Ferrandelli, il candidato sindaco del Pd a Palermo che nessuno (tranne Lombardo) voleva

Di Chiara Sirianni
09 Marzo 2012
Bancario, laureato in Lettere, sposato, 31 anni, da tempo impegnato nel sociale, Fabrizio Ferrandelli, che ha vinto le primarie ed è diventato candidato ufficiale del Pd a Palermo, militava nell'Idv prima di essere cacciato dal partito. Oggi lo accusano di essere l'uomo del governatore Raffaele Lombardo ma lui risponde: «È la macchian del fango».

La commissione elettorale delle primarie di centrosinistra a Palermo ha proclamato vincitore Fabrizio Ferrandelli, e la ex favorita Rita Borsellino, sconfitta per 151 voti, ha riconosciuto il risultato, anche se le polemiche interne alla coalizione non sembrano affatto finite. Ferrandelli, ex capogruppo Idv in consiglio comunale, è appoggiato dalla parte di Pd che fa riferimento al senatore Beppe Lumia, e dal capogruppo all’Assemblea regionale Antonello Cracolici. Entrambi favorevoli all’alleanza con Terzo Polo e il Mpa dell’attuale presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo. Dal momento della proclamazione ufficiale del risultato ci sono 48 ore di tempo per presentare eventuali ricorsi e l’Idv si è già messa in moto: «Rimane in pista la contestazione presso i garanti della regolarità di queste elezioni che non riguarda il numero dei voti ma l’inaccettabilità di questo inquinamento» ha annunciato il portavoce nazionale (ed ex sindaco di Palermo) Leoluca Orlando. Il riferimento è alle indiscrezioni secondo cui alle primarie del centrosinistra avrebbero partecipato parecchie migliaia di elettori di centrodestra, in particolare sostenitori del presidente di Regione.

Trentun anni, sposato, bancario, laureato in Lettere, da anni impegnato nel sociale, Ferrandelli nel 2007 è eletto consigliere comunale nella lista “Sindaco Orlando”, l’anno successivo diventa capogruppo di Idv, partito dal quale sarà espulso dopo la decisione di candidarsi, maturata quando era ancora probabile la candidatura di Orlando. Una volta espulso, Ferrandelli ha trovato sostegno in una serie di associazioni locali e nell’ala lombardiana del Pd siciliano. Orlando aveva intenzione di ricandidarsi a queste primarie al posto di Rita Borsellino, se solo il leader del partito Antonio Di Pietro non lo avesse preceduto nelle tempistiche annunciando l’appoggio del partito alla sorella del magistrato. Orlando ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma la vittoria di Ferrandelli non gli è andata giù. In primis per la presenza di «uomini di Raffaele Lombardo davanti ai seggi, persone che distribuivano soldi, un evidente inquinamento politico del voto». In secondo luogo perché Lombardo «è un avversario politico. Non posso accettare che entri in casa nostra e scelga il nostro candidato sindaco a Palermo. Per me è come Totò Cuffaro. Ma senza cannoli». Ferrandelli ha specificato in una nota che «il sostegno di una parte del Pd non fa di me il candidato di Lombardo» ma di certo ora gli spetta l’arduo compito di convincere la sinistra palermitana di essere qualcosa di più e di diverso da un’appendice.

Prima ha cercato di minimizzare: «Sapevo che la mia candidatura avrebbe spaccato» ha detto Ferrandelli. «Figuriamoci la mia vittoria. Del resto, ho battuto sei segretari politici e un ex candidato sindaco. È normale che qualcuno ci sia rimasto male». Poi si è scagliato contro la stampa, che gli avrebbe riservato «una campagna in stile metodo Boffo». Il riferimento è all’’ex direttore di Avvenire, che dopo aver criticato il presidente del Consiglio e il suo governo due anni fa lasciò la guida della testata dei vescovi in seguito a una martellante campagna diffamatoria di Vittorio Feltri nei suoi confronti. «Rai Tre regionale – ha detto Ferrandelli – ogni volta non fa altro che evidenziare che io sono un candidato filo-lombardiano, mentre lo stesso trattamento non è stato riservato ad esempio per la Borsellino. È giunto il momento di riportare la discussione nell’alveo naturale. Lombardo non ha rapporti con me, e ha anche il suo candidato. Non darò mai al presidente della Regione i miei voti. Nemmeno se dovessero servire al ballottaggio».

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