Mattarellum, sistema inglese, francese o spagnolo? Comunque nessuno riuscirebbe poi a governare

Di Francesco Amicone
09 Dicembre 2013
Intervista a Giuseppe Calderisi, esperto di sistemi elettorali. Senza riforme istituzionali «è inutile andare al voto. Si può tornare alle urne solo a condizione di aver eliminato il bicameralismo paritario»

Il premier Enrico Letta ha ragione? Senza Silvio Berlusconi, il suo governo è più forte? «Di certo è più difficile cambiare le regole istituzionali, in particolare senza la riforma del bicameralismo paritario», risponde a tempi.it Giuseppe Calderisi, consulente del ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello. «E senza riforme istituzionali è inutile andare al voto». Il paradosso politico attuale non ha facili soluzioni. Soprattutto dopo la sentenza di incostituzionalità del Porcellum, una legge elettorale con molti detrattori, ma che avrebbe fatto comodo a Matteo Renzi per vincere eventuali elezioni anticipate. «In questa situazione», prosegue Calderisi, «nessuna legge elettorale può assicurare governabilità con la Costituzione vigente, qualora ci fossero elezioni anticipate».

Perché le elezioni anticipate non produrrebbero un governo stabile?
Si è creato un sistema politico tripolare diviso fra centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 Stelle. Nessuno avrebbe la meglio in entrambe le Camere le quali, oltretutto, hanno un elettorato attivo diverso (al Senato vota solo chi ha più di 25 anni). Si creerebbe uno stallo, tale per cui non ci sarebbe una coalizione in grado avere una maggioranza. Dovremmo dar vita, nuovamente, a un governo di larghe intese.

Siamo condannati all’ingovernabilità?
Non c’è scampo, senza riforme istituzionali. Si può tornare alle urne solo a condizione di aver eliminato il bicameralismo paritario. Oggi il governo parlamentare deve avere la fiducia delle due camere. Il presidente del Consiglio deva andare prima alla Camera dei deputati e poi al Senato. Ciò significa una difficoltà doppia per chi governa. Senza la necessità della fiducia al Senato si ridurrebbero drasticamente i problemi per avere una maggioranza e formare un governo stabile. Allora si potrebbe parlare di elezioni.

Quando sarà calendarizzata la riforma?
Credo che Letta ne parlerà l’11 dicembre, in occasione della fiducia. Subito dopo il governo presenterà un apposito disegno di legge costituzionale. In ogni caso, penso che l’iter inizierà già a dicembre o ai primi di gennaio. Poi bisognerà rispettare i tempi dell’articolo 138 della Costituzione.

Cioè le elezioni saranno impossibili per un anno.
Per forza. Inoltre bisognerebbe cambiare anche forma di governo: da parlamentare a semipresidenziale, come in Francia. Purtroppo, Forza Italia si sfila dal processo riformatore, una revisione della Costituzione più ampia non si può fare, dunque meglio concentrarsi sulla riforma del bicameralismo e sulla diminuzione dei parlamentari.

E se invece si decidesse di andare al voto subito?
Dice senza riformare il bicameralismo? Con la proporzionale pura uscita dalla sentenza della Consulta, non avremmo alcun vincitore. Ma neppure cambiando la legge elettorale. Né con il mattarellum, né con una legge inglese, francese o spagnola.

Se fosse riformato il Senato, con quale legge elettorale si potrebbe andare alle urne?
Penso al maggioritario a doppio turno di coalizione con un premio di maggioranza attribuito a chi ottiene più voti nel ballottaggio in cui si sfidano le due coalizioni più votate e i relativi candidati premier. I partiti si presentano in ogni collegio plurinominale con liste di quattro o cinque nomi, che gli elettori potrebbero conoscere e valutare benissimo, prima di decidere il loro voto per la lista. In ogni collegio, un partito potrebbe eleggere, al più, due o tre candidati. La differenza con il collegio uninominale sarebbe minima.

Niente preferenze?
Con liste di pochi nomi non occorrono. Le preferenze sono un problema perché danno luogo a degenerazioni correntizie che spaccano i partiti, costano troppo e favoriscono il malaffare.

Il Pd sostiene la legge francese: collegi uninominali e maggioritario a doppio turno. Ogni partito presenta un solo candidato in ogni collegio locale e, se nessuno supera il 50 per cento, i due candidati più votati vanno al ballottaggio.
Questo sistema esiste solo in Francia, dove c’è il semipresidenzialismo. In Francia le elezioni del parlamento si fanno venti giorni dopo quelle per il Presidente della Repubblica. Pensare di applicare quella legge elettorale in Italia, senza cambiare forma di governo, senza trasformare la Repubblica da parlamentare a semipresidenziale, è un azzardo. Primo, non ci sarebbe l’elezione del presidente della Repubblica a fare da traino alle elezioni, garantendo una maggioranza in parlamento, rischieremmo sempre un esito tripolare. Secondo, nel nostro sistema politico frammentato, rischieremmo addirittura di avere alleanze non di tipo nazionale ma influenzate da dinamiche localistiche.

Non andrebbe bene nessun’altra legge elettorale? Inglese, spagnola o tedesca?
Si tratta di ottime leggi elettorali, soprattutto le primi due, ma nessuno di queste riuscirebbe a produrre maggioranze di governo in Italia. Fra l’altro, sia in Inghilterra sia in Germania, alle ultime elezioni, hanno dovuto formare governi di coalizione post-elettorale.

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3 commenti

  1. francesco taddei

    ogni sistema ha pro e contro. e l’italia è un’insieme variegato di visioni della società, anche all’interno dello stesso partito.(a destra, perchè a sinistra sono compattamente atei). quindi secondo me il miglior sistema è rappresentanza delle diverse anime del partito attraverso congressi e votazioni, governabilità per chi vince le elezioni. tra quelli citati preferisco lo spagnolo perchè taglia i partitini, le vere ali estreme con un gran potere di ricatto. e in ogni caso dichiarare prima del voto le alleanze.

  2. Giulio Dante Guerra

    In una cosa Calderoli ha “scoperto l’acqua calda”: l’affermazione – degna del compianto funebre di Monsieur de La Palisse – che, da quando esiste il M5S, è inutile pretendere, come dice Renzi, “il ritorno al bipolarismo”. A meno che il sindaco di Firenze non s’illuda di poter “includere” i “grillini” in una mega-coalizione di “Grande Sinistra”, o, addirittura, si crogioli nell’ancor più illusoria presunzione che l’esclusione di Berlusconi dalla candidatura alle prossime elezioni faccia sparire l’elettorato di centro-destra, i poli sono e rimangono tre. Quando all’esclusione della preferenza da “liste di 4-5 candidati”, non vede d’accordo chi, come me e tanti che conosco, o che ho semplicemente incontrati in riunioni di “Manif pour tous” e analoghe, pone come discriminante fra voto e non voto la difesa dei “princìpi non negoziabili”, o, almeno, di quelli relativi alla famiglia composta di padre, madre e, se nascono, figli concepiti come natura comanda. Se una coalizione del variegato “centro-destra” oggi esistente mette nella stessa “listina”, che so, la Roccella e la Brambilla, quale delle due l’elettore potrà decidere di mandare in parlamento, le la legge non gli consente d’esprimere la preferenza?

    1. Giulio Dante Guerra

      Mi scuso del “lapsus digiti”: mi accorgo solo ora d’avere scritto “Calderoli” invece che “Calderisi”.

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