«Ora gli istituti che vogliono rifiutare un’eutanasia, ci penseranno due volte». Con queste parole il pioniere belga dell’eutanasia Wim Distelmans ha commentato entusiasta la sentenza che ha condannato una casa di riposo cattolica al pagamento di un’ammenda per non aver permesso che una sua paziente venisse uccisa con l’iniezione letale tra le sue mura.
IL CASO. Nel 2011 Mariette Buntjens, ricoverata alla casa di riposo Sant’Agostino di Diest, ha dovuto ricevere l’iniezione letale a 74 anni in un altro istituto. La figlia, Nadine Engelen, ha fatto causa alla casa di riposo per aver causato alla madre «sofferenze mentali e fisiche non necessarie». Per altro la Sant’Agostino, che è contraria alla buona morte per motivi religiosi e di coscienza, non si è difesa puntando su questa giustificazione, ma ricordando al giudice che nel caso della donna la legge non era stata rispettata: è un dottore esterno all’istituto, infatti, che ha certificato la richiesta dell’eutanasia mettendo poi i medici di fiducia di Mariette davanti alla decisione presa.
E non solo la donna non ha confermato la sua volontà davanti a loro, ma contrariamente a quanto afferma l’articolo 3 della legge che depenalizza l’eutanasia, non ha parlato con l’equipe medica che la segue abitualmente. Il tribunale di Lovanio ha però ignorato la legge, bocciato le argomentazioni laicissime della casa di riposo cattolica e violando anche il diritto all’obiezione di coscienza l’ha condannata ugualmente.
DOVERE DI UCCIDERE. È la prima volta che in Belgio il “diritto di morire”, non riconosciuto dalla legge ma affermato nella pratica di tutti i giorni, si trasforma in dovere di uccidere. E chi si oppone viene condannato a pagare multe salate. Come dichiarato dal medico della famiglia di Buntjens, «finalmente viene scritto nero su bianco che un istituto non può intervenire quando c’è un accordo tra paziente e dottore. Solo un medico ha diritto all’obiezione di coscienza. Questo è un precedente importante per tutta l’industria [dell’eutanasia]».
«CHIUDERANNO LE CASE DI RIPOSO». Robert Flello, parlamentare cattolico, ha denunciato lo «sviluppo preoccupante» dell’eutanasia: «Ora c’è il rischio reale che le case di riposo chiudano in Belgio con tragiche conseguenze per i ricoverati e per chi ne avesse bisogno in futuro». La maggior parte degli istituti, infatti, sono di ispirazione cattolica e la Conferenza episcopale belga ha più volte ribadito che «in nessun caso un istituto cattolico può permettere un’eutanasia».
«PIANO INCLINATO». Per Flello è l’ennesima dimostrazione di quanto «la vita sia tenuta in bassa considerazione in Belgio oggi. Che l’eutanasia sia diventata un diritto è una tragedia assoluta. Dappertutto nel mondo, dovunque il suicidio assistito sia stato approvato, le misure di sicurezza introdotte sono state erose. Si tratta di un ulteriore balzo lungo il piano inclinato che abbiamo denunciato decine di volte. Questa è la dimostrazione che avevamo ragione». Anche se ormai è tardi.
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