protezione come la protezione sussidiaria o il permesso di soggiorno per motivi umanitari (lo può dare la Questura su istanza della Commissione). Il mio amico parla le lingue dell’area compresa fra Iran, Afghanistan e Pakistan: farsi, pashtu e urdu. E mi racconta una storia incredibile: «Le commissioni concedono lo status di rifugiato a decine di persone che dichiarano falsamente di essere degli omosessuali perseguitati in patria; all’inizio a suggerire ai richiedenti di dichiararsi gay sono stati alcuni componenti delle Commissioni; adesso la voce si è sparsa e arrivano pakistani, iraniani e afghani che dicono di essere omosessuali e raccontano false storie di persecuzione. La veridicità di quello che raccontano non viene verificata, facilmente ottengono lo status di rifugiati, e poi nessuno fa controlli successivamente. Ne conosco personalmente un paio che qui in Italia hanno la fidanzata. Di passaggio a Roma, amici mi hanno raccontato di pakistani che nel paese di origine hanno moglie e figli, e che qui in Italia hanno ottenuto asilo dichiarando di essere omosessuali».

Il mio amico interprete ha lavorato per le Commissioni territoriali in varie città italiane, e mi dice che lui ha personalmente riscontrato abusi a Milano. A indirizzare gli aspiranti rifugiati sulla pista della persecuzione omofoba sarebbero stati i rappresentanti dell’Unhcr. «Ricordo il caso di un afghano che aveva un’aria molto mesta. “Nei tuoi occhi vedo una profonda tristezza perché non puoi esprimere quello che sei”, gli ha detto il rappresentante dell’Unhcr. “Sono triste per le violenze e i lutti della guerra nel mio paese”, ha risposto il giovane. “C’è dell’altro: tu non puoi esprimere liberamente il tuo amore per le persone del tuo stesso sesso”, ha aggiunto. Il giovane non capiva, per spiegargli il concetto c’è voluto del tempo. Quando ha capito, ha risposto che lui non era omosessuale. Il commissario insisteva su quella linea. Allora io gli ho fatto notare: “Ha già risposto, sta dicendo che lui non è omosessuale”. “Tu limitati a tradurre quello che io dico e quello che lui risponde, sei qui come interprete, non hai altri ruoli”. Alla fine il giovane ha capito che se si dichiarava omosessuale la sua richiesta di asilo sarebbe stata accettata, e ha fatto quello che gli era stato suggerito».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]«Quella volta sono stato testimone diretto della scorrettezza del rappresentante dell’Unhcr, ma sono sicuro che non è stato l’unico caso, perché altri profughi che ho conosciuto qui in Italia mi hanno detto di avere fatto la stessa esperienza: nel corso dell’udienza il commissario dell’Unhcr ha suggerito di dichiararsi dei gay perseguitati, loro lo hanno fatto ed è così che hanno ottenuto lo status di profughi. Nel frattempo la voce è girata, e molti richiedenti che omosessuali non sono hanno cominciato a raccontare storie di persecuzione contro di loro per quel motivo. Nei miei quattro anni di lavoro come interprete calcolo di essere stato testimone di una ventina di casi di questo tipo, riguardanti iraniani, pakistani e afghani che hanno ottenuto asilo raccontando false storie di persecuzione omofoba. I casi si sono verificati principalmente, ma non esclusivamente, a Milano. Nel Sud Italia, invece, m’è capitato varie volte di assistere a scene in cui il rappresentante del ministero degli Interni, che poteva essere un agente di polizia, si arrabbiava quando il richiedente tirava fuori la storia dell’omosessualità, gli diceva che stava mentendo. Allora lo straniero cambiava discorso, portava altri motivi per dimostrare che era minacciato in patria».

Non credo che questo andazzo possa continuare a lungo. Prima o poi arriverà il giro di vite, e allora a rimetterci saranno gli omosessuali perseguitati per davvero, che non saranno più creduti a causa di tutti quelli che hanno detto il falso in passato. Imbeccati da pubblici ufficiali che evidentemente non si limitano a svolgere il compito che è loro affidato, ma approfittano del loro ruolo per portare avanti obiettivi politici a livello nazionale e internazionale. Tanto nessuno dice niente.

@RodolfoCasadei

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13 commenti

  1. Antonio

    i soliti cialtroni furbastri di clandestini…altro che risorse e ricchezze. Questi si fiondano in casa nostra attirati dallo scrocco facile di assistenze,servizi, welfare… grazie anche a chi li difende. E ‘sti pezzenti non pagano ne pagheranno mai nulla in quanto eternamente indigenti, affamati, poverini, poverelli, disperati. Altro che pagarci le pensioni. E gli crediamo sulla parola quando si auto-definiscono profughi. Ora pure questa balla dell’omosessualità, proprio a puntino quando l’opinione pubblica imbecille difende per moda buonista clandestini e “diritti” dei gay. Questa feccia porta e porterà solo costi, degrado, criminalità.

    1. Luca

      Si può chiamarla “moda buonista” oppure “carità cristiana”, la sostanza non cambia di una virgola.

  2. Cisco

    A parte gli evidenti abusi, mi chiedo: come si fa a dimostrare di essere omosessuali? Non penso che basti una foto della Boldrini o di Scalfarotto nel portafoglio…

  3. Glamdringwielder

    Una piccola critica che spero non offenda la redazione.
    Il diritto alla privacy è effettivamente un diritto che tutti possono esercitare, ma forse sarebbe meglio scrivere il nome della fonte delle informazioni. “Il mio amico” suona un po’poco credibile e non è rintracciabile sul web.
    Un’altra cosa: non è possibile che l’idea di dichiararsi omosessuali sia partita in gran parte dai profughi stessi? Insomma, essere omosessuale in quei paesi ti garantisce una certa quantità di oppressione, non solo dai potenti ma anche da amici e famiglia, e quindi anche una certa precedenza su altri tipi di rifugiati. Insomma, mi sarei aspettato che fossero i profughi stessi a inventare il giochetto.

    1. underwater

      Da quel che ho capito, là cosa è reciproca. Sia gli uni che gli altri un po ci sono ed un po ci fanno.

    2. rodolfo casadei

      La fonte, che mi assumo la responsabilità di giudicare affidabile, mi ha chiesto la riservatezza, e io ho accettato la condizione. Nel frattempo mi ha scritto un avvocato milanese segnalandomi che stranieri di nazionalità egiziana si rivolgono a lui per chiedere lo status di profughi e gli chiedono se conviene loro dichiararsi omosessuali (pur non essendolo) per ottenere asilo.

      1. Martino

        E se lo tenga stretto questo nome, perché ai signori critici non basterebbero le false nozze di cui è piena di certificati la rete internet, oppure quel film di qualche anno fa, in cui due uomini si fingevano sposati per avere dei vantaggi civili.

        Mi diranno, questi signori, ma di quali certificati, quali siti web, quali film?

        Io risponderò con un banalissimo: vattelo a cercare!

        La realtà è questa: dove c’è un privilegio, c’è almeno un furbacchione!

  4. Daniele

    Gia non se ne può più dei profughi e adesso ci sono pure quelli gay…..al peggio non ce mai limite!

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