«L’Europa non è in grado, né oggi né fra un anno, di fare a meno del gas russo»

Di Gianluca Salmaso
10 Marzo 2022
«La sicurezza energetica è una cosa che si paga, ma il problema è "come": o gli Stati Uniti ci danno una mano o è una manovra che ci costerà cara». Parla Gianclaudio Torlizzi
L'oleodotto Nord Stream 2

L'oleodotto Nord Stream 2

L’Europa e l’Italia sono alle prese con una delle più gravi crisi energetiche degli ultimi anni e i primi ad essersene accorti sono quasi certamente gli automobilisti: con il carburante ormai da giorni stabilmente sopra la quota simbolica dei due euro al litro, ogni ingenua illusione si è persa per strada.

Abbiamo chiesto a Gianclaudio Torlizzi, esperto di energia e commodity oltre ad essere autore per Guerini e Associati del saggio Materia rara, di aiutarci a capire meglio cosa sta succedendo sui mercati e delineare il prossimo futuro del mercato energetico.

Torlizzi, un azzardo: secondo lei il gasolio potrà toccare anche i 3 euro al litro?

È una bella scommessa ma ci potrebbe arrivare perché ormai l’Occidente sembra aver adottato una politica molto dura con la Russia e le armi principali che usiamo sono quelle delle sanzioni economiche.

Quelle messe in campo dai paesi della Nato sono sanzioni che non hanno però ancora toccato i prodotti energetici.

All’inizio si parlava di sanzioni che avrebbero risparmiato petrolio e gas, poi alcune banche legate al business delle commodity, ma ora Regno Unito e Stati Uniti hanno proposto il bando completo al petrolio dalla Russia. Se non si arrivasse ad una cessazione completa delle ostilità in breve tempo, si inasprirebbero ulteriormente le sanzioni anche su quelle partite.

Quali effetti hanno avuto finora le sanzioni sul mercato dell’energia e delle materie prime?

Questa situazione non fa che incendiare un mercato già molto teso. Il mio timore non è tanto sul calcolo se l’Occidente possa o meno farcela senza il petrolio russo, quanto sul malfunzionamento che queste sanzioni stanno provocando sul mercato internazionale. Escludere le banche di uno dei principali produttori di materie prime dal mercato, ad esempio, sta già provocando delle forti frizioni sul lato del credito, con carenze di liquidità come ci dimostra la fiammata di ieri del prezzo del nichel di cui la Russia è grande produttore.

L’Europa sarebbe in grado di affrancarsi dalla Russia come fornitore energetico?

No, l’Europa non è assolutamente in grado, né oggi né fra un anno, di fare a meno del gas russo. Importa 120 miliardi di metri cubi da gasdotto a cui si devono aggiungere altri 18 miliardi di metri cubi di gas liquefatto. Rimpiazzare questa quantità non è fattibile.

Però l’Unione ha appena presentato un piano in cui annuncia l’obiettivo di tagliare di due terzi l’import di gas entro un anno, come pensa di riuscirci?

Il piano Europeo è intanto una buona intenzione perché il fatto di anteporre la sicurezza energetica alla transizione ecologica dev’essere accolto con grande favore. Denota un’attenzione che, fino ad un mese fa, non c’era, ma ora bisogna capire l’esecuzione del piano. L’Unione poi, al netto di linee guida generali, dovrebbe spingere per soluzioni nazionali, perché altrimenti rischiamo che una materia così importante come quella energetica venga decisa dai soliti due paesi che fanno il bello e il cattivo tempo. E, soprattutto, hanno mostrato di non essere in grado di esercitare questa leadership.

Insomma, la Germania dovrebbe avere meno voce in capitolo.

La Germania con la sua politica miope ed egoista ha rappresentato un problema geostrategico di enorme gravità, aggravando la dipendenza dal gas russo attraverso lo spegnimento dei reattori, il Nord Stream 2 e l’affidamento zelante alle politiche green.

E che ruolo dovrebbe avere, invece, l’Italia?

L’Italia ha una posizione forte sul Mediterraneo. Io, come governo, riprenderei in mano il progetto dell’Eastmed, il gasdotto che collega l’Italia con Israele, un tempo accantonato per il Nord Stream 2. Il punto di fondo, però, è che per compensare il gap con le importazioni dalla Russia dobbiamo ricorrere al gas liquefatto. Il Gnl richiede un’infrastruttura che non abbiamo, bisogna iniziare a costruire i gassificatori ed è poi una commodity globalizzata, a prezzo di mercato, quindi il fare a meno del gas russo presuppone che l’Italia e l’Europa dovranno pagare strutturalmente dei prezzi più alti di quelli del gas via gasdotto.

Dovremmo iniziare anche a ridurre i nostri consumi?

Oggi non c’è questa necessità, ma se l’Europa vuole accelerare il processo di sganciamento dalla Russia è indispensabile. La data che dobbiamo segnarci è il 2028, quando verrà attivato il gasdotto Power of Siberia 2 diretto in Cina, ma con la partenza dagli stessi giacimenti russi da cui arrivano i rifornimenti in Europa.

Dovremo insomma, competere con un concorrente ambizioso. Come faremo?

Sempre sul gas liquefatto dovrà fare affidamento l’Europa e il prezzo rimarrà strutturalmente alto, superiore al prezzo asiatico. La sicurezza energetica è una cosa che si paga, ma il problema è “come”: o gli Stati Uniti ci danno una mano, calmierando i prezzi del loro gas liquefatto, o è una manovra che ci costerà cara.

Foto Ansa

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