«Cosa farei io al suo posto a questo punto? Mi farei cacciare. Proclamerei la mia innocenza, la mia condizione di vittima della giustizia, ma non mi dimetterei certo da senatore. E credo che Berlusconi non si dimetterà, battendosi fino in fondo in giunta al Senato, ma non con spirito leguleio: deve affrontare a testa alta le conseguenze della sentenza e dimostrare l’anomalia di questa situazione tutta italiana. Esercitare la sua leadership fuori dal Parlamento, ecco, questo sì, è rivoluzionario, è berlusconiano». Comoincia così l’intervista a Giuliano Ferrara pubblicata oggi dal quotidiano Repubblica.
Il direttore del Foglio sulla questione dell’agibilità politica di Berlusconi ha una visione «molto radicale. Agibilità è un termine equivoco che a me non è mai piaciuto. Il punto è semplice: una istituzione super partes come il presidente della Repubblica dovrebbe aprire una grande questione, riconoscendo 20 anni di conflitto politico e decidendo di delegittimare questa fictio iuris basata sull’idea che qui c’è stata una sentenza come un’altra, su un cittadino come unaltro, allora sì, potrebbe scattare la grazia o la commutazione della pena. Ma Napolitano per la sua storia non è questo tipo di presidente, non glielo si può chiedere. Non andrà mai così».
Ma su una questione è chiaro, Ferrara: «Le sentenze si possono criticare però poi si applicano. Berlusconi deve farsi alcuni mesi di domiciliari o servizi sociali o quel che sarà. L’agibilità consisterà nella possibilità di Berlusconi di offrire un’altra immagine di leadership: lui è prigioniero di una giustizia che è riuscito a incastrarlo? Bene, ne rigetta la sostanza criticando la sentenza, ma ovviamente la subisce e la applica. Dimostrando tutta l’anomalia di questa situazione alla quale è stato costretto e da lì continuare a parlare agli italiani di tasse, di crescita, di governo: esercitare la leadership insomma. Nei limiti di un’agibilità, diciamo così, minorata». Ecco la strada che sul suo quotidiano Ferrara ha definito quella del «libero prigioniero» e che è diversa dalla grazia su cui i legali di Berlusconi stanno lavorando.
E anche sulla possibile candidatura della figlia Marina Berlusconi, Ferrara dice la sua: «Marina fa queste smentite ufficiali, formali, formalmente convincenti. Ma secondo me non è così. Altrimenti non capirei certe sue interviste, la sua partecipazione al dramma paterno. Tuttavia Marina funziona se si vota a ottobre, non dopo, non tra due anni. In politica conta l’effetto sorpresa. Come avvenne nel ’94».
E del governo Letta che ne sarà? «Letta si trova con uno dei suoi pilastri ai domiciliari da qui a breve. L’altro, il Pd, privo di un leader. È costretto ad andare avanti. Col sostegno del Quirinale. E poi diciamoci la verità: a Berlusconi conviene che il governo Letta continui a vivere: è il fattore di legittimazione maggiore per lui, in questa fase. Non ha alcuna intenzione di rovesciare il tavolo».