La colossale fake news sull’Ungheria sfuggita ai nuovi segugi della “verità”

Di Luigi Amicone
23 Aprile 2019
L’idea (di sinistra) di mettere gli algoritmi a pattugliare il web è un’asineria buona per i soliti poterazzi. Il problema non sono le bugie a forma di scemenza, ma le verità a forma di correttezza politica
Viktor Orban, Emmanuel Macron e altri leader europei a Bruxelles

Articolo tratto dal numero di Tempi di aprile 2019

Una volta c’era chi si autocertificava ordini religiosi e predicava in romanzi la chiesa di Cristo senza Cristo. Adesso tutto è “chiesa” ma solo quella vera soffre assai e anche il papato non si sente tanto bene. “Cos’è la verità” adesso che tutto l’establishment grida alla “verità” contro le “fake news” e le “informazioni distorte”? Proprio mentre il popolo si è accorto che l’establishment è una bugia-tira-l’altra. Ma come, senza la cosiddetta “narrazione” non sei nessuno, i fatti continuano a sbadigliare in bocca alle nostre élite, però non passa giorno che la “verità” non trovi nuovi adepti perfino tra finanzieri e bancari?

Hanno perso il vizio del dubbio metodico, la cognizione del sospetto, la favoletta che pretendere di annunciare una verità è fare violenza. Gianni Vattimo non è più di moda. E pubblicano perfino libri intitolati La verità al potere. Con un programma articolato in sei punti di “diritti alla verità”. Addirittura.

Siamo alla “verità” intesa come Fondo ambiente italiano. Verità delle aristocartiche Crespi&Buitoni. Che come hobby si sono date l’istruzione degli italiani. Eh sì. Non c’è più il Fai della Federazione anarchica italiana di una volta. Eh sì. Trattasi di “verità” che sono appena più in là dell’asinina e riccastra (vedete quanti soldi ci hanno fatto al Fatto?) “verità” dei manettari. Grida spagnole che non ti aspettavi di vedere nel secondo millennio. Eppure è andata così. Per 25 anni. Verità, nient’altro che Verità. Giudiziaria. La stessa che spazzerà via questi venuti dal nulla a raccontare che loro erano puri e gli altri no. I nulla dell’onestà. E tà-tà-tà. Just in time per sterminare il benessere italiano e portare in giro per il mondo sconvolto dalla nostra crescita 0,0 il nuovo genio dell’arte italiana. Il monumentale affresco del gabbio. Italia, un posto dove la virtù è dichiarata per comma di “spazzacorrotti”.

UNA SETE IMPROVVISA

È tutto privo di senso. E di senso condiviso della realtà. Però ai massmedia è venuta improvvisamente una sete di verità che non si vedeva da prima della Prima Repubblica. Anzi. Da prima del ’68. Cioè da quando la contestazione approvò il principio che tutto quello che viene da sinistra è buono. Da destra, mai.

Oggi, un grande vecchio del giornalismo, Pierluigi Magnaschi, ci insegna a distinguere l’inezia (la fake news, falsa notizia) dal pericolo (la fake truth, la falsa verità). E ci insegna, soprattutto, che l’idea (di sinistra) di mettere gli algoritmi a sentinelle della “verità” sul web, è un’asineria buona per i soliti vecchi poterazzi. Infatti il problema non sono tanto le bugie a forma di scemenza (Garibaldi è stato un direttore del quotidiano Repubblica). Il problema sono le verità a forma di correttezza politica. Macron che dà di cornuto a Orbán perché in Ungheria hanno introdotto una legge per cui è il parlamento a nominare i procuratori giudiziari.

Ha commentato Magnaschi:

«Questa fake truth ha demonizzato un intero paese europeo che ha, per massimo difetto, quello di dissentire da quello che dice e gli vorrebbe imporre la Francia. Ciò che è impresentabile è il pulpito dal quale viene questa reprimenda. Infatti l’Ungheria ha adottato questa legge da un anno mentre in Francia i procuratori vengono nominati dal governo da più di un secolo. Non solo, in Ungheria, i procuratori sono scelti dal Parlamento con il 70 per cento dei voti, mentre in Francia vengono scelti solo dal Consiglio dei ministri, cioè dall’organo istituzionale che rappresenta solo la maggioranza parlamentare. Su questo tema quindi è Orbán che dovrebbe fare l’imbufalito nei confronti di Macron (e non viceversa), mentre tutta l’opinione mondiale ritiene sia il contrario. Intanto anche su questo tema gli algoritmi non dicono nulla o, al massimo, da utili idioti, suffragano la fake truth. La conclusione? Contro le fake truth che pesano non servono gli algoritmi ma la libertà, il pluralismo mediatico e lo spirito critico. Viviamo in un mondo sempre più complesso e sempre più intossicato da interessi colossali. La reazione contro le fake truth è possibile. Ma non sta negli algoritmi ma nel cervello della gente e nell’onestà dei giornalisti».

Ecco un buon motivo per leggere Italia Oggi. E Forza Italia!

Foto Ansa

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