Farina: «Papa ha subito pressioni dai pm di Napoli, la chiama tortura»

Di Roberto Regina
12 Ottobre 2011
I pm di Napoli avrebbero promesso ad Alfonso Papa la libertà in cambio dell'ammissione di colpe o dichiarazioni a danno di Silvio Berlusconi. Lui li ha denunciati e «i magistrati di Roma sabato a Poggioreale l'hanno ascoltato. Lui la chiama tortura». Così Renato Farina spiega a Radio Tempi qual è la situazione in carcere di Alfonso Papa

Tutti i quotidiani odierni riportano le dichiarazioni dell’on. Alfonso Papa che ha denunciato le ripetute pressioni del pm Woodcock, che gli avrebbe promesso la libertà nel caso lui avesse ammesso almeno uno degli addebiti mossi a suo carico o avesse fatto dichiarazioni tendenti a incriminare Silvio Berlusconi.
«Sono stato proprio ieri in cella a trovare Alfonso Papa e posso dire che questa denuncia era già nota da tempo anche se la stampa non l’aveva diffusa prima». A parlare è l’on. Renato Farina, collega e amico di Alfonso Papa, che questa mattina ha tratteggiato a Radio Tempi la difficile situazione del parlamentare.

«Che la denuncia di Papa non sia una mera indiscrezione giornalistica lo dimostra il fatto che sabato scorso Alfonso Papa è stato interrogato a Poggioreale dai magistrati di Roma proprio riguardo alla sua denuncia sui comportamenti della procura di Napoli. Lui la chiama tortura, una violenza fisica o psicologica per ottenere quello che non si riesce a ottenere attraverso un lavoro di indagini appropriate». «Lui – continua Farina – è in carcere formalmente proprio perché deputato, il meccanismo della votazione in aula ha sancito ciò che altrimenti non sarebbe stato chiesto. Si ritiene che la sua posizione di deputato e quindi la libertà di parlare implicata avrebbe inquinato le indagini. Rappresentare il popolo diventa motivo di carcerazione e questo è inammissibile».

Ma la situazione che sta vivendo, Papa la condivide con tanti altri: «Ogni settimana – prosegue Farina – vado nelle carceri e posso testimoniare che la situazione è gravissima. Quasi la metà dei nostri 65.000 carcerati sono detenuti in attesa di giudizio, e moltissimi vengono assolti. Il danno più consistente è la perdita quasi totale di dignità che la struttura carceraria provoca nei detenuti». E nello specifico sull’amico parlamentare: «L’ho trovato malissimo. E’ la quarta volta che vado a trovarlo, l’ultima era a settembre, ma ora è più provato. Non mangia più, ha crisi di panico notturne ed è caduto in depressione. Parecchi detenuti hanno questi sintomi, credo sia causato dalla custodia cautelare, perché essere in balia della volontà di alcuni senza avere nessuna certezza del giudizio chiaro di un tribunale è una cosa devastante, è come un limbo dove subisci già le pene dell’inferno sulla tua pelle».

Farina è chiarissimo: «Se uno va contro la legge ci devono essere pene e sanzioni, ma fino a quando non c’è la condanna uno non dovrebbe scontare preventivamente la pena, eccetto ovviamente il caso dei delitti di sangue, in cui l’indagato può essere pericoloso».

Ascolta l’intervista integrale a Renato Farina
[podcast pid=39/]

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.